14 Lug 2016

Io faccio così #128 – Freedhome: il lavoro in carcere per un futuro possibile

Scritto da: Alessandra Profilio

Riunire in un unico marchio le produzioni alimentari e artigianali frutto del lavoro dei detenuti in carcere. Nasce da questa idea il marchio Freedhome - Creativi dentro. Obiettivo di tutte le realtà coinvolte è la riabilitazione del condannato tramite l'apprendimento di un mestiere.

Salva nei preferiti

Torino - Portare “dentro” lavoro, valore e professionalità per proporre “fuori” prodotti artigianali e alimentari di alta qualità. Una decina di cooperative operanti all’interno delle carceri, da Siracusa a Venezia, hanno deciso di unirsi dando così vita al brand Freedhome – Creativi dentro che aggrega un gruppo di imprese cooperative sociali italiane che lavorano all’interno di istituti di pena, convinte che l’economia carceraria sia la chiave di volta per ripensare in modo più efficace il sistema penitenziario italiano.

“Freedhome ha lo scopo di raggruppare tutte le produzioni carcerarie che hanno raggiunto alti livelli e che condividono valori etici”, spiega Saverio Malvulli, della cooperativa Campo dei Miracoli, tra le realtà appartenenti a Freedhome.

Dai prodotti alimentari a quelli artigianali i prodotti realizzati in carcere vengono sempre realizzati seguendo come obiettivo il massimo della qualità, non il massimo del profitto, per dare valore a un futuro possibile.

“Obiettivo di tutte le realtà coinvolte è la riabilitazione del condannato. Imparando un mestiere infatti il detenuto impara il rispetto di se stesso, impara a stare in squadra e quindi apprende il rispetto delle regole, recupera la affettività e l’opportunità di una vita diversa una volta uscito dal carcere”.

Con le realtà di Freedhome sono attualmente impegnati circa 50 reclusi oltre a una ventina di altri ex detenuti o in regime di semilibertà, tutti assunti con regolare contratto.

12108971_1645935199021418_4507796540605173340_n

“Il lavoro dà un senso al tempo. Ancor di più quando il tempo è speso dietro le sbarre. Perché un detenuto che lavora, sperimenta relazioni sane, impara, ricostruisce un ponte con il mondo che c’è fuori. Ma soprattutto, concretamente, quando esce ha meno probabilità di tornare a sbagliare”, si legge sul sito di Freedhome.

“Creare lavoro all’interno del carcere – aggiunge Imma della cooperativa Lazzarelle – è prioritario, per spezzare il tempo della detenzione, per favorire il reinserimento, abbattere la recidiva, riuscire a dare soldi all’esterno, trasformare i detenuti da peso a nuova risorsa sociale”.

Adesso Freedhome è, tra le altre cose, un negozio a Torino, in via Milano 2/c.

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Con il bando Generazioni i territori montani rinascono attraverso i giovani
Con il bando Generazioni i territori montani rinascono attraverso i giovani

Overtourism a Palermo, un incontro per ritrovare l’identità della città
Overtourism a Palermo, un incontro per ritrovare l’identità della città

La Fabbrichetta: il progetto di rigenerazione urbana e inclusione compie un anno
La Fabbrichetta: il progetto di rigenerazione urbana e inclusione compie un anno

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Smascheriamo il black friday – #1030

|

Pellicce vere, ecco come riconoscerle (ed evitarle)

|

Gruppi d’acquisto solidali, da 30 anni l’alternativa etica e sostenibile alla grande distribuzione

|

Vicinato solidale: l’abitare collaborativo come antidoto alla solitudine

|

I trasporti in Calabria sono molto meglio di quello che pensiamo – Calabria sarai Tu #5

|

Con il rating di sostenibilità l’assicurazione costa meno se ci si comporta in modo virtuoso

|

Napoli inVita: ricostruire la memoria del Rione Sanità partendo dall’identità napoletana

|

Il turismo outdoor? Se non è davvero sostenibile non può esistere

string(8) "piemonte"