6 Set 2022

Una carovana per monitorare lo stato di salute dei ghiacciai italiani

I ghiacciai alpini si stanno riducendo a un ritmo inimmaginabile a causa dei cambiamenti climatici e della siccità: più di 200 nell’arco alpino sono già scomparsi e le previsioni per il futuro non sono rassicuranti. Per monitorare lo stato attuale in alta quota, Legambiente ha avviato la terza edizione della campagna Carovana dei Ghiacciai, attraverso un viaggio per comprendere a fondo lo stato di salute dei ghiacciai italiani.

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Torino - «Ghiacciai fragili e sempre più a rischio per effetto della crisi climatica. Siccità, ondate di calore senza precedenti, temperature record e assenza di neve: tutte facce della stessa inarrestabile emergenza che minaccia lo stato di salute del nostro arco alpino. Infatti, a causa del riscaldamento globale, i ghiacciai alpini si stanno riducendo a un ritmo inimmaginabile anche dagli esperti, più di 200 sono già scomparsi da fine ottocento, lasciando il posto a detriti e rocce». Con queste parole Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta testimonia, anche quest’anno, la triste situazione dei ghiacciai alpini attraverso una campagna di monitoraggio svolta durante il mese di agosto e conclusa proprio in questi giorni.

Si è trattato di un viaggio in cinque tappe che è partito dalla Valle d’Aosta fino al Friuli-Venezia Giulia, percorrendo tutto l’arco alpino: dai ghiacciai Miage e Pré de Bar a quelli del Monte Rosa, dal ghiacciaio dei Forni e di Montasio fino al ghiacciaio della Marmolada. In ogni tappa Legambiente ha svolto monitoraggi, escursioni, conferenze stampa, momenti di arte e musica dedicati ai ghiacciai per riflettere su un futuro sostenibile delle nostre montagne e del pianeta.

Carovana dei ghiacciai
Foto di Legambiente

«A poco più di un mese dalla tragedia della Marmolada – ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore nazionale Legambiente – torniamo a richiamare l’attenzione sull’emergenza climatica, ormai inarrestabile, che compromette lo stato di salute di tutto il nostro arco alpino». Con la terza edizione di Carovana dei ghiacciai, Legambiente vuole mandare un messaggio alle istituzioni e tornare a «fornire dati ed elementi concreti per chiedere al Governo italiano di spingere l’acceleratore per arrivare a emissioni di gas a effetto serra nette pari a zero nel 2040, in coerenza con l’Accordo di Parigi (COP 21), e di dotarsi di un piano di adattamento al clima per tutelare i territori e le comunità. A partire dalle aree più colpite, come le Alpi».

UN PO’ DI DATI

Come riporta Legambiente, sulle Alpi le temperature stanno crescendo a una velocità doppia rispetto alla media globale. L’atmosfera, soprattutto al di sopra dei 3500 metri di quota, è in totale disequilibrio: si pensi che, a fine luglio, lo zero termico è stato registrato da MeteoSvizzera sulle Alpi svizzere a 5184 metri. Insomma, un dato senza precedenti.

Aggiungiamo poi gli effetti dell’inverno 2021/2022 che, come vi abbiamo raccontato più volte, è stato estremamente mite e siccitoso in tutto l’arco alpino italiano e in molte aree si è superata la soglia dei 100 giorni senza pioggia. Un altro aspetto significativo è che negli ultimi dieci anni la neve al suolo ha subito un costante decremento e in primavera l’innevamento è stato prossimo ai minimi storici tanto che molti nivometri, già a maggio, sono arrivati a zero.

Carovana dei ghiacciai1
Foto di Legambiente
CHE FINE FANNO I NOSTRI GHIACCIAI?

Sono diversi i ghiacciai in emorragia: durante la prima tappa la carovana si è spinta in Valle d’Aosta, dove risiede l’”himalayano”, ovvero il ghiacciaio del Miage. Ghiacciaio che ha visto la scomparsa, in 14 anni, di circa 100 miliardi di litri di acqua, pari a tre volte il volume dell’idroscalo di Milano. Qui nell’ultimo decennio si è registrata una forte accelerazione di perdita di massa, 100 volte maggiore rispetto al cinquantennio precedente (dal 1957 al 2008). 

Sebbene la sua superficie del ghiacciaio risulti ancora di 13 km² come alcune decine di anni fa, è evidente la situazione di collasso che sta vivendo con un abbassamento generalizzato su tutta la lingua di un valore medio di almeno 20 metri e punte di 50 metri. Esempio emblematico degli equilibri naturali che cambiano è la storia del lago glaciale del Miage, il lago che appare e scompare: negli ultimi tre anni il suo riempimento e svuotamento è avvenuto in maniera sempre più rapida e repentina rispetto al passato, in cui verificava circa ogni 5/10 anni.

Stessa sofferenza tocca al Ghiacciaio di Pré de Bar che, a causa dell’aumento delle temperature, registra dal 1990 a oggi una contrazione sempre più rapida, perdendo mediamente 18 metri di superficie l’anno. Secondo i dati della Fondazione Montagna Sicura e Arpa Valle D’Aosta, il ghiacciaio ha perso una media annua di 8 milioni di m³ di acqua tra il 2007 e il 2012, anno in cui si è registrato un imponente distacco sulla lingua glaciale di cui resiste oggi solo la seraccata superiore.

«Un viaggio di tre settimane – aggiunge Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e coordinatrice della campagna – per raccontare in tempo reale non di un futuro probabile, ma della crisi climatica che oggi viviamo, di cui la montagna è la sentinella principale. L’impensabile emorragia dei ghiacciai a cui assistiamo non è che una spia di fenomeni che si stanno verificando su scala molto più vasta e che richiedono soluzioni coraggiose. La decisione di ritornare su molti dei ghiacciai visitati due anni fa non è casuale: abbiamo seri motivi per credere che la situazione sia peggiorata al di là di ogni razionale previsione».

Carovana dei ghiacciai2
Foto di Legambiente

Le metodologie utilizzate per i rilevamenti corrispondono sia a tecniche di misurazione tradizionali, e quindi basate sulla misurazione della distanza della fronte del ghiacciaio rispetto ad alcuni punti di riferimento (come nel caso del Pré de Bar), sia tecniche più moderne con l’utilizzo del lidar (Light Detection Andrenging) e la fotogrammetria da elicottero che permettono di ottenere modelli digitali tridimensionali della superficie del ghiacciaio (come nel caso del Miage).

La seconda tappa, effettuata anche in questo caso in partnership scientifica con il Comitato Glaciologico Italiano, ha visto come protagonista il Ghiacciaio di Indren, posto nel massiccio del Monte Rosa. «Sebbene posto al di sopra dei 3.000 metri di quota, il ghiacciaio mostra negli ultimi due anni (nell’intervallo dal 19 agosto 2020 e il 20 agosto 2022) un arretramento frontale di ben 64 metri, di cui 40 registrati nell’ultimo anno».

Un dato mai registrato dagli operatori glaciologici negli ultimi cinquant’anni, perciò esemplificativo sulle prospettive di questo corpo glaciale. Non rassicuranti anche i rilevamenti frontali sul Ghiacciaio di Bors che in due anni registra un arretramento di 18 metri, di cui 7 metri tra il 2020 e il 2021 e 11 metri tra il 2021 e 2022.

L’impensabile emorragia dei ghiacciai a cui assistiamo non è che una spia di fenomeni che si stanno verificando su scala molto più vasta

Un interessante focus della tappa Piemontese è stata anche l’emergenza degli impianti sciistici dismessi: sono circa 250 quelli mappati in tutta Italia dal Report di Legambiente Nevediversa 2022, per mancanza di neve, problemi economici e/o gestionali o per fine vita tecnica, che necessitano di essere smaltiti o riqualificati. 

BASTA DARE RISPOSTE SECONDO SCHEMI DEL PASSATO

«Mentre il maltempo si abbatte sul Paese con una forza inaudita a ricordarci di quanto stia aumentando la frequenza degli eventi estremi – dichiara Vanda Bonardo – sui ghiacciai si consuma una tragedia più lenta e per questo meno percepibile, ma altrettanto preoccupante. Si osservano perdite di massa e di volume di ghiaccio inimmaginabili e gli equilibri ambientali cambiano a vista d’occhio. Non si può pensare di uscire da questa emergenza con gli schemi del passato. Bisogna invece partire studiando i cicli idrologici dove i ghiacciai intervengono con contributi non indifferenti, soprattutto nella stagione estiva».

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