17 Ott 2022

La filosofia come condivisione quotidiana: alle grandi domande esistenziali si può rispondere insieme

Scritto da: Filò

Lavorando con i bambini – ma vale anche per gli adulti – sull'approccio alle grandi domande esistenziali, emerge spesso il bisogno di condivisione, che è naturale e salutare quando si affrontano temi così fondanti. A questo proposito, Beatrice Gobbi di Filò, associazione di promozione del dialogo filosofico, racconta la sua esperienza maturata durante i laboratori di filosofia nelle scuole.

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Pensare è un’attività solitaria. Ogni giorno attraversano la nostra mente migliaia di pensieri; alcuni si fermano per un po’ e poi vanno via, altri si incastrano da qualche parte nella nostra testa e ci tengono compagnia per molto tempo. Ci sono pensieri che – magari senza che ce ne accorgiamo – ci accompagnano da tutta la vita.

Alcune volte possono sembrare vaghi, fumosi, alle volte anche spaventosi e il più delle volte si generano a partire da una domanda che sembra non avere una risposta. Per chi si occupa di filosofia, questi pensieri e queste domande sono spesso i più affascinanti e degni di essere assecondati. Si potrebbe dire che è di questo che si occupa la filosofia: interrogare domande dalla risposta che sfugge o che, talvolta, sembra non esistere.

Ricordo un periodo della mia vita nel quale era sorta in me la più classica delle domande: “Qual è l’origine di tutto?”. Avevo circa sedici anni e mi ero appena interfacciata con la filosofia tra i banchi di scuola. Quella materia aveva stimolato in me una curiosità che, seppur presente da sempre, non si era mai manifestata con così tanta intensità.

filo noi
Il team di Filò

Ricordo i miei ritorni da scuola: io che mi guardavo attorno, selezionavo un oggetto che attirava la mia attenzione – una foglia, una pietra, il cielo, una persona – e cercavo di ricostruirne la storia fino ad arrivare alla sua origine. Andando a ritroso arrivavo sempre al momento in cui il mio pensiero si fermava perché non trovava più la risposta e, da lì, sorgevano a cascata altre domande: chi è che ha originato tutto? È stato Dio? Dio esiste? Se Dio ha causato tutto, allora chi ha causato Dio?

Ci sono molte altre domande di questo genere che la filosofia ha interrogato e che ognuno di noi affronta nella propria vita: perché esistiamo? Qual è il senso della mia vita? Perché esiste il male? Che cos’è la felicità? Il fatto che queste domande facciano parte della nostra esistenza come esseri umani fa intuire quanto la filosofia, in fondo, non sia una disciplina così avulsa dalla nostra vita quotidiana come si potrebbe pensare, anzi può essere strumento per interrogare proprio quella vita di cui alle volte ci sfugge il significato.

Almeno una volta nella vita ognuno di noi ha provato o proverà il brivido del trovarsi di fronte al vuoto che genera una domanda alla quale sembra impossibile rispondere. Tale vuoto può rivelarsi un luogo solitario nel quale esplorare possibili risposte, a meno che tali domande non vengano condivise in uno spazio disposto ad ascoltarle. Quello spazio, credo, può essere la scuola.

Uno degli obiettivi che mi pongo durante un laboratorio di filosofia in classe è proprio quello di dare spazio a queste domande. Quando si conosce una classe per la prima volta, una delle attività che noi di Filò proponiamo è quella della grande domanda. Nel mio ruolo di facilitatrice chiedo ai bambini e alle bambine di pensare a una domanda per loro importante, una domanda alla quale non riescono a trovare risposta o che non saprebbero a chi chiedere.

Questo è il valore della filosofia posta in funzione dell’altro: non ignorare le domande che sorgono in ognuno di noi

A questa richiesta, i bambini e le bambine si mettono a pensare e – dopo qualche incertezza – iniziano a scrivere le loro domande su un foglietto che piegano e mi restituiscono. Dopo aver distribuito i foglietti a ogni bambino e bambina, iniziamo a leggere lo loro domande ad alta voce: “Perché esiste il mondo?”, “perché moriamo?”, “qual è l’origine dell’universo?”, “cosa c’è dopo la morte?”, “chi sono io?”.

È una concezione errata pensare che i bambini e le bambine non abbiano questo tipo di interrogativi. In loro è presente un carico esistenziale che spesso è ignorato perché affrontarlo è difficile e spesso è più semplice far finta che non esista. Non c’è da stupirsi, non siamo abituati a condividere queste domande con altre persone, tantomeno in classe.

Anche da adulti sono poche le occasioni nelle quali i dubbi e le domande esistenziali diventano parola da condividere e sulla quale confrontarsi e dialogare. Siamo disabituati a vivere l’incertezza che tali domande suscitano. Proprio per questo, uno degli obiettivi dei laboratori di dialogo filosofico diventa quello di permettere ai dubbi di ognuno di palesarsi affinché vengano condivisi e affrontati tramite l’ascolto e la partecipazione.

In questo modo, un pensiero che nel tempo si è fatto granitico – perché a lungo celato agli altri – può acquistare nuove sfaccettature grazie ai punti di vista che ora concorrono a metterlo in dubbio o a rifletterci sopra. L’attenzione e la presenza dell’altro in un momento delicato come la condivisione può essere un balsamo per le rigidità causate dai pensieri o consapevolezze che con il tempo si sono irrigidite in noi e può portare, a cascata, a nuove consapevolezze e a permettere ad altri di condividere le proprie. È importante che la scuola diventi uno spazio nel quale favorire questo tipo di condivisione che è parte della formazione di persone capaci di confrontarsi con l’altro e consapevoli della propria umanità.

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Se è vero che il pensare e il porsi domande sono attività solitarie, è vero anche che non è necessario che sia così sempre. Le pratiche filosofiche sono uno strumento per creare uno spazio sicuro al quale affidare all’altro le proprie idee, riflessioni e domande. Uno spazio dal quale uscire un po’ meno soli e un po’ più leggeri.

Rispetto a questo, mi torna in mente un episodio in cui un bambino, di fronte alla sua classe, disse di aver capito di essere un granellino di sabbia in mezzo all’intero universo. Dopo che lo affermò tutta la classe fece silenzio e, per interminabili secondi, ci siamo tutti fissati negli occhi. Alla fine, uno alla volta, i compagni e le compagne di classe iniziarono a raccontare momenti in cui anche loro si erano sentiti così, commuovendosi a ogni intervento. Per me, questo è il valore della filosofia posta in funzione dell’altro: non ignorare le domande che sorgono in ognuno di noi, dando loro uno spazio nel quale essere osservate, discusse e prese sul serio.

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