20 Giu 2023

Ghita El Khayat: “Combatto per la nascita di un nuovo pensiero proposto dalle donne”

Scritto da: Brunella Bonetti

Una vita trascorsa fra l'Italia, la Francia e il natio Marocco, un percorso di studio e di lavoro che l'ha dotata di molteplici strumenti per essere la madrina di un nuovo pensieri di matrice femminile. Abbiamo incontrato Ghita El Khayat, studiosa e attivista marocchina il cui sogno è cambiare il mondo attraverso il pensiero delle donne.

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Due Moderne Persefone a confronto in uno scenario multiculturale e psicoanalitico: Rita – in arabo Ghita – El Khayat e BB. Sedute al tavolo di uno scenario irreale ma possibile, si confrontano sul femminile e sui luoghi di cura dell’alterità, fino a trovare un terreno neutro dove questa diventa universale.

L’incontro avviene nella città natale di Ghita, Casablanca, dove lei ancora esercita la professione di medico psichiatra, antropologa, attivista e scrittrice. Ed è subito intesa. Rita sarebbe stata una dei soggetti principali per la tesi di dottorato di BB su come le psicoterapeute arabe, soprattutto quelle formatesi in occidente, possano essere lo strumento di cura per le donne arabe e le protagoniste per la loro emancipazione.

L’INCONTRO TRA DUE ATTIVISTE MULTICULTURALI

Di spalle, sedute in un sobrio ed elegante bistrot italiano nel pieno centro di Casablanca, una signora distinta dalla pelle olivastra e i ricci dorati e una ragazza dai capelli corti e grandi cicatrici in testa. Dall’affabilità con cui sorridono e la spontaneità dei loro gesti, sembrano conoscersi da molto tempo. Eppure si sono scambiate solo qualche mail, oltre ad aver letto l’una dell’altra. Ghita è una psichiatra marocchina, una donna che nonostante il prestigio accademico raggiunto a livello internazionale ha preferito far ritorno nel suo paese, dove si è formata sul campo lavorando in ospedali psichiatrici, cliniche, università, e dove oggi ha uno studio privato di psichiatria con approccio psicoanalitico.

ghita el khayat 1

Nessun preambolo, nessuna formalità o imbarazzo: in pochi minuti Ghita ordina per entrambe uno squisito pescato italiano con verdure fresche e salse speziate, innaffiato con un ottimo vino bianco. BB sorseggia con gusto il nettare della sua terra, ma in terra straniera: «Finalmente ci incontriamo, dopo tanti anni di lavoro a distanza, dopo tante mail scambiate. Ho letto tutto di te e più volte ti ho ripetuto la mia stima verso il tuo lavoro e le tue scelte. E confesso di adorare questo mondo arabo-mediterraneo di cui hai svelato segreti e bellezze».

«Sarò brevissima nel mio esordio di ringraziamento», risponde Ghita. «Mi limito a sottoscrivere tutto e a dirti una cosa di me che forse non sai e cioè che sono anche italiana! Nel 2007 ho ottenuto la cittadinanza onoraria come figura d’eccellenza per meriti speciali in campo sociale, scientifico e culturale italiano. E ne sono molto fiera! Da voi ho insegnato, lavorato e sono intervenuta in decine di conferenze. A Chieti ho dato avvio alla prima cattedra di Antropologia del Sapere e della Conoscenza; a Bologna ho fatto ricerche sull’immigrazione; a Pescara ho tenuto il Forum sul Mediterraneo e poi ho lavorato a Forlì, Palermo, Lecce, Torino e Milano. «Dunque sei una donna araba, ma soprattutto cittadina del mondo».

UN CURRICULUM ECCEZIONALE

Ghita El Khayat è psichiatra, psicanalista e antropologa marocchina, formatasi in diversi paesi dell’Occidente, soprattutto in Francia. Laureata in medicina del lavoro ed ergonomia a Bordeaux e in medicina aeronautica a Parigi, h conseguito un dottorato in antropologia del mondo arabo Ecole des hautes etudes en sciences sociales presso l’Ehess di Parigi. Professoressa presso università italiane.M embro del dipartimento degli studi femministi de l’Uqam, Università del Quebec, Canada. Ha scritto 37 libri e circa 500 articoli.

E poi lei scrive lettere: nel 1999 è stata la prima donna nella storia del Marocco a scrivere a un sovrano, re Mohammed VI, per contrastare un movimento islamista e reazionario che voleva il ritorno a casa delle donne. Nel 1999 fonda l’Association Aïni Bennaï per diffondere la cultura in Maghreb e nel 2000 anche le Editions Aïni Bennaï. E, dulcis in fundo, nel 2008 è candidata al Premio Nobel per la Pace.

Un curriculum eccezionale quello di Ghita: la storia di una donna che ha deciso di dedicare la propria vita alla cura delle donne arabe e alla lotta per l’emancipazione femminile in un mondo come quello arabo, dove le battaglie di genere sono ancora da combattere. E lei lo fa con la sua pratica di etnopsichiatra e psicoanalista, con la sua penna di scrittrice, con il suo sapere di scienziata, con il piglio da ricercatrice e l’umanità di una donna. Peer questo è considerata una tra le più importanti intellettuali del Marocco e del Maghreb. 

SCELTE DIFFICILI, MA INEVITABILI

«Mi ha sempre incuriosito il motivo della tua scelta professionale, quella di diventare medico, psichiatra, poi psicoanalista e antropologa. Mi chiedo se ci siano reali possibilità per una donna di fare carriera in Maghreb. Cosa ti ha spinto a scegliere questa strada proprio in un paese la cui popolazione è per tre quarti analfabeta, vive in uno stato indigente e in cui le donne versano in una condizione di evidente subalternità ?», le domanda BB.

È tempo di ascoltare le possibilità e i suggerimenti proposti dalle donne per una vita pacifica su una Terra meglio preservata

«Beh, proprio tutte queste ragioni! E soprattutto è stato per una rivendicazione di conoscenza e riconoscenza dell’Umano in ciò che ha di più profondo, cioè la sua psiche. Sono diventata medico, poi psichiatra, analista e antropologa facendo un percorso molto complesso. In due parole mi ritengo un elettrone libero del mondo Psi e una persona perennemente occupata, anzi preoccupata per la sofferenza umana fisica e mentale», risponde Ghita.

«Non solo non la tollero – continua –, ma ho anche deciso di impiegare la mia vita a lottare contro i tormenti del corpo e della mente, contro la degradazione umana che vive un soggetto quando il dolore diventa il suo impero interiore. Concorderai con me che siamo molto più degli esseri psichici che fisici e quanto su questo influiscano soprattutto gli elementi culturali in cui ogni persona si trova immersa».

BB le chiede in cosa consiste il suo impegno intellettuale, professionale e accademico. «Vivendo in aree di conflitto, posso promuovere la pace per mezzo del mio coinvolgimento come donna scienziato, delle mie idee, dei miei scritti, e della ferma volontà di offrire a tutto il mondo un’altra concezione di vita, piena di rispetto per gli esseri umani, per le generazioni future e nel convincimento del valore delle basi per costruire un diverso tipo di relazione tra tutti noi».

ghita el khayat 2
DONNE COME VITTIME NELLE AREE DI CONFLITTO E FAUTRICI DEI PROCESSI DI PACE

«Puoi raccontare uno dei molti esempi dei tuoi interventi a favore delle donne?», le domanda BB. «Anni dovevo presentare una conferenza sul tema “Donne e guerra” durante il periodo peggiore della tragedia irachena – a Reggio Emilia, nel 2003 – entrando negli ambiti della violenza, degli stupri, della morte dei bambini dispersi, dei cosiddetti “effetti collaterali” del bombardamento e del terrore: procedevo con certe rivelazioni, per le quali la guerra non è una condizione normale per le donne e per i loro bambini».

Ghita si domanda se non sia qualcosa legato alla virilità: «Continuando, mi sono resa conto che le guerre e le lotte non sono solo reali, ma attengono anche ad ambiti simbolici e immaginativi. Sto combattendo per qualcos’altro: la nascita di un nuovo pensiero proposto dalle donne – dalle più ricche di immaginazione tra loro, come scienziate e pensatrici, intellettuali – e dai più avanzati trend femminili finalizzati a cambiare il mondo. Queste donne esistono. Forse sono costrette a morire per le loro idee».

«Gli uomini hanno fallito nel cambiare il mondo, nonostante ne siano morti così tanti, a causa delle innumerevoli guerre che si sono succedute nel corso della storia, che è impossibile contarli», conclude Ghita. «È tempo di ascoltare le possibilità e i suggerimenti proposti dalle donne per una vita pacifica su una Terra meglio preservata». Perché è nella pace, nella dignità e in paritarie condizioni di vita che si realizzano i desideri, l’impegno e i sogni delle donne.

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