2 Mag 2024

Silvia Amorosino: “Se per assurdo mi ricrescessero i capelli non mi sentirei più io”

Scritto da: Fabrizio Corgnati

All'età di 13 anni Silvia Amorosino è stata colpita da alopecia ereditaria e ha perso tutti i capelli. Questa sua nuova condizione l'ha portata ad affrontare diverse fasi di elaborazione e di cura del proprio aspetto esteriore, concludendosi con il raggiungimento di un grado di consapevolezza molto elevato. Oggi, grazie anche ai social, racconta con orgoglio la sua storia ispirandosi alla massima "essere pelate è solo un’altra sfumatura del concetto di bellezza".

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Firenze, Toscana - Immaginate di alzarvi dal letto una mattina, guardarvi allo specchio e scoprire di avere lasciato tutti i capelli sul cuscino. Come reagireste? Già per un maschio sarebbe difficile da accettare: come il biblico Sansone, potrebbe temere di aver perso, insieme alla capigliatura, anche tutta la sua virilità. Ma per rassicurarsi, quantomeno, gli basterebbe pensare ai tanti uomini famosi, ammirati e desiderati che sono completamente calvi: da Vin Diesel a Bruce Willis, tanto per fare solo due esempi.

VI PRESENTIAMO SILVIA AMOROSINO

Ma per una donna la situazione è molto diversa. Un cranio rasato al femminile fa subito pensare con soggezione al look militaresco del Soldato Jane hollywoodiano o addirittura con tenerezza e pietà alle pazienti oncologiche. Il confronto con le tante modelle che espongono online la loro estetica stereotipata, che oltre alla pelle liscia, alla pancia piatta e alle labbra a canotto prevede immancabilmente una chioma lunga e fluente, sarebbe inevitabile.

Silvia Amorosino

Eppure su Instagram c’è anche chi non ha più paura di mostrarsi al naturale, senza filtri né ritocchi, pur essendo pelata. E che utilizza la piattaforma social non tanto per soddisfare la propria vanità, quanto per trasmettere ai suoi quasi ottomila seguaci un messaggio tanto semplice quanto rivoluzionario: si può amare se stessi anche se il proprio aspetto fisico non rispetta gli irrealistici canoni della perfezione patinata.

Si chiama Silvia Amorosino, lucana di Vesosa, 33 anni, ormai da quasi 20 affetta da alopecia. «A 14 anni cominciai a perdere i capelli a chiazze e mio padre, che ne soffre anche lui, riconobbe subito i sintomi. Il dermatologo confermò la diagnosi e un anno dopo ero già rimasta completamente senza capelli». Una malattia genetica che, nei casi più gravi, provoca la perdita di tutti i peli del corpo e che si conosce ancora troppo poco, sebbene colpisca ogni anno 145 milioni di persone nel mondo, uno e mezzo solo in Italia, la maggior parte proprio donne. In pratica, una disfunzione del sistema immunitario fa sì che riconosca i bulbi piliferi come estranei e dunque li aggredisca.

Il motivo di questo comportamento anomalo non si è ancora scoperto; tanto che purtroppo, come avrebbe scoperto la giovane Silvia, facendo il giro di tutti i tricologi e i dermatologi sparsi per l’Italia, non esiste una cura farmacologica definitiva. Un triste destino che accomuna tutte le patologie autoimmuni: «I dottori propongono tutt’al più trattamenti palliativi, che raramente funzionano e anche quando provocano un miglioramento, questo comunque svanisce quando si smette di assumere la medicina».

Silvia Amorosino
GLI EFFETTI FISICI E PSICOLOGICI DELL’ALOPECIA

Per un’adolescente alle prese con tutte le insicurezze della sua età, accettare che quella sarebbe rimasta la sua condizione permanente non è stato facile. «L’impatto non è, come si crede, solo estetico, ma soprattutto psicologico ed è devastante, a tutte le età e per tutti i sessi. Io stavo male, attraversavo momenti di grande confusione e sconforto. Mi ritrovavo a fare i conti con una malattia che conoscevo poco, isolata, a maggior ragione in un’epoca in cui non esistevano i social network. Non potendo curarmi non c’era niente che potessi fare per migliorare la mia situazione. Mi sentivo impotente, passiva. Anzi, mi sentivo in colpa perché temevo di essermi provocata da sola il mio malessere, per via dello stress».

«Come molte persone, provavo vergogna, tanto che cercavo di non farmi vedere più». Infatti l’alopecia colpisce così tante donne nel nostro paese e non solo eppure raramente ci capita di osservarne gli effetti con i nostri occhi, proprio perché la maggior parte di loro tende ad applicare ciglia finte, a tatuarsi le sopracciglia, a coprirsi la testa con una parrucca. E questa fu anche la prima reazione di Silvia: «Far finta che non fosse successo niente, per continuare a sentirmi quella di prima. Ma in realtà non era comunque così: la parrucca non sono i tuoi capelli. Tu lo sai e anche gli altri si accorgono che sei cambiata».

Ricordo che ero talmente luminosa e in pace con me stessa che un ragazzo mi si avvicinò spontaneamente per dirmi che ero bellissima

Gradualmente quell’accessorio comincia a trasformarsi in un orpello superfluo, se non addirittura una zavorra che pesa portare con sé in ogni momento: «Con la parrucca non stavo bene, non sopportavo la costrizione di doverla mettere addosso ogni volta in cui uscivo», confessa Silvia Amorosino. «Era fastidiosa, prudeva, d’estate mi faceva caldo. Aveva un costo, sia etico dovuto alla provenienza dei capelli, sia economico, perché in Italia l’alopecia non è riconosciuta come malattia rara e quindi non è tutelata».

Per capirci meglio: il prezzo di ciascuna parrucca è superiore ai mille euro. «Oltretutto – aggiunge Silvia – era come se mi allontanasse da me stessa: il mio riflesso con la parrucca che vedevo fuori di casa non era lo stesso che osservavo dallo specchio di casa. Ero stufa di vivere questa doppia personalità, avevo bisogno di trovare nuovi modi di vivere che non fossero così pesanti».

LA SVOLTA

Così a 23 anni Silvia decide di dare il primo taglio netto con quel passato fatto di timori, insicurezze, fragilità, angosce e titubanze, trovando il coraggio di dire basta alla parrucca: «Liberarmene mi restituì un senso di libertà e di sollievo. Decisi di dare la priorità al mio benessere, piuttosto che ai giudizi degli altri. Piangermi addosso non avrebbe certamente fatto ricrescere i miei capelli, quindi scelsi di continuare a vivere, con ciò che la vita mi ha dato».

silvia amorosino2

Nel 2013 tolse la parrucca e per due anni indossò il turbante. «Per fortuna mi trovavo a Parigi, una città che ospita molte donne che indossano l’hijab, dunque il capo coperto è considerato naturale. In Italia non era lo stesso, ma quando tornai ormai il salto l’avevo fatto e chi me lo faceva fare di tornare indietro». I turbanti sono diventati con il tempo una sorta di manifesto per Silvia Amorosino: lei, stilista e designer di moda dalla lunga esperienza in Italia e all’estero, li disegna personalmente, mettendoci tutta la propria fantasia e creatività.

Finché non è arrivato il giorno di lasciare a casa anche quelli: «Mi sembrava un passo enorme, mi tremavano le ginocchia. Eppure ricordo che, in fila al supermercato, ero talmente luminosa e in pace con me stessa che un ragazzo mi si avvicinò spontaneamente per dirmi che ero bellissima. Oggi vado in giro pelata, parlo con le persone e nessuno ci fa più caso. Se vivi la tua condizione con naturalezza gli altri rispondono allo stesso modo. Capita che qualcuno dal tavolo a fianco mi guardi e spettegola su di me, ma io mi alzo e vado a dire loro di non permettersi. Non lascio che i chiacchiericci superficiali interferiscano con la mia vita o limitino le mie scelte».

LA LEZIONE DELL’ALOPECIA

Questa forse è la lezione più importante che questi decenni di convivenza con l’alopecia hanno insegnato a Silvia. Che essere diversi dalla maggioranza non significa essere inadeguati. Che ci vuole coraggio per uscire dal confortevole conformismo del gregge e iniziare a disegnare il proprio, personalissimo modo di essere belli, realizzati e soprattutto felici. Che ognuno di noi ha luci e anche ombre, ma questo non è un buon motivo per smettere di amarsi: l’impresa allo stesso tempo più semplice e più difficile di tutte.

Silvia Amorosino

«Essere grati, accettarsi così come si è, anche nei propri lati imperfetti richiede grande consapevolezza e anni di lavoro. Specialmente nel mondo contemporaneo, in cui le aspettative nei confronti di se stessi sono troppo alte. Sui social vediamo gli altri che mettono in mostra solo i loro successi raggiunti, mai la fatica, la vulnerabilità, l’insicurezza. E di conseguenza ci sentiamo sempre un po’ indietro, inadatti, colpevoli di non farcela come i nostri vicini, oppure invidiosi. Personalmente ancora oggi, quando mi metto davanti allo specchio, vedo tanta strada da percorrere, un’evoluzione costante».

Silvia ha trovato la sua serenità, ma ha ancora tanti obiettivi davanti a lei e si concentra su di essi, giorno per giorno, un passo alla volta. «Credo che sia importante mettersi sempre al primo posto, ascoltare ciò di cui sentiamo realmente il bisogno e porsi anche dei limiti, se necessario, senza pretendere troppo da noi stessi». In fondo, nasce tutto da qui: dall’amore per se stessi, per la vita e di conseguenza anche per chi ci circonda. Dal riconoscimento dei nostri punti di forza, da allenare e coltivare, ma anche dei nostri difetti, che non vanno taciuti o eliminati con un colpo di spugna, perché sono anche loro a renderci così come siamo.

Silvia Amorosino, dopo aver attraversato con fatica il suo lungo percorso a ostacoli che tuttora non si è concluso, lo ha capito. E sintetizza questo concetto con una sola frase, quella che conclude la nostra chiacchierata in modo del tutto inaspettato: «Oggi, se per assurdo mi ricrescessero i capelli, andrei nel panico: non mi sentirei più io». Non c’è davvero altro da aggiungere.

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