Terra dei fuochi: Strasburgo condanna l’Italia per violazione del diritto alla vita
L’Italia è stata condannata dalla Corte Europea di Strasburgo per i ritardi e le omissioni nel caso Terra dei fuochi: entro due anni dovranno essere adottate misure per affrontare l’inquinamento e informare i cittadini sui rischi per la salute.

Lo scorso 30 gennaio la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha emesso una sentenza storica nel caso “Cannavacciuolo e altri c. Italia”, stabilendo e condannando l’Italia per la violazione dell’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, relativo al diritto alla vita. La sentenza, estremamente chiara e forte, ha evidenziato come le autorità italiane dagli anni ’90 a oggi non abbiano adottato misure adeguate per proteggere la vita e la salute degli abitanti della cosiddetta Terra dei fuochi, l’area tra le province di Caserta e Napoli dove per decenni si è perpetrato lo smaltimento illegale – in alcuni casi con interramento – e l’incenerimento di rifiuti tossici.
“Le ritirate omissioni – si legge nella sentenza – , il mancato esercizio dei poteri di controllo e intervento, nonché la cattiva gestione dei rifiuti da parte dell’autorità italiana, evidenziano la mancata adozione di misure di tutela e prevenzione, caratterizzate da gravi ritardi e inadempienze. Di conseguenza, le autorità italiane non hanno affrontato il fenomeno noto come Terra dei fuochi con la diligenza richiesta dalla gravità della situazione (…) In particolare le autorità non hanno assolto in modo adeguato i propri obblighi di garantire ai cittadini residenti nelle aree interessate dall’inquinamento l’accesso alle informazioni essenziali per valutare i rischi per la salute, la vita e l’ambiente”.

IL CASO
Nulla a che vedere con il vulcano Vesuvio e l’area dei Campi Flegrei; nell’immaginario comune la Terra dei fuochi è portatrice di distruzione e morte, c’è solo monnezza. Così soprannominata nel 2003 venne utilizzato per la prima volta il termine Terra dei fuochi dal sacerdote Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, e figura simbolo della lotta contro i disastri ambientali della Campania. Tonnellate di rifiuti per oltre quarant’anni sono state smaltite illegalmente in Campania. Il problema era noto sin dal 1988; la Commissione ha richiamato l’attenzione sul fatto che le prime indagini di sepoltura e scarico illegale di rifiuti pericolosi sono state attuate dal 1993 in poi.
Per anni la Campania è stata la pattumiera d’Italia, difatti è stato dimostrato come i rifiuti interrati e bruciati avessero una provenienza dal nord e dal centro: non solo scarti industriali, ma anche rifiuti speciali e di provenienza ospedaliera. Tutti sapevano, ma nessuno ha mosso un dito. Tutti sapevano che i Casalesi, una tra le più pericolose famiglie mafiose d’Italia, avevano in mano il controllo e lo smaltimento di rifiuti. Tutti sapevano, ma nessuno ha ascoltato le urla di disperazione degli abitanti che ogni giorno in maniera silente venivano condannati a morte.

LA SENTENZA
La CEDU ha evidenziato che le autorità italiane erano a conoscenza della gravità della situazione già da prima che il caso divenisse mediatico; nonostante ciò non sono state adottate misure adeguate per proteggere la vita e la salute dei cittadini: “La corte è colpita dal fatto che il primo strumento di carattere generale adottato, al fine di accertare l’entità del fenomeno di inquinamento in questione e affrontare le sue componenti, è stato emanato solo nel mese di dicembre 2013, nonostante le autorità fossero a conoscenza di alcuni aspetti significativi del problema dall’inizio degli anni ‘90 almeno dai primi anni del 2000″.
Autorità che volutamente hanno ignorato il problema, che non hanno assicurato ai cittadini il diritto sacrosanto alle informazioni, che non hanno garantito la salute e in alcuni casi la vita stessa a tanti campani, che altro non sono stati che vittime della mafia e dello Stato. I ricorrenti infatti, invocando anche gli articoli 8 e 13 CEDU, hanno constatato come lo Stato italiano abbia tardato nell’adottare misure per affrontare il fenomeno d’ inquinamento, sottovalutando la gravità delle situazioni e concentrandosi quasi esclusivamente sull’incenerimento dei rifiuti tralasciando l’inquinamento delle falde acquifere e dei terreni circostanti le aree in questione – aree dove si è continuato a coltivare e ad allevare senza controllo alcuno.
In dieci anni poco è stato fatto, troppo poco per bonificare e restituire ai cittadini e alla terra stessa il diritto alla vita
TUMORI E TERRA DEI FUOCHI, C’È CORRELAZIONE?
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC) ha classificato l’inquinamento atmosferico come cancerogeno certo. Durante l’incenerimento dei rifiuti nella Terra del fuochi sono state disperse quantità incalcolabili di diossine, benzopirene e altri composti organici volatili che sono responsabili di tumori del sistema nervoso e digestivo. Già nel 1995 in un rapporto sulla salute supervisionato dall’Azienda Sanitaria Locale Napoli 4 furono presentati l’incidenza e i tassi di mortalità da cancro vissuti nella lista dei Comuni appartenenti all’area della Terra dei fuochi: un aumento del 100% venne registrato in 35 Comuni che rientrano nella sfera di competenza dell’ASL locale.
“Nella sua relazione sulla Campania pubblicata in data 8 luglio 1998, la commissione d’inchiesta ha sottolineato che una eccezionale concentrazione di metalli pesanti era stato osservata in alcune aree, come il territorio del Comune di Villa Literno. È stato anche osservato un aumento dei tumori in provincia di Caserta. La commissione ha sottolineato che è stata effettuata una ricerca epidemiologica per stabilire l’esistenza di un collegamento tra questo momento e lo scarico illegale di rifiuti pericolosi sul territorio in questione. Ha osservato, in primo luogo, l’esistenza di ciò che è indicato come persistente avvelenamento del suolo nel territorio della Campania e, in secondo luogo, che le autorità competenti non avevano ancora affrontato l’argomento di decontaminazione con la fermezza necessaria”.

Un’ incidenza dei tumori al colon-retto e al fegato, di leucemia e dei linfomi superiore e sensibilmente più elevata rispetto a quella del resto d’Italia. Una mortalità per cancro e malformazioni che anno dopo anno è aumentata: “I risultati nella seconda fase dello studio condotto dall’OMS, ISS, CNR e ARPAC, hanno dimostrato che la zona con il più alto tasso di mortalità era quella che era stata la più colpita dallo smaltimento illegale dei rifiuti pericolosi e la combustione incontrollata dei rifiuti solidi urbani”, si legge ancora nel testo.
La stessa corte con questa sentenza denuncia l’Italia per non aver raccolto dati sufficienti circa l’impatto dell’inquinamento legato alla Terra dei fuochi e alla salute pubblica. In dieci anni poco è stato fatto. Decisamente troppo poco per bonificare e restituire ai cittadini e alla terra stessa il diritto alla vita.
Commenta l'articolo
Per commentare gli articoli registrati a Italia che Cambia oppure accedi
RegistratiSei già registrato?
Accedi