La Global March to Gaza parte tra fermi e deportazioni: “Prelevati dagli alberghi come criminali”
Le autorità egiziane seguono la linea dura chiesta da Israele e stanno rimpatriando le persone partite per fermare il genocidio. La marcia al momento resta confermata.

Parte oggi la Global March to Gaza. Sono migliaia le persone in viaggio verso Il Cairo da tutto il mondo, compresa l’Italia. Il governo egiziano, che non ha mai autorizzato – ma neanche vietato esplicitamente – la marcia ha cominciato con delle operazioni di fermo. Come riporta Al Jazeera, il ministro della difesa israeliano, Israel Katz, ha ordinato all’esercito di bloccare il convoglio nordafricano diretto a Gaza, etichettando gli attivisti coinvolti come manifestanti jihadisti. In una dichiarazione di mercoledì, ha affermato di aver incaricato le forze israeliane di impedire il loro ingresso a Gaza dall’Egitto.
«Ci aspettiamo che le autorità egiziane impediscano loro di raggiungere il confine tra Egitto e Israele e non permettano loro di compiere provocazioni e tentare di entrare a Gaza». Il convoglio, composto da oltre 1000 attivisti che viaggiano a bordo di 12 autobus e circa 100 veicoli privati, ha iniziato il suo viaggio dalla Tunisia lunedì. Dovrebbe arrivare in Egitto giovedì per poi dirigersi verso il valico di Rafah.
Il governo egiziano è già impegnato a bloccare la carovana di Sumoud al confine con la Libia, un’iniziativa simile alla Marcia globale con migliaia di persone provenienti da Tunisia e Algeria che si sono messe in viaggio verso Gaza, con l’obiettivo di rompere l’assedio israeliano sulla Striscia. Ma nel frattempo, ci arrivano notizie anche dal Cairo, attraverso fonti dirette, di tensione e caos.

Questa mattina agli stranieri in aeroporto è stato ritirato il passaporto, sono stati svuotati e perquisiti tutti i bagagli. Al momento sono rinchiusi in una stanza senza servizi igienici e con il divieto di andare in bagno. Sembra, quindi, che il governo egiziano stia seguendo la direttiva israeliana che vuole impedire a tutti i costi la marcia. Gli arresti e le deportazioni, in realtà, sarebbero cominciati già nella giornata di ieri, membri della delegazione francese, un cittadino turco, un’italiana bloccata e a seguito di un interrogatorio rilasciata.
I numeri della Global March to Gaza
54 delegazioni da oltre cinquanta paesi da tutto il mondo, circa 200 partecipanti dall’Italia e centinaia da altri paesi, soprattutto dall’Africa dove questa iniziativa di pace è stata ben accolta dalle popolazioni del nord: sono questi i numeri della Global March to Gaza. Migliaia di persone accomunate da un unico obiettivo: fermare il genocidio del popolo palestinese. Nonostante la carovana di Sumoud – in Libia la fila di auto è stata scortata da organizzazioni umanitarie libiche, tra cui la Mezzaluna Rossa Libica, e dalle forze di sicurezza locali dal valico di frontiera di Ras Jedir fino a Zaouia – ha con sé aiuti umanitari, la consegna non è l’obiettivo finale.
E non lo è per l’intera Global March to Gaza sebbene sul sito della Farnesina, “Viaggiare sicuri”, si faccia riferimento a iniziative e a “Marce verso Gaza” finalizzate a trasportare aiuti via terra direttamente dentro la Striscia di Gaza o comunque ad avvicinarsi al confine con la Striscia attraverso il valico di Rafah in Egitto, da cui il ministero prende le distanze non garantendo alcuna forma di assistenza consolare.
La posizione ambigua del governo italiano
A tal proposito, proprio ieri, 11 giugno, il deputato del M5S Francesco Silvestri ha chiesto al Ministro Tajani maggiori delucidazioni in merito, visto che la mancanza di assistenza consolare sarebbe un diritto garantito dalla Costituzione. «Se dovesse accadere qualcosa a queste persone, riterremo il Governo Italiano direttamente responsabile» è stato il commento conclusivo dell’intervento in Aula.

Al deputato Silvestri si sono associate altre voci, come quella di Marco Grimaldi di Avs, sottolineando il fine della Global March to Gaza, «quelle migliaia di persone non hanno alcuna intenzione di sostituirsi alle ong e hanno sempre spiegato che la marcia sarà pacifica».
In risposta, la Farnesina ha chiarito che il ministero degli Esteri ha diramato solo “un avviso sul sito “Viaggiare sicuri’, per ricordare che la zona del Sinai settentrionale è zona militare in cui gli egiziani limitano gli accessi di cittadini internazionali e che, insieme alla sua rete consolare in Egitto, sarà sempre e comunque impegnata per assistere i cittadini italiani all’estero.
Le testimonianze degli italiani che partecipano
Intanto ci arrivano le testimonianze di alcuni italiani che sono pronti a partire per il Cairo. P. ha deciso di aderire alla marcia dopo aver incontrato personalmente gli attivisti e le attiviste della Freedom Flotilla a Catania. Prima lo aveva fatto idealmente. La loro determinazione, il loro coraggio, l’altruismo e la bellezza del loro cuore ha fatto svanire tutti i suoi dubbi. Dubbi dovuti alla famiglia, a un figlio alle prese con gli esami di maturità, al lavoro, alle condizioni previste in marcia.
«Se fossi rimasta a casa mi sarei vergognata. Gli attivisti e le attiviste hanno messo a repentaglio la loro vita senza pensarci due volte. Lo fanno perché sono umani e vogliono restare tali. Seguo la questione palestinese da che ne ho coscienza. Io non riesco più a dormire la notte, sono sopraffatta dall’orrore. Io voglio restare umana e non posso stare con le mani in mano. Il popolo palestinese ci aspetta».
R., invece, ha deciso di partecipare perché aspettava da tempo una possibilità diversa rispetto alla condivisione sui social di notizie provenienti da territori di guerra. Anche lui non riusciva a stare fermo, pensando alla Palestina e a tutti gli altri conflitti in corso, come in Congo, di cui non sempre si sente parlare. «Mi spiace se il governo egiziano non ci farà procedere oltre Il Cairo» è il suo commento dopo gli eventi di stamattina.
Mentre scriviamo arriva anche la testimonianza di Antonietta Chiodo, portavoce della delegazione italiana. «Chiediamo a tutte le persone di tutte le nazioni di intervenire ora! Vi chiediamo di aiutarci, abbiamo persone in viaggio che hanno scelto di partire per fermare il genocidio, stanno rimpatriando tutti, sono stati prelevati gli occidentali dagli alberghi, sono stati portati via i loro documenti e imbarcati su pullman e aerei come dei delinquenti. State permettendo la pulizia etnica del popolo palestinese non possiamo accettarlo. Intervenite tutti chi starà in silenzio è complice».
Particolarmente rilevante e inquietante il passaggio in cui Antonietta Chiodo sottolinea che vittime delle deportazioni sono i cittadini e le cittadine dei paesi occidentali, in particolare quelli che sostengono il Governo israeliano. Secondo la portavoce, sarebbe una misura per evitare incidenti diplomatici con gli alleati derivanti da situazioni violente che potrebbero verificarsi nei pressi del confine con Gaza. Purtroppo l’uso delle armi sembra essere un’eventualità più che probabile: «Ci sarà un massacro al confine, un massacro di arabi», dichiara Chiodo riferendosi alla marcia gemella che sta portando migliaia di persone tunisine e algerine verso Rafah.
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