Scuole, imprese e cittadini si uniscono per recuperare antichi castagni
Un progetto triennale per rivitalizzare un castagneto includendo vari attori: scuole, cooperative, imprese, persone fragili, agricoltori e semplici cittadini. Il suo nome è R.I.C.C.I.O..

C’era una volta – e per fortuna c’è ancora – un bosco di castagni sul Monte di Brianza, un luogo che profuma di storia, fatica contadina e relazioni profonde con la terra. È qui, tra i sentieri e le fronde di Cascina Rapello ad Airuno, che sabato 22 giugno ha preso il via un sogno collettivo, con la prima festa e incontro di presentazione del progetto R.I.C.C.I.O., che sta per Rigenerare I Castagneti Creando Inclusione e Opportunità.
L’evento “Ode ai castagni d’estate”, organizzato dalla Cooperativa sociale Liberi Sogni – capofila del progetto – ha dato voce e corpo a una visione tanto concreta quanto poetica: quella di restituire vita, bellezza e senso a un paesaggio troppo spesso dimenticato. Il castagneto, simbolo di resilienza e memoria, diventa qui protagonista di una rigenerazione ambientale e sociale che guarda lontano, intrecciando cura del territorio, inclusione, cultura e filiere locali.
Il bosco come luogo di relazione, apprendimento e trasformazione
«Abbiamo scelto i boschi di castagno – racconta Matteo Rossi, presidente di Liberi Sogni – perché sono paesaggi che parlano alla nostra memoria collettiva. Sono stati ponte tra il selvaggio e l’umano, tra la natura e la cultura». Proprio questi luoghi di passaggio, spesso abbandonati, tornano oggi al centro grazie a R.I.C.C.I.O., progetto triennale sostenuto da Fondazione Cariplo nell’ambito del bando Ruralis.

L’obiettivo? Rigenerare almeno dieci ettari di bosco, coinvolgendo scuole, cooperative, imprese, persone fragili, agricoltori e semplici cittadini in percorsi che intrecciano formazione, lavoro, partecipazione e bellezza. Per Raffaele Ortisi, socio della cooperativa Liberi Sogni, il progetto rappresenta «la realizzazione di quello che da anni cerchiamo di fare sul territorio: creare un dialogo tra comunità, uomo e natura». Un dialogo che passa attraverso il recupero del bosco come spazio vivente, non come luogo da sfruttare o temere, ma come parte integrante della sostenibilità e dell’identità locale.
«Spero che questo progetto generi un cambiamento nel modo di prendersi cura del territorio», racconta. «Spesso i boschi vengono considerati un problema. Invece sono una risorsa per le filiere, per il benessere, per il turismo. Ma soprattutto per tornare a sentirci parte di un sistema vivente». I castagni, in questo senso, diventano emblema di una memoria da riattivare, ma anche di nuove tradizioni da costruire: «Mi piacerebbe che tra qualche anno fossero i giovani a raccontare storie sui castagni, e non solo gli anziani. Che riscoprissero questi boschi come parte della loro vita».
Recuperare i castagni: un progetto a più voci
R.I.C.C.I.O. non è solo un progetto ambientale. È una costellazione di azioni concrete: dalla pulizia e messa in sicurezza dei castagneti alla creazione di filiere locali – legno, alimentare, benessere –, passando per la didattica all’aperto e i percorsi di cura in natura. È anche un’occasione per riscoprire i saperi antichi e immaginare nuovi mestieri, nuove forme di socialità, nuove economie radicate nei territori.
Il progetto vede la partecipazione attiva di realtà molto diverse tra loro: oltre a Liberi Sogni, ci sono Retesalute, il CFP “Aldo Moro” di Valmadrera, l’IIS “Marco Polo” di Colico e la cooperativa Italia Che Cambia, che accompagnerà l’intero percorso con una narrazione capillare, per amplificarne la portata trasformativa.

«Vedere l’entusiasmo e la partecipazione delle classi ci ha confermato quanto ci sia bisogno di esperienze fuori dall’aula, a contatto diretto con l’ambiente». Caterina Baroncini, dirigente scolastica dell’Istituto Superiore Marco Polo di Colico, ha aderito al progetto R.I.C.C.I.O. fin dalle prime fasi, coinvolgendo ragazze e ragazzi in attività di esplorazione, racconto e relazione con il castagno e il paesaggio boschivo.
Per Baroncini, la vera ricchezza del progetto è il suo approccio trasversale e partecipativo. «Ogni attività mette in gioco diverse discipline, ma anche competenze trasversali: il lavoro di gruppo, l’osservazione, l’ascolto, la relazione. Questo rende l’educazione ambientale qualcosa di vivo, di concreto». Le scuole non sono comparse, ma partecipano alla co-creazione di contenuti, alla costruzione di manufatti, alla mappatura dei territori, generando nuove narrazioni.
Anche Elena Villa, coordinatrice del corso Operatore del Legno – Design d’Arredo, sottolinea l’importanza di questo coinvolgimento: «È stato sorprendente vedere quanto i ragazzi si siano appassionati. Il bosco, che spesso per loro è un luogo lontano, diventa familiare. I castagni diventano personaggi, storie, compagni di gioco e di studio».
È un modo per restituire centralità al territorio, ma anche per ripensare la scuola come spazio di relazione con il mondo, non chiuso tra quattro mura. Il progetto R.I.C.C.I.O., in questo senso, propone un’educazione ambientale che non si limita alla conoscenza, ma genera appartenenza, responsabilità e desiderio di cura. I ragazzi non solo imparano a riconoscere un castagno: imparano che quel castagno ha una storia, un ruolo, un futuro che li riguarda.

Il bosco come comunità educante
L’evento “Ode ai castagni d’estate” è stato il primo momento pubblico di questo cammino triennale. Tra le fronde dei castagni, racconti, leggende, escursioni, cibo a base di castagne, laboratori di piccola falegnameria e giochi hanno proposto chiavi diverse per riscoprire insieme la bellezza del bosco e sentirsi parte di qualcosa di più grande.
In un’epoca in cui il bosco rischia di diventare un altrove dimenticato, riabitarlo insieme — bambini, educatori, artigiani, amministratori, cittadini — è un gesto politico e poetico al tempo stesso. Rimettere al centro il castagno significa riattivare un’intera rete ecologica, economica, relazionale. In questo senso, il bosco si fa comunità educante: un luogo che genera cura, incontro, cittadinanza. E ci invita, come recitava uno dei testi letti lungo il percorso, a riconoscere che «non siamo separati dalla natura, ma ne siamo parte».
Al centro di tutto c’è l’idea che la rigenerazione di un bosco possa innescare anche quella delle persone e delle comunità. Come sottolinea Daniela Bartolini di Italia Che Cambia: «In un momento storico in cui molti si sentono impotenti di fronte alle crisi ambientali e sociali, raccontare esperienze come R.I.C.C.I.O. è un atto necessario di cura, rigenerazione e possibilità. Un esempio attraverso cui le comunità possono riscoprire la forza del fare insieme». Non è solo una questione ecologica. È un cambio di paradigma. Nei boschi tornano a risuonare voci, mani, sogni. I castagneti, da tempo in silenzio, si trasformano in luoghi di incontro, apprendimento, lavoro e speranza.
R.I.C.C.I.O. si propone di costruire un modello replicabile, capace di contaminare positivamente altri territori. Il progetto proseguirà per i prossimi tre anni con corsi, attività didattiche, la riattivazione di antiche filiere, laboratori di trasformazione alimentare, produzione di arredi in legno e percorsi nella natura. Un vero e proprio laboratorio vivente di transizione ecologica e sociale. Il cammino è appena iniziato. Ma il bosco ha già cominciato a parlare. E noi, finalmente, a riascoltarlo.
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