25 Giugno 2025 | Tempo lettura: 7 minuti

GrIG: “Perché per la transizione energetica non si privilegia la produzione fotovoltaica diffusa sui tetti?”

Per l’associazione ecologista prendere in considerazione la produzione di energia rinnovabile attraverso gli stabili già esistenti resta la soluzione migliore per la transizione energetica, ma non la privilegiata.

Autore: Lisa Ferreli
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«È davvero difficile capire per quali motivi a livello nazionale non si prenda in considerazione la produzione energetica fotovoltaica diffusa sui tetti e si privilegiano i grandi impianti eolici e fotovoltaici per sopperire alle reali esigenze energetiche del Bel Paese». Quella a favore di una giusta transizione energetica, che rispetti l’ambiente e che non si trasformi in speculazione energetica, è una battaglia che l’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico (GrIG) porta avanti da anni anche nel territorio sardo.

Tra le ultime azioni, l’atto di opposizione al rilascio della concessione demaniale marittima trentennale per la realizzazione della centrale eolica offshore – al largo quindi della costa – proposta dalla società pugliese Wind Alfa s.r.l. nel mare del Sulcis. Si parlerebbe di “63 torri eoliche alte centinaia di metri sul livello del mare per complessivi 945 MW di potenza, un sistema di accumulo a terra di 360 MWh, due sottostazioni elettriche galleggianti, cavidotti da 380 kv con approdo a terra nella zona demaniale di Portovesme. La richiesta di concessione riguarda zone demaniali (ZD), specchi acquei (SP) nel mare territoriale, specchi acquei (SP) oltre il limite del mare territoriale”.

Ad essere coinvolti sarebbero la Capitaneria di Porto di Cagliari, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, la Regione autonoma della Sardegna, i Comuni di Iglesias, Carloforte, Gonnesa, Portoscuso. La richiesta di diniego del rilascio della concessione demaniale marittima da parte del GrIG arriva «vista l’assenza dello svolgimento del procedimenti di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) e della benchè minima considerazione degli impatti cumulativi derivanti dai numerosi analoghi progetti di centrali eoliche offshore presentati nella medesima area marina».

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Transizione energetica, produzione di energia da eolico – Canva

L’eolico offshore rappresenta una delle soluzioni più promettenti per la produzione di energia rinnovabile su larga scala, con un impatto visivo e territoriale spesso inferiore rispetto agli impianti a terra. Le centrali eoliche in mare aperto possono contribuire in modo significativo alla decarbonizzazione del sistema energetico nazionale, grazie alla maggiore costanza e intensità dei venti marini rispetto a quelli terrestri. Tuttavia, perché i vantaggi di questa tecnologia si traducano in benefici reali per l’ambiente e le comunità locali, è fondamentale che il suo sviluppo avvenga all’interno di un quadro di regole chiare e condivise.

Serve una pianificazione strategica che eviti la frammentazione delle autorizzazioni, tenga conto degli impatti cumulativi e garantisca una corretta valutazione ambientale, sociale ed economica dei progetti, così da coniugare transizione energetica e tutela del territorio.

Nel panorama attuale, per l’associazione «sarebbe assurdo in queste condizioni consegnare per quattro soldi migliaia di chilometri quadrati di mare a un soggetto privato, che può escludere o ammettere a pagamento pesca, transito commerciale e da diporto e qualsiasi altro libero utilizzo del mare. Inoltre, la concessione demaniale marittima dovrebbe riguardare estesi specchi acquei di mare oltre i limiti territoriali in assenza di una definita Zona Economica Esclusiva (ZEE). Si tratta solo dell’ultima azione effettuata per contrastare la speculazione energetica in una situazione di assenza di reale pianificazione in materia e di vero e proprio Far West». Ostacolare la speculazione è possibile ma ciò che è ancor più necessario, è rivedere le priorità.

Il rapporto virtuoso fra transizione energetica e tutela del territorio è senz’altro complesso, ma è tutt’altro che impossibile da realizzare

Rinnovabili sì, ma nel rispetto del territorio

Una transizione energetica portata avanti senza una pianificazione che tuteli presente e futuro di territori e comunità, per il GrIG, «fa comodo soltanto a chi vuol guadagnare in carenza di regole efficaci. Il rapporto virtuoso fra transizione energetica dalle fonti fossili tradizionali alle fonti rinnovabili e tutela del territorio è senz’altro complesso, ma è tutt’altro che impossibile da realizzare». I numeri delle istanze di connessione per nuovi impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile tracciano il quadro di una situazione che da tempo in Sardegna preoccupa e spinge alla mobilitazione di amministrazioni, associazioni e comitati in lotta contro la speculazione energetica, diffusi in tutta l’Isola.

Come riassunto anche dal GrIG, in Sardegna le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. – gestore della rete elettrica nazionale – al 31 marzo 2025 risultano complessivamente 729, pari a 54,40 GW di potenza, suddivisi in 470 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare (36,25%), 225 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra (28,77%), 33 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare (34,97%), e una sola richiesta per centrale idroelettrica (0,01%). 54,40 GW significa più di 25 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna.

Qualche considerazione sulla speculazione energetica in corso in Italia è stata svolta anche dalla Soprintendenza speciale per il PNRR. Quest’ultima ha evidenziato in una nota di marzo 2024 che “è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) […] tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno […] previsto […] a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW”.

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Transizione energetica, produzione di energia da fotovoltaico – Canva

“Non è transizione energetica ma speculazione”

Il grido d’allarme dell’associazione ecologista è un mantra che si ripete da tempo: «Qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria». Da ciò derivano la domanda e la critica propositiva poste dal GrIG: perché non si prende in considerazione la produzione energetica fotovoltaica diffusa sui tetti e si privilegiano i grandi impianti eolici e fotovoltaici? Un quesito affiancato anche da dati e ulteriori prese di posizione autorevoli rispetto alle soluzioni attuabili per una piena transizione energetica.

Lo studio ENEA ad esempio, pubblicato sulla Rivista Energies a marzo 2023, il quale afferma che per sopperire ai fabbisogni energetici dell’intero patrimonio residenziale italiano basterebbe realizzare pannelli fotovoltaici sul 30% dei tetti a uso abitativo. O ancora l’ISPRA che afferma e certifica nel Report Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici come sia molto ampia la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, considerando una serie di fattori che possono incidere sulla effettiva disponibilità di spazio: presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento da elementi costruttivi o edifici vicini, distanza necessaria tra i pannelli, esclusione dei centri storici.

«Dai risultati – sottolinea sempre il GrIG – emerge che la superficie netta disponibile può variare da 757 a 989 chilometri quadrati. In sostanza, si spiega, “ipotizzando tetti piani e la necessità di disporre di 10,3 m2 per ogni kW installato, si stima una potenza installabile sui fabbricati esistenti variabile dai 73 ai 96 GW”. A questa potenza, come evidenziano i ricercatori dell’ISPRA, si potrebbe aggiungere quella installabile in aree di parcheggio, in corrispondenza di alcune infrastrutture, in aree dismesse o in altre aree impermeabilizzate. Ipotizzando che sul 4% dei tetti sia già installato un impianto, si può concludere che, sfruttando gli edifici disponibili, ci sarebbe posto per una potenza fotovoltaica compresa fra 70 e 92 GW».

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Posa di un pannello fotovoltaico – Canva

Ulteriore elemento produttivo – finora per il GrIG «non adeguatamente preso in considerazione» – è individuabile nella realizzazione di pannelli fotovoltaici lungo le principali arterie stradali. Soluzioni definitive per una transizione energetica equa e giusta? La certificazione di infallibilità per ora non c’è, ma ciò che è certo è che si tratterebbe, come sottolinea il GrIG, di «energia producibile senza particolari impatti ambientali e conflitti sociali, in modo diffuso, democratico e più facilmente controllabile dalle popolazioni interessate. Ma forse – commentano in conclusione dall’associazione ecologista – tale produzione energetica danneggerebbe i grandi produttori, compresi quelli di proprietà pubblica».

Una probabile risposta che aggiunge quesiti a domande che nell’Isola, continuano a fioccare. E tra le tante voci di chi grida il suo no alla speculazione energetica, c’è chi sottolinea che la prima transizione da attuare, sia quella da una logica antropocentrica che guarda all’essere umano come padrone di un ambiente che da tempo, tra crisi climatiche e pandemia, pare chiedere proprio all’uomo di farsi da parte.

Se vuoi approfondire maggiormente il tema della speculazione energetica in Sardegna, trovi le nostre pubblicazioni qui.