Tra continuità e nuove sfide, il primo editoriale del nuovo direttore Andrea Degl’Innocenti
Andrea Degl’Innocenti subentra a Daniel Tarozzi nella direzione di Italia che Cambia. Nel suo primo editoriale ci spiega come intende interpretare questo nuovo ruolo.
Dodici anni fa quasi esatti, in una assolata mattina estiva, ci trovammo a Pomezia, circondati dal canto assordante delle cicale nel giardino di una collega, per decidere cosa fare delle nostre vite. Daniel (Tarozzi) era tornato da qualche mese dal suo viaggio in camper con un bagaglio eccitante di storie da raccontare e la consapevolezza che esisteva, là fuori, un Paese diverso da quello di cui leggevamo su giornali e telegiornali.
Decidemmo dunque di crearlo noi, un giornale. E con “noi” intendo un gruppo di giornaliste e giornalisti squattrinati, senza capitali da investire, senza un’idea chiara di come si tiene in piedi un giornale economicamente, ma con una passione e una necessità espressiva soverchianti. Quel giorno ci imbarcammo in un folle viaggio che dura tuttora.
A più di un decennio di distanza mi ritrovo a scrivere questo editoriale da nuovo direttore responsabile di Italia che Cambia ed è difficile descrivere quello che provo. Ma non voglio cavarmela così: ogni volta che ci provo, nella vita privata, la mia compagna mi pungola: “fai il giornalista, descrivere cose complicate è il tuo lavoro”. Devo ammettere – resti fra noi, sperando che non legga questo pezzo – che ha ragione.

C’è una parte di me che è entusiasta e piena di idee, nonostante non sia proprio un novellino del progetto; ma si sa, a volte basta cambiare cappello per vedere tutto da una prospettiva diversa. Un’altra parte che ha paura di non essere all’altezza, di rovinare in qualche modo goffo tutto il lavoro fatto in questi anni da decine e decine di persone straordinarie. Ancora un’altra che ha dubbi esistenziali ma sul futuro del mondo e del giornalismo: ha senso continuare a fare un giornale in un mondo che ha appena varcato la soglia di una delle più grandi rivoluzioni di sempre, quella dell’intelligenza artificiale? Come e verso quali lidi potremmo evolvere?
Di certo provo molta gratitudine, in primis nei confronti di Daniel, direttore uscente, per la stima che sento quotidianamente nei miei confronti (e che ricambio, intatta, dopo tanti anni), per il modo delicato e attento in cui mi ha proposto questo passaggio di consegne e soprattutto per aver avuto l’intuizione, la forza e la follia di creare e trainare questo progetto. Così come nei confronti di tutti gli altri colleghi e colleghe con cui camminiamo insieme, che sia da anni o da mesi.
Prima di salutarvi lasciate che vi dica due cose su come intendo interpretare questo ruolo. La prima parola che mi viene in mente è continuità. Vorrei coltivare ciò che è stato seminato. Il lavoro fatto in questi tredici anni da chi ha scritto, progettato, mappato, ascoltato e documentato è un patrimonio prezioso che voglio onorare, proteggere e far crescere. Penso alle storie, ai legami costruiti, ma anche agli strumenti che abbiamo affinato nel tempo: la mappa, la bacheca, le nuove sezioni del sito come le guide, i focus, le news, i nuovi format. Sono risorse straordinarie, e meritano di essere valorizzate.
Non basta fare qualcosa che ci piace, è necessario fare qualcosa di utile per le persone, per il bene comune
Penso anche al modello di giornalismo che abbiamo in mente da sempre, che non ho intenzione di cambiare: un giornalismo ecologico e costruttivo, che si interroghi non solo sui contenuti, ma anche sui modi e sulle conseguenze del nostro raccontare. Che non si limiti a raccontare, ma che provi a capire, a tenere insieme i mille aspetti di una realtà sempre più sfuggente e sfaccettata. Certo, ci sono anche nuovi orizzonti da esplorare. Ad esempio alcuni temi che mi accompagnano da sempre, di cui pochi parlano e che potremmo approfondire: l’approccio sistemico, i modelli di governance collaborativa, la complessità.
Voglio dirvi un’ultima cosa, prima di salutarvi. Una sorta di promessa che faccio a me stesso e a voi. Cercherò di non dare mai questo lavoro per scontato, perché so che è molto facile farlo. Proprio nella sua bellezza si nasconde la sua insidia più grande. Fare giornalismo significa confrontarsi quotidianamente con il senso e l’utilità di ciò che facciamo. Non basta fare qualcosa che ci piace, è necessario fare qualcosa di utile per le persone, per il bene comune.
È possibile che fra un mese, un anno, o chissà quando fare un giornale come Italia che Cambia non abbia più senso. Noi dovremo essere sufficientemente lucidi per capirlo. E se c’è un termometro importante per capire se stiamo facendo bene, siete voi. Chi ci legge, chi ci scrive, chi si abbona, chi condivide una storia o ci aiuta a scovarla. Continueremo ad ascoltarvi, con curiosità e gratitudine.
Vuoi approfondire?
Leggi anche l’editoriale del direttore uscente Daniel Tarozzi.










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