27 Agosto 2025 | Tempo lettura: 12 minuti

Il modello Quarticciolo alza la voce

Il quartiere nella periferia di Roma, considerato “difficile” sta cambiando grazie al lavoro dei suoi abitanti, che negli anni hanno costruito spazi sociali, doposcuola, palestre popolari e mercati contadini.

Autore: Giacomo Oxoli
modello quarticciolo graffiti
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In breve

Il quartiere romano del Quarticciolo può diventare un modello di periferia che resiste e immagina futuro

  • Il Quarticciolo è nato come una città-giardino fascista, ma è diventato una borgata popolare segnata da abbandono istituzionale.
  • Gli abitanti affrontano problemi concreti: case popolari ATER senza manutenzione, servizi promessi ma mai realizzati, spaccio diffuso.
  • Il decreto “Caivano bis” ha inserito il Quarticciolo tra le periferie da riqualificare, con interventi su strade, case e aree verdi.
  • La comunità rifiuta narrazioni tossiche e sceglie di raccontarsi diversamente, valorizzando relazioni e identità collettiva.
  • Negli ultimi dieci anni sono nati spazi sociali, doposcuola, palestre popolari e mercati che hanno ridato vita al quartiere.
  • L’esperienza dialoga con altre periferie, come Scampia, mostrando che il cambiamento vero nasce dal basso e dalle comunità.

In una calda serata di fine giugno fra le aiuole che costeggiano la Palmiro Togliatti, una nota strada della Capitale, un gruppo di persone sta allestendo un palco, altre si stanno arrampicando sugli alberi per fissare le luci e altre ancora stanno provando a spillare i fusti di birra. Il giorno prima se si passava di lì, nessuno si sarebbe accorto che esisteva quello spazio coperto da rovi, qualche cartaccia e rifiuto per terra, l’erba alta vicino a una fila di parcheggi per macchine senza più padroni.

Siamo alla periferia sud-est di Roma e a dare vita a quel tratto di verde è il comitato di quartiere del Quarticciolo che per animare una cena di quartiere ha trasformato un prato incolto in un teatro vivente dove, dopo una presentazione della cultura enogastronomica romana, si è tenuto un concerto di musica popolare, il tutto accompagnato da bevande e cibo.

Una volta chiamato “er giardino de Roma”, il Quarticciolo è un quartiere abbracciato da due arterie importanti della città, la Palmiro Togliatti e la Prenestina, e abbraccia al suo interno una serie di case e condomini, perlopiù popolari, che si incastrano fra cortili e piccoli aree verdi.

Nato durante il periodo fascista per spostare gli sfollati dal centro storico, il quartiere fu concepito come una piccola “città-giardino”. Un progetto urbanistico che prometteva di affiancare alle case delle “cinture verdi” con lo scopo di unire i benefici della campagna a quelli della città e creare zone agricole vicino ai centri cittadini. 

Oggi è al centro dell’attenzione pubblica in quanto è stato inserito tra le 8 periferie italiane da “riqualificare” secondo il governo. Ma oltre a questo il Quarticciolo è molto altro. Siamo andati a parlarne con alcuni dei suoi abitanti.

Le difficoltà quotidiane e strutturali del quartiere

Alcune di loro ci hanno spiegato la situazione della borgata e le difficoltà quotidiane che affrontano. Non nascondono che sono presenti molte problematiche a causa di uno scarso interessamento comunale e della lontananza dell’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER), l’ente pubblico che gestisce le case popolari. La manutenzione delle abitazioni popolari manca da decenni e persistono coperture di amianto non ancora bonificate. Molte case poi sono sfitte perché inagibili rendendo il diritto alla casa più una conquista che un diritto.

Negli anni si sono susseguite molte chiusure di serrande commerciali nella piazza principale, anche a causa di un cantiere – quello della supposta “riqualificazione di Piazza del Quarticciolo” – che è durato molti più anni del previsto. Nel frattempo la chiusura del mercato rionale ha ridimensionato il flusso di persone che vivevano e attraversavano il luogo durante la giornata impoverendo la possibilità di incontri umani.

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La costruzione del teatro e della biblioteca non è riuscita a ricostruire il tessuto sociale che il mercato creava. I servizi sono scarsi, sono più di 25 anni che il comune prevede la costruzione di un asilo e il nuovo parco giochi è stato costruito in 5 anni solo dopo le iniziative e le pressioni degli abitanti.

L’eliminazione dei sussidi statali come il reddito di cittadinanza ha reso ancora più complicato per molte famiglie arrivare a fine mese. Scarsa manutenzione e incuria sono all’ordine del giorno, come dimostra l’abbandono della piscina comunale da ormai 10 anni. Infine negli ultimi anni la criminalità organizzata ha portato una intensa attività di spaccio di stupefacenti, in particolare il crack, che si sta diffondendo molto nelle periferie italiane. Vedette e spacciatori arrivano da fuori per compiere le loro attività in quartiere e ultimamente si è diffuso anche l’uso delle sostanze in loco.

Un decreto legge per i contesti periferici

Il Quarticciolo ha ricevuto molte attenzioni negli ultimi mesi anche perché è finito nella lista delle 8 realtà periferiche da “riqualificare” secondo l’attuazione del decreto legge n.208/2024 del 31 dicembre 2024, noto nella prassi giornalistica come decreto “Caivano bis”, ma che in questo articolo chiameremo con il nome esteso.

Molto spesso ai decreti legge viene affibbiato – dalla stampa o dagli stessi promotori politici – un nomignolo semplice e immediato, adatto ai titoli di giornale. Si tratta di un’abitudine comprensibile, ma che nasconde risvolti insidiosi. In questo caso, definire un decreto sui quartieri problematici con il nome di un quartiere specifico (Caivano appunto) rischia di promuovere un tipo di narrativa che lega, nell’immaginario collettivo, quel particolare territorio al decreto stesso e a tutto ciò che si è mosso dopo alcuni fatti di cronaca nera.

Infatti, se ricordate, il territorio di Caivano è stato descritto come la periferia da riqualificare dove bisognava subito intervenire mantenendo un’alta attenzione mediatica. Un approccio mediatico che potremmo definire paternalistico, in cui il quartiere è descritto come territorio “da salvare o da sistemare”, che non aiuta a comprendere le dinamiche strutturali e sociali che stanno alla base degli eventi drammatici. Agire solo post evento e accendere il faro mediatico sulla situazione alimentando questa narrazione può essere conveniente da un punto di vista del consenso politico, ma non necessariamente da un punto di vista sociale. Diventa lecito chiedersi: quanto l’attenzione mediatica può risolvere davvero i problemi?

Fatto sta che il decreto legge n.208/2024 prevedeva di applicare gli interventi svolti a Caivano anche in altri contesti periferici italiani con l’obiettivo di contrastare la povertà educativa, il disagio giovanile e la criminalità minorile. Gli interventi consistevano nella riqualificazione infrastrutturale e sociale “dall’alto” del territorio e la ricostruzione dell’assetto amministrativo dell’ente locale.

Serve partire proprio dal basso, dalle esigenze che nascono e crescono dalla popolazione per spingere le amministrazioni ad agire e a intervenire sui propri territori.

Un obiettivo fallito in partenza persino nelle parole di Fabio Ciciliano, commissario straordinario per l’attuazione del piano, che durante una recente audizione in Parlamento ha dichiarato: «Spesso si parla di modello Caivano forse in maniera molto incongrua perché di modello non c’è nulla se non il fatto che le periferie sono diverse… e quindi è di tutta evidenza che un copia e incolla non è assolutamente proponibile né assolutamente sarebbe stata una strategia vincente».

L’approccio del commissario straordinario ha superato i reclami e le parole d’ordine dei rappresentanti della maggioranza di governo analizzando nello specifico i vari contesti. L’ascolto delle esigenze dei territori è stata una prerogativa per l’attuazione del decreto legge smontando l’approccio top-down e gli interventi sicuritari promossi dalla classe politica. 

Fra le varie disposizioni per il Quarticciolo rientrano interventi di messa in sicurezza, manutenzione e accessibilità, rifacimento stradale ed efficientamento energetico di alcuni edifici. Inoltre sono previsti interventi di recupero e valorizzazione delle aree verdi in varie zone del quartiere e la riqualificazione dei locali chiusi di ATER intorno alla piazza principale per avviare attività sociali e commerciali. 

Il quartiere che combatte contro narrazioni tossiche e dominanti

Ma se tutto questo è stato possibile è perché al Quarticciolo c’era già un piano, molto prima di qualsiasi attenzione istituzionale o legge ad hoc. In quartiere, gli abitanti sanno cosa vogliono e soprattutto conoscono bene le esigenze e i bisogni quotidiani di chi, quella borgata, la vive e la anima. Se possiamo timidamente affermare che esiste un modello Quarticciolo lo dobbiamo a quella comunità di persone che ha deciso di uscire dalle narrazioni soffocanti della periferia e ha iniziato a immaginare e costruire un quartiere migliore. 

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Parte di mappa del Piano progettato dal Comitato di quartiere del Quarticciolo

Come quasi ogni periferia anche il Quarticciolo viene spesso citato nelle cronache locali solo quando si verificano situazioni di degrado o di disagio, alimentando così un pregiudizio negativo sia sulla popolazione residente e sia sull’intero quartiere. Sono spesso queste situazioni sgradevoli a determinare la visione collettiva di una zona, come avvenuto per Caivano. Difficile uscire da questi meccanismi, che spesso finiscono per diventare narrazioni dominanti e convincere gli stessi residenti della propria condizione, distruggendo la possibilità di immaginare un luogo e un futuro migliore.

Difficile ma non impossibile. Perlomeno non per la gente del Quarticciolo. Il comitato di quartiere ha scelto, da anni, di non nascondere le problematiche, ma di affrontarle, cercando soluzioni e promuovendo un confronto aperto. Adotta un approccio sistemico: parte dal generale per arrivare al particolare, analizzando le questioni non come episodi isolati ma all’interno di un contesto più ampio, fatto di disuguaglianze e zone di margine. È da questa eredità interpretativa che proviamo anche noi a raccontare questo luogo. 

Il modello Quarticciolo

Quello che abbiamo osservato e ascoltato potremmo timidamente definirlo modello Quarticciolo. Non un set di azioni esatte, ma un modus operandi attento alle radici e al contesto. Un modello che parte da un senso di comunità saldo e da un’identità forte che ha origini lontane. Durante la guerra, infatti, il quartiere fu un presidio di lotta antifascista e successivamente fu teatro di lotte sociali, occupazioni abitative e attività culturali. 

Negli ultimi dieci anni la comunità ha iniziato a creare spazi per uso sociale come palestra, ambulatorio, doposcuola, mercato contadino, parco giochi – difficile citarli tutti talmente sono state molte le iniziative – mentre durante emergenza Covid-19 si è organizzata per fornire aiuto agli abitati in difficoltà. Per immaginare una periferia diversa in alcuni casi è stato necessario guardare dall’altra parte del mondo: la palestra popolare del Quarticciolo, ad esempio, nasce ispirandosi ad un gruppo di persone che fondò una palestra di boxe a Cuba.

Serve partire proprio dal basso, dalle esigenze che nascono e crescono dalla popolazione per spingere le amministrazioni ad agire e a intervenire sui propri territori. Questa storia rivendica una presenza per chi, troppo spesso, non si trova al centro geografico della metropoli e al centro dei riflettori politici. Per questo il Quarticciolo alza la voce – come “grida” un suo slogan – attraverso le numerose iniziative che la comunità organizza durante l’anno, dalle feste popolari agli incontri delle associazioni civili, fino all’appuntamento del 25 aprile, quando si esibiscono numerosi artisti e migliaia di persone affollano il parco del quartiere. Alzare la voce come segno di protesta, ma anche come segnale di presenza e di rivendicazione di una propria identità.

Il Quarticciolo è anche una manifestazione concreta di come, in alcuni casi, la periferia può trasformarsi da zona dormitorio o di marginalità a centro di attività culturali e faro della socialità. Il modello Quarticciolo si basa sulla cura reciproca e sulle relazioni. Che esse siano semplici legami di vicinato, di comunanza politica o di sangue, queste connessioni contribuiscono a  distruggere l’isolamento e l’individualismo tipico delle metropoli.

Relazioni che sono state costruite anche oltre le cinture verdi e stradali e che coinvolgendo altri attori, altre borgate e altri gruppi che si trovano ad affrontare situazioni simili in città. Infatti sono particolarmente forti i legami con altri comitati di quartiere e con esperienze politiche provenienti da tutta la Penisola. 

Una “cena di quartiere” al Quarticciolo, 25 giugno 2025

Da Scampia al Quarticciolo: oltre l’isolamento politico e istituzionale

La situazione del Quarticciolo resta comunque complessa e non sarà una legge ad hoc a risanare le enormi disuguaglianze che persistono anche perché, come ci raccontano gli stessi abitanti, sono state fatte molte promesse in passato ma sono stati miseri i risultati. Per quanto si possa gioire per il finanziamento di una serie di interventi i residenti sono ben consapevoli dei tempi lunghi della burocrazia, delle difficoltà amministrative e delle promesse mancate. 

Non possiamo sapere quali saranno le sorti del Quarticciolo. Ciò che sembra chiaro già adesso è che il modello Caivano non esiste e che un approccio basato esclusivamente su sicurezza e ordine non è funzionale in alcuni luoghi. Intervenire nei contesti periferici attraverso riflettori puntati e slogan di rito fa solo emergere in superficie una trascuratezza verso questi luoghi talmente profonda da diventare strutturale. Così una manutenzione dei luoghi che dovrebbe essere ordinaria diventa straordinaria. 

L’adozione di provvedimenti speciali non ha lo scopo di agire in contrasto alle problematiche strutturali ma cerca di mettere delle toppe qua e là, da nord a sud, in qualche angolo delle città italiane. Molto simile a questa storia è quella di Scampia: dopo le faide camorristiche il quartiere è rinato grazie al fiorire di numerose iniziative sociali, alla nascita di associazioni, enti del terzo settore e attività artigianali e commercialiL’esperienza del Quarticciolo ci insegna che immaginare e progettare il futuro per il proprio luogo non solo è in grado di contrastare visioni securitarie e riqualificazioni imposte dall’alto ma può diventare un antidoto sia all’isolamento delle metropoli e sia all’isolamento politico e istituzionale.

Informazioni chiave

Le soluzioni nascono dal basso

Il modello Quarticciolo dimostra che i decreti e le grandi promesse non bastano: è la comunità, con la sua capacità di auto-organizzarsi, a generare il vero cambiamento.

Uscire dalle narrazioni tossiche

Quando i media raccontano solo degrado e cronaca nera, un quartiere resta prigioniero del pregiudizio. Al Quarticciolo la comunità ha scelto di alzare la voce e cambiare la narrazione.

La comunità come motore

Spazi sociali, feste popolari, reti di mutuo aiuto: la forza del Quarticciolo sta nelle relazioni quotidiane che ricuciono il tessuto sociale e contrastano l’isolamento.

Un modello che ispira altri territori

Il Quarticciolo non vuole essere un esempio calato dall’alto, ma la sua esperienza dialoga con altre periferie italiane e dimostra che dalle borgate possono nascere visioni di città più giuste.