1 Settembre 2025 | Tempo lettura: 7 minuti

La radiografia di un agosto sardo tra turismo cafone, focolai e cernie elettorali

L’agosto sardo tra monolocali lillipuziani, turismo cafone, migranti dimenticati, cernie elettorali e focolai bovini. Cronache estive che raccontano un’Isola che ondeggia tra subalternità e resistenza.

Autore: Lisa Ferreli
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Dermatite bovina, arroganza filo-sionista e Roberto Vannacci. Ogni estate ha i suoi drammi – dalla tragicità più o meno effettiva – e questo agosto sardo, magnanimo rispetto ai precedenti per temperature e invasione turistica, non è stato da meno. Ad aprire le danze il Governo italiano con la decisione – nell’ambito del decreto “salva casa” – di ribadire come nell’Isola le problematiche legate al diritto alla casa si debbano risolvere (anche) rendendo abitabili monolocali da 20 metri quadri e 2,40 metri di altezza. In pratica Is gruttas di Sant’Antioco, passate dimore ricavate in antiche tombe puniche, sono più agevoli.

Ad aver però minato la possibilità di “realizzare le proprie aspettative di vita e lavoro” in dimore dalla dimensione inferiore al classico soggiorno di una tipica abitazione in non finito sardo, sarebbe il “Salva-casa in salsa sarda” ovvero la Legge regionale n.15 del 17 giugno. Reo di non recepire in toto il decreto Salva casa voluto invece dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini, il provvedimento è stato infatti prontamente impugnato dal Consiglio dei ministri soprattutto perché, nella declinazione isolana, la Giunta Todde aveva lasciato a 28 metri quadri la superficie minima dei monolocali, portata invece a 20 dalla legge italiana.

La parola spetta ora alla Corte Costituzionale, ma quello che pare l’ennesimo dardo infuocato dal regno ai suoi territori sembra aver definito anche un’altra dimensione: quella della subalternità incontestabile al volere dello stato centrale e di un’autonomia che cerca affermazione in uno scontro politico aperto tra Sardegna e Italia che però ancora frena ad arrivare. Ma parliamo di Belen.

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Immagine di repertorio Canva

Un agosto senza record

L’agosto sardo è stato un pendolo che ha oscillato tra le cronache sul calo delle presenze turistiche e l’infinita rassegna del cosiddetto “turismo cafone”. E in merito a quest’ultimo tema, la conduttrice televisiva Belen Rodriguez, protagonista del presunto lancio di patatine contro chi la filmava danzare e prima ancora del litigio col benzinaio a Porto Cervo, è stata tra i bersagli dalle critiche a un fenomeno che qua indigna forte: l’arroganza di chi considera la Sardegna il proprio parco giochi.

Non proprio una novità, ma se da un lato c’è chi aspira al ritorno a su connottu – ovvero l’imperativo nara cixiri! e conseguente daspo a chi rivendica potere in terra nostrana –, dall’altra c’è chi non manca di crogiolarsi davanti al calo del 10% di presenze turistiche nell’Isola di questa stagione. Turisti sì, cafoni no. Come debba avvenire la selezione all’ingresso non è chiaro, ma ciò che è evidente è il rapporto d’amore e odio, quasi una sindrome di Stoccolma che polarizza tra la spasmodica ricerca del record – di presenze, di croceristi, di boom dei ristoranti – e l’altrettanto affannosa caccia al turista arrogante. Cafone, anzi.

C’è da dire però che anche la narrazione sull’arroganza ha la sua gerarchia e mentre la cafonaggine viene fortemente osteggiata, c’è chi invece continua a mostrare ampia tolleranza verso i supporter in terra sarda del genocidio palestinese. La notizia ad esempio del banco di un mercato di Olbia che, per via dei messaggi esposti in favore della Palestina, è stato preso di mira da turisti di presunta nazionalità franco-israeliana, non è rientrata tra le rubriche di critica a chi attraversa l’Isola da padrone. È rimasta lì, nel quotidiano che l’ha riportata, Olbia.it, senza grandi editoriali o commenti scorretti.

L’agosto sardo restituisce l’immagine di un’Isola che spesso ondeggia tra subalternità e riappropriazione. Resistenza, anzi

Eppure il dissenso verso l’idea che la Sardegna possa essere terra di vacanza anche per possibili criminali di guerra, nell’Isola non manca. E se manifestato non costituisce reato. Come infatti annunciato dall’Associazione Libertade, all’indagine per i reati – ipotizzati dalla polizia – di propaganda, istigazione a delinquere e violazione della normativa paesaggistica e ambientale per l’affissione in una spiaggia sarda del manifesto “I criminali di guerra non sono i benvenuti in Sardegna e sono perseguibili dalla legge”, il Pubblico Ministero ha risposto escludendo le ipotesi di reato.

“Non risulta alcuna forma specifica di istigazione all’odio e alla discriminazione nei confronti dei cittadini dello stato d’Israele, pertanto la condotta risulta espressione del principio di libertà di pensiero e condivisibile o meno, non rientra nel raggio d’azione della norma penale”. Nessun cafone all’orizzonte, meglio quindi riportare l’attenzione su flussi e mete paradisiache.

L’Europa che c’è

È qui però che si incaglia un’altra notizia d’agosto che nella narrazione mainstream-dominante della meraviglia di questa terra incontaminata (soprattutto nell’area del poligono di Capo Teulada, dove sempre ad agosto sono state attestate concentrazioni di metalli pesanti tali da interdire il pascolo e determinare per il sindaco di Teulada un “danno di immagine” in piena stagione estiva, ché la salute vien pregando) e nella retorica della proverbiale ospitalità del popolo sardo, un po’ stona le cronache. Parliamo degli sbarchi di persone migranti nelle paradisiache Cala Sinine e Cala Luna, a due passi dalla più bella del mondo Cala Goloritzé.

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Immagine di repertorio Canva

A onor di cronaca, a Cala Sisine le 13 persone migranti – presumibilmente curde – sono arrivate in una notte di luglio, mentre 19 persone di origine irachena hanno rischiato il naufragio il 9 agosto al largo di Cala Luna. Un giorno prima quindi della notte di San Lorenzo, il martire degli ultimi che vedeva nella cura verso le persone ai margini la custodia del vero tesoro della Chiesa. Per le persone che sono sbarcate in Ogliastra, nessuna porta aperta al paradiso. Non un benvenuto in abito sardo, seadas e carnevale estivo. Sono state trasferite al Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) di Monastir e poi di loro, tra le cronache, nessuna ulteriore traccia. Le presenze, i tesori che contano, qua sono altri.

Eppure c’è qualcuno a cui l’agosto sardo avrebbe riservato un’accoglienza calorosa e applausi ripetuti, ovvero il generale, eurodeputato e vicesegretario della Lega Roberto Vannacci. La sua presenza nell’Isola è stata annunciata ai più dall’eurodeputato stesso con una foto scattata in una spiaggia sarda insieme a una cernia morta, sfoggiata dal generale per imitare “la faccia della sinistra alle prossime elezioni”. Una mia stretta conoscenza direbbe: pobera bestia. La cernia ovviamente. Ma a risuonare maggiormente è stata la tappa selargina in cui l’eurodeputato avrebbe portato “uno scorcio di Bruxelles”.

L’Unione Europea però nell’Isola c’è già. Ad esempio nelle misure obbligatorie imposte per arginare l’epidemia di dermatite nodulare bovina (LSD), inclusi l’abbattimento dei capi e la campagna vaccinale. Un reale dramma che a fine agosto, seppur decisamente più contenuto, mostra in Sardegna 51 focolai attivi, 339 capi malati, 103 morti e 662 abbattuti; ma non è l’unica traccia di Bruxelles.

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Immagine di repertorio Canva

A ricordare come l’Europa a Selargius sia già presente è stata via social l’avvocata e componente del comitato No Tyrrhenian Link Giulia Lai. Sarebbe arrivata “nel lontano 2019, con un progetto, il Tyrrhenian link, per estrarre le risorse energetiche della Sardegna a favore del resto del continente europeo e a soddisfazione degli interessi economici della multinazionale di Stato. L’Europa – prosegue – ha preso a schiaffi il Sindaco e tutto il consiglio comunale selargino schiacciando i diritti di una intera comunità, violando le stesse norme europee sulla transizione energetica e sui diritti di partecipazione”. Non proprio una presenza calorosa e applaudita, quindi.

Così, tra cernie esibite, monolocali lillipuziani e focolai reali o metaforici, l’agosto sardo restituisce l’immagine di un’Isola che spesso ondeggia tra subalternità e riappropriazione. Resistenza, anzi. Certo è che settembre – Cabudanne – non porterà soluzioni definitive, ma potrebbe inaugurare un tempo diverso: quello in cui la Sardegna smette di essere cronaca estiva e inizia a scrivere la propria storia di cambiamento. Che sia allora un felice anno nuovo!