Siamo davvero diventati vegani… o solo consumatori di “finti cibi”?
La diffusione di diete vegetali sta portando anche i grandi marchi alimentari a realizzare molti prodotti “cruelty free”. Questo ha aspetti negativi e altri positivi, vediamo quali.
Essere vegani oggi è diventato molto più facile di quanto non fosse alcuni anni fa. I banchi frigo dei supermercati pullulano di alternative vegetali come burger, affettati, formaggi, gelati, yogurt, biscotti, merendine e snack vegani. Il sogno di ogni neo-vegan? Forse. Ma siamo sicuri che questo sia il sogno giusto?
Quello che una volta era un cammino di consapevolezza fatto di cereali integrali, legumi, verdure fresche e frutta di stagione, sembra ora rimpiazzato da un’abbondanza di cibi processati, spesso ultra-trasformati, pieni di aromi, conservanti, grassi saturi e trans, zuccheri e ingredienti dal nome impronunciabile. Abbiamo eliminato la carne, questo è vero, ma siamo tornati alla natura o siamo solo caduti in una nuova trappola dell’industria?
Un mondo di surrogati: il nuovo scaffale dei prodotti vegani
In pochi anni, lo scaffale con i prodotti vegani dei supermercati si è trasformato. Se prima era popolato solamente da qualche tofu impolverato e una bevanda alla soia, oggi troviamo interi reparti dedicati ai prodotti plant-based, ovvero di origine vegetale. Il mercato dei “finti cibi” vegetali sta esplodendo, sostenuto da aziende che fiutano l’opportunità commerciale.

E il linguaggio è accattivante: “senza crudeltà”, “100% vegetale”, “vegan friendly”. Ma se leggiamo l’etichetta, scopriamo elenchi di ingredienti lunghissimi, additivi alimentari, grassi saturi e zuccheri in abbondanza. Cosa c’è di naturale in un formaggio vegano fatto con amido modificato, olio di cocco e aromi “naturali” oppure in un burger a base di metilcellulosa, maltodestrine, burro di karitè, aromi vari?
Vegano non fa più rima con sano
Oggi vegano non significa più sano, come era in passato. Certo, questi prodotti sono utili, rappresentano un primo passo per chi vuole abbandonare i prodotti animali. Aiutano a non “sentire la mancanza”, offrono un ponte tra vecchie abitudini e nuovi stili di vita. Ma non sono e non dovrebbero essere il punto di arrivo. Essere vegani non è solo evitare di mettere “la morte nel piatto”. È anche – o dovrebbe essere – un atto d’amore verso sé stessi e verso la Terra. E l’amore passa anche da ciò che scegliamo di mettere nel nostro corpo ogni giorno.
Un tempo, l’alimentazione vegana era semplice. Pochi ingredienti, cucinati con cura: cereali integrali, legumi, verdure, frutta, semi, spezie. Una cucina che parlava di stagionalità, rispetto, creatività, connessione con la terra. Oggi invece rischiamo di passare dalla carne al seitan aromatizzato, dal formaggio al “formaggino vegetale” in vaschetta. Cambiamo l’etichetta, ma non la logica.
Cosa c’è di naturale in un burger a base di metilcellulosa, maltodestrine, burro di karitè, aromi vari?
È questa la direzione che vogliamo prendere? Vogliamo davvero affidarci all’industria per alimentarci, anche da vegani? Siamo davvero sicuri che questa sia evoluzione e quell’atto d’amore che pensiamo di fare? I sostitutivi vegetali possono avere un ruolo poiché sono utili in transizione, possono semplificare la vita in certe occasioni, aiutano nei contesti sociali e normalizzano la scelta vegana, ma vanno usati con intelligenza e moderazione. Il rischio è che diventino la norma. Che passiamo da una dieta onnivora industriale a una dieta vegana altrettanto industriale, con tutto ciò che questo comporta: picchi glicemici, infiammazione, carenze nutrizionali, perdita del contatto con il vero cibo.
Essere vegani è o dovrebbe essere una scelta che rifiuta la sofferenza, sì, ma anche l’omologazione, l’alienazione, il consumo inconsapevole. Non basta evitare la carne per essere in salute, né basta leggere la scritta “vegano” per fare una scelta etica. Torniamo alla semplicità, alla stagionalità, alla cucina fatta in casa. Usiamo i sostitutivi per quello che sono e cioè strumenti, non soluzioni. Torniamo a domandarci perché mangiamo ciò che mangiamo. E soprattutto, torniamo a scegliere davvero.
Informazioni chiave
Non ci sono più i prodotti di una volta
Rispetto a quando ha iniziato a diffondersi uno stile alimentare basato su cibi vegetali, si sono moltiplicate le offerte di prodotti industriali “plant-based”.
L’importanza delle etichette
Buona parte dei prodotti vegano industriali è realizzata con moltissimi ingredienti, pochi dei quali di origine naturale. Per questo è fondamentale leggere sempre le etichette per scoprire cosa contengono.
C’è un lato positivo
Questi “finti cibi” possono tuttavia essere utili durante la fase di transizione da una dieta onnivora a una vegetariana o vegana.
Vegano=sostenibile? Non sempre
Per una dieta realmente a basso impatto – sia sull’ecosistema che sul nostro organismo – è però preferibile alimentarsi con cibi locali, naturali, stagionali e non trasformati.










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