Le comunità solari: la transizione energetica parte dalle famiglie
Scopriamo meglio come funzionano le comunità solari, piccoli gruppi di autoproduzione e consumo di energia locale, pulita e rinnovabile che partono dalle famiglie.
In breve
Le comunità solari Le comunità solari sono gruppi di autoproduzione energetica su piccola scala, che coinvolgono famiglie, imprese e amministrazioni:
- Per crearne una bastano tre famiglie, di cui almeno una dotata di pannelli solari.
- Per incentivare l’adesione, il surplus energetico prodotto beneficia di incentivi erogati in bonus da spendere nelle attività locali.
- I buoni sono finanziati da un fondo di responsabilità sociale sostenuto dalle imprese che credono nel progetto.
- Alle comunità solari possono prendere parte anche le imprese, che facendolo ricevono certificati ESG.
La transizione energetica e la decarbonizzazione stanno diventando necessità sempre più impellenti per orientarci verso modelli di produzione energetica sostenibili. Ma per quanto sia fondamentale immaginare un mondo senza combustibili fossili, cambiare fonte energetica potrebbe non bastare. Diventa necessario chiederci: quale transizione energetica vogliamo costruire? Come facciamo a tenere insieme sostenibilità ambientale ed equità sociale?
Da pochi anni si stanno moltiplicando le iniziative di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), ovvero gruppi di persone, aziende o enti che autoproducono energia da fonti locali, pulite e rinnovabili. Ma c’è chi, da oltre quindici anni, spinge le imprese, la cittadinanza e le municipalità ad adottare un tipo di modello comunitario di gestione dell’energia: le comunità solari. Abbiamo parlato con il Centro per le Comunità Solari situato a Medicina, in provincia di Bologna, per aiutarci a comprendere la loro idea di transizione energetica.
Come nascono le comunità solari
Durante i suoi studi il professor Leonardo Setti – che si occupa di biochimica industriale applicata ai sistemi energetici rinnovabili – e il suo team di ricerca dell’Università di Bologna si accorsero che il 70% del consumo energetico comunale proveniva dalle famiglie. Da lì nacque l’idea di lavorare con i nuclei familiari per aiutarla a “transitare” verso le energie rinnovabili. L’obiettivo era quello di rendere le persone indipendenti nella produzione della loro energia.

Questo può avvenire tramite alcune azioni che riguardano la gestione dei consumi energetici in famiglia: installare pannelli fotovoltaici per generare l’elettricità necessaria, cambiare la propria automobile con una elettrica, sostituire le caldaie a metano con pompe di calore e dotarsi di sistemi di accumulo per conservare l’energia prodotta.
Tuttavia, Setti e il suo gruppo di ricerca si resero conto che la vera sfida non era solo rendere ogni famiglia autonoma, ma metterla in rete con le altre. Da qui nacque l’idea delle comunità solari: un modello in cui l’energia prodotta in eccesso da una casa viene condivisa localmente con chi ne ha bisogno, incentivando il consumo nei momenti di massima produzione. In questo modo la produzione distribuita diventa condivisione e la transizione energetica assume una dimensione collettiva e solidale.
Il modello delle comunità solari
Il progetto delle comunità solari si basa su una piattaforma tecnologica nazionale sviluppata e gestita dal Centro per le Comunità Solari. Questo sistema monitora in tempo reale quanta energia viene prodotta, consumata e condivisa all’interno dei confini comunali. Chiunque può partecipare alla condivisione, anche senza possedere un impianto fotovoltaico. Ogni volta che un kWh di energia rinnovabile viene condiviso, la piattaforma lo registra e assegna un credito energetico: per ogni kWh condiviso, vengono riconosciuti 40 centesimi complessivi — 15 al produttore e 25 al consumatore.
Ma la particolarità del modello è che questo incentivo non viene erogato in denaro, bensì sotto forma di buoni spesa locali, utilizzabili nei negozi, botteghe e attività di prossimità che aderiscono al progetto. A finanziare il sistema non è lo Stato, bensì un fondo di responsabilità sociale sostenuto dalle imprese del territorio. In questo modo, ogni chilowattora condiviso diventa un gesto di economia circolare: rafforza i legami tra famiglie, imprese e commercio locale, generando una sorta di welfare comunitario che cresce con la quantità di energia condivisa.

La cittadinanza solare
Ma come si partecipa? Per prima cosa bisogna diventare cittadino solare con un semplice click sul portale dell’associazione Centro per le Comunità Solari. In secondo luogo bisogna controllare nella mappa se è già attiva una comunità solare nel proprio Comune. Se esiste già, sarà sufficiente compilare il modulo di adesione. Se invece non c’è una sezione aperta, è possibile compilare la richiesta per farsi promotori di una nuova comunità solare. Per crearla bastano almeno un proprietario di pannelli solari – il prosumer, cioè un produttore-consumatore di energia – e almeno due consumatori. Questo rimane il requisito minimo. Per iscriversi c’è una quota annuale di 15 euro all’associazione e un contributo una tantum per i dispositivi tecnologici.
Alla condivisione dell’energia possono aderire soggetti diversi fra loro, anche chi non possiede un impianto fotovoltaico: famiglie, imprese, enti pubblici e realtà associative. Tuttavia, i premi economici sotto forma di buoni spesa sono destinati esclusivamente alle famiglie, perché il progetto nasce come forma di welfare energetico locale, pensato per ridurre i costi domestici e promuovere comportamenti virtuosi. Chi aderisce come prosumer può continuare a beneficiare degli incentivi nazionali già previsti dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), aggiungendo però un premio extra per ogni chilowattora condiviso all’interno della comunità solare.
A rendere possibile questo sistema è un dispositivo chiamato smart meter, un contatore intelligente che comunica tramite onde convogliate i dati di produzione e consumo. Tutte le informazioni vengono raccolte in tempo reale da una cabina di regia gestita dal Centro per le Comunità Solari, che calcola automaticamente quanta energia è stata condivisa e da chi. Ogni cittadino solare può accedere a una web app dedicata per monitorare i propri consumi e la quota di energia condivisa. Un semplice semaforo digitale indica quando l’energia della comunità è disponibile, invitando le famiglie a usarla nei momenti in cui viene prodotta e condivisa.
Comunità solare o Comunità energetica rinnovabile?
Se siete arrivati fino a questo punto, vi starete chiedendo forse se le comunità solari non sono altro che una variante delle comunità energetiche rinnovabili. La risposta è sì, ma ci sono un bel po’ differenze. Per prima cosa, nelle comunità solari il rimborso per la condivisione dell’energia proviene da un fondo di responsabilità sociale di impresa, quindi da una serie di imprese finanziano l’idea mentre le CER attingono da un fondo pubblico.

Inoltre una comunità solare può nascere da qualsiasi impianto fotovoltaico, di qualsiasi età e portata mentre le comunità energetiche hanno dei limiti legati alla data di installazione e dei limiti sulla portata. Un’altra differenza sta nella forma giuridica: nelle comunità solari, a differenza delle CER, non bisogna costituire alcun soggetto giuridico autonomo. Poi, come già detto, possono partecipare tanti soggetti diversi alla comunità solare, ma i benefici, nella forma dei buoni spesa, vanno alle famiglie, mentre le CER hanno un contributo fisso per tutti i partecipanti.
Un’altra differenza riguarda la gestione: mentre le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono spesso promosse o coordinate dalle amministrazioni pubbliche, le comunità solari nascono e si sviluppano attraverso un portale unico gestito dal Centro per le Comunità Solari, con l’obiettivo principale di favorire la condivisione dell’energia e generare un welfare locale. Questo approccio mira a ridurre la burocrazia e a mantenere il modello snello, partecipativo e orientato al bene comune, senza però escludere possibili collaborazioni con i Comuni o con le istituzioni.
Gli ostacoli e alcune soluzioni
A volte può non essere semplice coinvolgere le aziende in questa impresa. Molte imprese aderiscono ai principi ESG (Environmental, Social, Governance) e ottengono certificazioni di sostenibilità che ne migliorano l’immagine, ma questo riconoscimento non sempre si traduce in un impegno concreto o duraturo. Spesso il progetto delle comunità solari viene percepito come un’iniziativa principalmente economica, più che culturale e sociale. Alcune aziende vi partecipano soprattutto per rispettare le normative ambientali o per rafforzare la propria reputazione, senza coglierne fino in fondo il potenziale trasformativo.
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Esistono poi barriere al cambiamento che spingono le persone a rimanere nella propria zona di comfort, anche energetica, oltre a barriere culturali. Nonostante il modello sia aperto a tutte e tutti, poi, necessita di una percentuale di prosumer, e non sempre è semplice diventare produttori di energia. Molte famiglie, soprattutto quelle in condizioni di povertà energetica, non dispongono di un tetto o di un terreno su cui installare un impianto fotovoltaico e faticano a sostenere i costi iniziali di investimento.
Per superare questa barriera, la Solar Community Info – il “braccio economico” del Centro per le Comunità Solari – sta promuovendo la diffusione di pannelli fotovoltaici da balcone, più economici e facilmente trasportabili, pensati per rendere la produzione di energia accessibile anche alle fasce di reddito più basse.
Dalle comunità alle città solari, verso una rete energetica decentralizzata
La Solar Community Info è una srl che nasce nel 2021 per gestire gli aspetti economici, tecnologici e amministrativi del modello delle comunità solari. Serve a stringere accordi con le aziende per realizzare il fondo di responsabilità sociale d’impresa necessario per sostenere il welfare sociale delle comunità solari.

Negli ultimi anni il lavoro del Centro per le Comunità Solari ha portato alla nascita di un’evoluzione del modello: la Solar Community Info ha infatti avviato la costruzione di vere e proprie “città solari”, reti energetiche che coinvolgono non solo famiglie e cittadini, ma anche amministrazioni pubbliche, attività produttive e imprese. Questo salto di scala prende forma nelle CERTIS – Comunità Energetiche Rinnovabili tra Imprese e Solidali. Si tratta di una integrazione tra il modello delle Comunità Solari e quello delle Comunità energetiche previste dalla normativa nazionale.
Dalle CER, le CERTIS ereditano la struttura tecnica e gli incentivi pubblici per la condivisione di energia rinnovabile; dalle Comunità Solari mantengono invece la visione sociale e partecipativa, che trasforma parte dell’energia condivisa in valore economico e welfare locale. L’obiettivo non è solo praticare l’autoconsumo collettivo ma generare un impatto sociale, economico e reputazionale mettendo al centro l’ecosistema imprenditoriale. La città solare viene costituita attraverso un atto d’indirizzo politico per rendere il Comune una grande comunità energetica e viene ufficializzata con la firma del patto di responsabilità sociale delle aziende davanti alle autorità governative.
L’obiettivo delle comunità e delle città solari non è soltanto condividere energia o generare benefici economici, ma costruire un nuovo modello di società energetica, basato sulla collaborazione e sulla responsabilità reciproca. Una rete decentralizzata di persone, famiglie, imprese e amministrazioni che, insieme, trasformano l’energia in un bene comune e ne fanno strumento di coesione sociale. In questa visione non servono più grandi centrali o multinazionali dell’energia, ma tante piccole comunità interconnesse, capaci di produrre e condividere il proprio surplus per il bene di tutti.
Informazioni chiave
Comunità solari: cosa sono
Un modello nato in Emilia-Romagna che promuove la condivisione dell’energia rinnovabile tra famiglie, imprese e istituzioni locali, generando un impatto ambientale e sociale positivo.
L’energia può diventare welfare
Ogni chilowattora condiviso genera buoni spesa spendibili nei negozi di prossimità. L’incentivo è finanziato da un fondo di responsabilità sociale sostenuto dalle imprese del territorio.
Si parte dalle famiglie, si arriva alle città solari
Il modello cresce di scala: dalle piccole comunità di cittadini alle CERTIS (Comunità Energetiche Rinnovabili tra Imprese e Solidali), che uniscono la dimensione tecnica delle CER alla visione solidale delle comunità solari.
Una transizione energetica dal basso
L’obiettivo è costruire una rete energetica decentralizzata, alimentata da fonti rinnovabili e gestita collettivamente, capace di trasformare l’energia in un bene comune e creare coesione sociale.









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