Lo chef e imprenditore Pino Trimboli: “Quando dire no alla ‘ndrangheta diventa scelta di vita”
Pino Trimboli, un ristoratore calabrese, sfida la ‘ndrangheta con coraggio e senza compromessi. Dice no al pizzo costruendo economia, legalità e comunità.
In breve
Un ristoratore calabrese che ha trasformato la sua scelta di restare in un atto di coraggio e cambiamento collettivo.
- Pino Trimboli, ristoratore di Martone (RC), ha scelto di restare nella sua terra e di dire no alla ‘ndrangheta.
- La sua storia inizia negli anni ’90, quando decide di aprire il ristorante La Collinetta e costruire lavoro e dignità nel territorio.
- Dopo le prime intimidazioni, nel 2007 aderisce alla cooperativa GOEL, rete di imprese etiche impegnate contro la criminalità organizzata.
- Nel 2018 riceve pesanti minacce, ma reagisce denunciando pubblicamente insieme a GOEL e ricevendo la solidarietà della comunità.
- Oggi La Collinetta dà lavoro a 15 persone e promuove una filiera locale onesta e sostenibile.
- Pino ha fondato l’associazione Terra dei Primi, che coinvolge persone con disabilità e fragilità sociali in progetti agricoli e artistici.
- È Ambasciatore della Dieta Mediterranea e promotore di una cultura della legalità fondata su dignità e rete.
- Il suo messaggio: «Il vero coraggio è fare la cosa giusta anche quando è difficile».
Cos’è davvero il coraggio? Spesso lo associamo a gesti eroici, a imprese straordinarie compiute da pochi. Pino Trimboli invece, ristoratore calabrese, ci insegna che il coraggio può nascondersi anche nei gesti quotidiani, nelle scelte silenziose e ferme di chi decide di vivere con dignità, rifiutando il compromesso, anche quando farlo significa rischiare tutto.
La sua è una vita iniziata in salita nel territorio di Martone, a 18 chilometri da Locri, dove secondo tanti è da pazzi fare impresa. Eppure Pino lo fa bene da 27 anni, coinvolgendo un’intera comunità. Le origini contadine e povere hanno fatto di lui un grande lavoratore sin da bambino. Non c’erano molte alternative: il padre era emigrato, bisognava aiutare la famiglia e non fare la fine di molti suoi amici d’infanzia divenuti nel tempo manovalanza della criminalità organizzata.
È un episodio a segnare profondamente la sua adolescenza: il vigneto di famiglia viene distrutto dalla ‘ndrangheta. Per Pino è il segnale che il suo territorio può essere ostile verso chi non si piega. Decide di lasciare la Calabria e gli studi per volare a New York, da sua sorella, con il desiderio di non tornare più. Ma qualcosa lo richiama a casa. Di ritorno per le vacanze estive, si scontra nuovamente con il padre che gli impone di trovarsi un lavoro o una casa – essere impegnati è secondo il padre il giusto antidoto alle “brutte strade” – e si dà alla ristorazione. Un lavoro che gli piace e lo diverte.

È il 1992 e all’indomani della strage di Capaci le parole di Paolo Borsellino risuonano forti in Pino. “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Quella frase lo scuote nel profondo, gli ricorda un episodio vissuto da bambino, quando un suo amico sfidò un boss pur di difendere il banchetto di prodotti tipici della sua famiglia. È proprio in quel momento che Pino capisce che la libertà e la dignità valgono più della paura e che il poter fare le cose nel posto in cui è nato senza che qualcuno gli dia degli ordini è ciò da cui sta scappando.
«Le parole del mio amico erano rimaste dentro di me senza che lo sapessi, ma avevano bisogno di un giusto concime per poter sbocciare. A ispirarmi è stato Paolo Borsellino. Probabilmente mentre ascoltavo le sue parole ho deciso inconsciamente di rimanere», racconta l’imprenditore.
Il rifiuto del pizzo e l’ingresso in GOEL
E in Calabria Pino c’è rimasto per davvero e dal 1998 gestisce il ristorante La Collinetta, che proprio in questi giorni festeggia 27 anni di attività. Tra ristorazione e azienda agricola comincia a dare lavoro a 15 persone, ma presto arriva l’ombra della ‘ndrangheta. All’inizio non con richieste esplicite di denaro, ma con “consigli” su quali fornitori usare, quali prodotti acquistare a buon prezzo, la possibilità di fare dei lavori alla struttura. Tattiche sottili, ma precise.

Pino capisce che anche il silenzio può essere una forma di complicità e che un’eventuale convenienza non è una giustificazione per cedere a queste richieste. È così che nel 2007 decide di aderire alla cooperativa GOEL, un gruppo di imprenditori, professionisti e cittadini che si oppone apertamente alla ‘ndrangheta. Pino prende questa decisione anche pensando al figlio in arrivo – oggi sono quattro –: vuole essere un esempio, non solo a parole.
«Non bastava essere neutrale, serviva schierarsi. Stavo per diventare papà e dentro di me sentivo la necessità di dare un esempio tangibile a mio figlio. Confrontarsi con altri imprenditori, accettare un protocollo etico, un cammino coerente con quello che si crede e si dice mi ha aiutato a percorrere strade ben definite e a crescere. Essere identificato al livello sociale ti toglie dalla lista dei possibili acquirenti, sei meno avvicinabile a meno che tu non sia un esempio scomodo», continua Pino.
Nel frattempo arrivano numerosi premi – La Collinetta è stato insignito del premio La Chiocciola, il prestigioso riconoscimento della guida Osterie d’Italia di Slow Food; Pino è Ambasciatore della Dieta Mediterranea nel mondo – e nel 2018 anche le minacce che si fanno sempre più pesanti. Lettere anonime, scritte intimidatorie, richieste di 50.000 euro. “Se non paghi, sei morto. Ti bruciamo tutto, i figli e l’impresa”. La paura è reale e tanta, Pino non ha antifurti, dorme vestito, pronto a ogni evenienza, ma non cede. Si dimostra tranquillo davanti ai suoi figli e a sua moglie, che non ha mai smesso di sostenerlo, e cerca di condurre le sue giornate come nulla fosse.
Non servono eroi per una normalità che rompe il silenzio, che condanna pubblicamente qualsiasi atto che priva la libertà dell’essere umano
Di comune accordo con GOEL decide di denunciare pubblicamente tutto in una conferenza stampa. Il rischio è alto tra l’isolamento e la perdita di clienti. Invece accade l’opposto: la comunità si stringe intorno a lui e contro la ‘ndrangheta. «A fine gennaio lavoravamo come se fosse agosto. Bambini, scuole, adulti, tutti schierati con noi», racconta. È l’inizio di un cambiamento e non è più solo. Il processo contro i responsabili – in cui il gruppo GOEL è stato ammesso come parte civile, evidenziando la sua missione di offrire supporto e tutela ai propri soci contro soprusi, minacce e ogni forma di violenza – è ancora in corso.
L’importanza della rete per sconfiggere la ‘ndrangheta
L’appoggio della cooperativa GOEL è stato fondamentale. «Affrontare questo percorso da soli è impossibile. La svolta è capire che non sei solo». Pino lo ripete spesso: bisogna unirsi prima, non solo quando si è sotto minaccia. Solo così la cultura della legalità può diventare normalità. Con la sua azienda agricola e il ristorante, Pino coinvolge tutta la comunità, fornitori locali, piccoli produttori, artigiani. L’indotto della sua attività porta benessere a tutto il territorio e adesso non sarebbe più un problema “solo” suo.
“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, scriveva Bertolt Brecht. E come dimostra la storia di Pino non servono eroi per una normalità che rompe il silenzio, che condanna pubblicamente qualsiasi atto che priva la libertà dell’essere umano, che alza la voce se serve, senza avere paura, che si aggrega in modo che ad essere emarginati siano i malviventi e non i bravi cittadini. «La forza di aderire, operare, aiutarsi, creare delle cooperative, dei gruppi dove le Istituzioni non riescono, perché il cambiamento parte da noi cittadini. È questa la vera rivoluzione e serve farlo per noi e per chi viene dopo di noi», sottolinea.

Terra dei Primi: l’impegno sociale
E a proposito di aggregazione: Pino, insieme al cognato e ad altri 7 soci, nel 2022 ha fondato l’associazione Terra dei Primi con l’obiettivo di mettere al primo posto chi di solito viene lasciato indietro. L’associazione infatti ha aperto le porte a persone con disabilità e problematiche sociali, ha donato un defibrillatore alla comunità e formato 10 persone per l’utilizzo. Sono nati anche laboratori, una fattoria sociale, un orto comunitario e diverse attività artistiche. Nella sede dell’associazione, un’ex scuola, vengono svolti laboratori di riciclo, stampa 3D, arte. Vari artisti danno una mano, insieme hanno realizzato il murale “Così comu sì”- Così come sei, di 180 metri quadrati, che celebra la diversità e l’unicità di ogni persona.
«In tanti mi chiedono perché lo faccio. Non tutti hanno la cultura del dare. Ma è proprio questo il punto, serve una cultura nuova, inclusiva, partecipativa», sottolinea Pino. Nella sede dell’associazione c’è una stanza che è seggio elettorale, qui gli artisti hanno realizzato degli affreschi sulla Costituzione italiana, per sensibilizzare a votare con giudizio e coscienza.
Oggi Pino è un simbolo, ma rifiuta l’etichetta dell’eroe. Il suo messaggio è semplice e potente. «Il vero coraggio non è avere poteri straordinari, ma fare la cosa giusta anche quando è difficile. La paura non deve impedirci di agire. La paura più grande dovrebbe essere quella di non dare l’esempio ai nostri figli. Usiamo la paura come trampolino per costruire qualcosa di migliore. Siamo cittadini normali, ma con un potere enorme: quello di cambiare le cose».
Informazioni chiave
Il coraggio quotidiano
Non è fatto di gesti eroici, ma di scelte coerenti e dignitose, anche quando comportano rischi personali e professionali.
La forza della rete
GOEL e la comunità locale dimostrano che l’unione tra cittadini, imprese e associazioni può rompere l’isolamento e proteggere chi si oppone alla criminalità.
Legalità e sviluppo
Creare impresa etica e sostenibile in Calabria è possibile: La Collinetta e Terra dei Primi generano lavoro, inclusione e fiducia nel territorio.
L’esempio che lascia traccia
Ogni gesto coerente ispira altri: il cambiamento nasce quando la normalità diventa resistenza e la paura si trasforma in azione collettiva.










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