Astro, dal CEP per il CEP: quando la pallacanestro è sinonimo di comunità
Nel quartiere CEP di Cagliari la rinascita passa da una palestra: la storia dell’Astro, nata nel 1969, racconta come lo sport abbia costruito comunità. Di Matteo Cardia.
Centro Edilizia Popolare, o come lo conoscono tutti a Cagliari, semplicemente CEP. Un acronimo, diverse etichette stampate addosso sin dagli anni Sessanta, quando la città cresceva e con lei la cosiddetta periferia. I palazzi contraddistinti dal rosso mattone visibili sin dall’asse mediano di scorrimento, le ville a schiera a due piani ben diverse da quelle del confinante Quartiere Europeo.
Ma soprattutto le complessità sociali respirate e vissute dalle generazioni che si sono susseguite e che spesso hanno finito per offuscare chi nel mezzo ha lavorato fino a diventare un punto di riferimento per la comunità. Comunità che oggi, tra via Talete e quella diventata via Don Aldo Matzeu, ha ritrovato la palestra in cui le porte sono rimaste sempre aperte, per tutti. Una casa per tutti, la casa dell’Astro.
L’Astro nascente
Era il 1969 quando don Aldo Matzeu, parroco della parrocchia di Santa Maria del Suffragio, fondò l’Astro. La volontà era quella di portare la pallacanestro al CEP, dopo che nella precedente esperienza sacerdotale a Dolianova la palla a spicchi aveva avuto un discreto successo. Un divertimento inizialmente riservato solo alle bambine. Poi negli anni Ottanta la prima svolta. A Cagliari c’è un maestro di sport, di quelli formati dal CONI, uno che nel suo curriculum ha la partecipazione a un campionato mondiale di pallacanestro, quello di Manila del 1978.

Un uomo che poco tempo prima ha ricevuto la chiamata del presidente della Federazione Pallacanestro isolana, Cenzo Soro, per diventare allenatore del CSM, squadra che aveva dato seguito all’esperienza del più noto BRILL. Don Matzeu scova il modo di contattarlo e di chiedergli una mano nelle attività. Ermanno Iaci non si tira indietro. E il resto è una storia che dura fino a oggi. Perché Ermanno – come tutti lo chiamano – è ancora lì. La prima persona ad arrivare al campo, ad accogliere le famiglie e i bambini con una caramella, un trucco di magia o un cruciverba da completare insieme.
Il volto di una famiglia che il 26 ottobre scorso ha tagliato il nastro dell’inaugurazione del nuovo PalaCep, intitolato a Don Aldo Matzeu, e che con orgoglio mostra a chiunque arrivi in via Talete il frutto dei lavori e della pazienza degli scorsi mesi. «Quando arrivai al CEP – spiega Iaci – le cose erano messe abbastanza male. I problemi erano evidenti, alcune volte il quartiere era anche pericoloso. Don Aldo mi chiese di dare una mano dal punto di vista qualitativo per l’Astro che era già nata, ma con me c’erano anche diversi bambini, tra cui mio figlio, così due anni dopo nacque la Scuola Basket».
La pallacanestro è diventata così quotidianità per tutti, il campo un punto di riferimento per il quartiere
Presenza, fiducia e dialogo
«Cominciammo ad andare avanti con tanto entusiasmo», racconta Ermanno Iaci. «C’erano tanti genitori che aiutavano ed è grazie a questo che si superavano anche i momenti difficili. Ogni tanto abbiamo trovato la porta sfondata, i palloni venivano rubati. Ma alla fine il modo di affrontare questi aspetti era confrontarsi con i ragazzi, che alla fine rimanevano spiazzati di fronte ai miei sì: sì per le mille lire per le sigarette, sì per il pallone per giocare, anzi a volte glielo regalavo pure, così, dicevo loro: “Quando vieni puoi già giocare”. Alla fine, così facendo, si affezionavano. E alla fine siamo diventati tanti». Presenza, fiducia, dialogo. Sono state le basi di un ecosistema che è diventato certezza.
«Il segreto di pulcinella – continua Iaci – è stato quello di essere sempre presente. Dalle tre del pomeriggio, quando aprivo la palestra, fino a volte alle undici e mezza di notte. E poi il saper parlare con le persone, che sono diventate a poco a poco parte del progetto. C’era il genitore che faceva l’idraulico e aggiustava i rubinetti, quello che faceva il muratore e dava una mano dove c’era da dare. Chiamavo loro perché sapevo che avrebbero fatto un lavoro con il cuore, pensando ai loro figli. Un sistema condiviso dal quartiere e dai suoi abitanti che son diventati i nostri primi tifosi».

La pallacanestro è diventata così quotidianità per tutti, il campo un punto di riferimento per il quartiere. Senza dimenticare i risultati sportivi. Anni in C1 nazionale per la Scuola Basket, la scalata fino all’A2 femminile per l’Astro, i successi nelle competizioni giovanili e quei tornei – che continuano ancora oggi – come il Trofeo Segni e il Memorial Wheaton che hanno portato al CEP ragazzi e ragazze da Morbegno, Roma, Firenze, ospitati nelle case dei genitori degli atleti e delle atlete di casa.
Ma i percorsi, si sa, sono fatti di alti e di bassi, e anche di rinascite. La chiusura nel 2018 della palestra di via Talete decisa per inagibilità si è trasformata in un cammino più lungo di quanto previsto. Fino al 2021, quando sono iniziati i lavori di rifacimento di una palestra che grazie agli sforzi della società, del Comune di Cagliari e della diocesi del capoluogo ha visto la creazione di quello che oggi ha ripreso a ospitare allenamenti e partite ed è divenuto un centro sportivo con un campo in parquet, uno esterno, una mini-palestra e un campo da calcetto.
I giovani al centro
Il 2021 è stato però anche l’anno di (ri)nascita dell’Astro come unica società, dalla fusione con l’Accademia Pirates di Sestu. Società che oggi comprende quella che un tempo era anche la Scuola Basket. Settore femminile, maschile, giovanile e due centri di lavoro: non solo più il CEP, ma anche il PalaMellano di Sestu. Tutti sotto lo stesso cielo. Con la volontà di proseguire nel solco tracciato dal proprio maestro di sport.

«Quando abbiamo iniziato con il responsabile marketing Maurizio Laudicinio – racconta Riccardo Fiorelli, cresciuto alla Scuola Basket e oggi presidente dell’Astro – abbiamo ribattezzato il nostro piano “Oratorio 2.0”. L’idea era quella di avere un oratorio moderno, con tutte le attività collaterali allo sport di oggi. Un desiderio che va di pari passo con la volontà di essere competitivi sul lato sportivo». La propria sede a Sestu e il ritorno definitivo al CEP hanno permesso di mettere le basi per nuove iniziative.
«A breve la Fondazione di Sardegna sarà dalla nostra parte per un progetto sociale e sportivo. L’obiettivo è ancora una volta quello di coinvolgere i giovani del CEP a Cagliari e quelli di Sestu nelle nostre attività, senza però dimenticarci degli adulti. La forza delle società passa dal coinvolgimento delle persone, perché ciò significa avere sostegno in tutti i sensi: dal tifo alle sponsorizzazioni».
Cambiano il panorama sportivo, il modo di vivere e giocare la pallacanestro, la composizione sociale di un quartiere che anche oggi chiede risposte per la dignità della propria quotidianità. Ma resta anche l’idea di che le porte aperte di una palestra possano aiutare a costruire qualcosa di diverso. «Lo sport resta uno degli strumenti più potenti per la formazione delle persone, a partire dai più giovani. Ma è anche uno strumento per costruire comunità, per stare insieme. E questo può aiutare tutti, anche chi non è interessato alla pallacanestro. Ermanno ci è riuscito, vogliamo provare a continuare a farlo anche noi».










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