14 Novembre 2025 | Tempo lettura: 6 minuti
Ispirazioni / Il filo del pensiero

Cosa significa crescere: porte che si aprono o diventare parte di un ingranaggio?

Per molti fra i ragazzi e le ragazze che hanno partecipato al laboratorio condotto da Alessia Marchetti dell’associazione Filò, crescere significa più ansia, più lavoro, più preoccupazioni. Ma c’è anche chi scorge nuove porte che si aprono…

Autore: Filò
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Tutti i bambini crescono, meno uno. Sanno subito che crescono, e Wendy lo seppe così. Un giorno, quando aveva tre anni, e stava giocando in giardino, colse un fiore e corse da sua madre. Doveva avere un aspetto delizioso, perchè la signora Darling si mise una mano sul cuore ed esclamò, «Oh, perchè non puoi rimanere sempre così!» Questo fu quanto passò fra di loro circa l’argomento, ma da allora Wendy seppe che avrebbe dovuto crescere. Tu sai questo quando hai due anni. Due anni sono il cominciamento della fine.

J. M. Barrie, Peter and Wendy (1911), trad. it. BUR Rizzoli, 2009.

“Due anni sono il cominciamento della fine”: crescere è un processo difficile e spaventoso, ignoto e misterioso. Forse Peter Pan aveva ragione a non volerlo fare, a non voler rinunciare ai privilegi dell’infanzia. Ma cosa significa davvero crescere? Ne abbiamo parlato con una decina di ragazze e ragazzi tra gli undici e i quattordici anni, quell’età di mezzo nella quale il mondo dell’infanzia inizia ad apparire lontano e ci si affaccia, come sbirciando da uno spioncino, al mondo dell’adultità. Le loro risposte ci restituiscono un ritratto sincero e sorprendente di come i preadolescenti guardano al mondo dei “grandi”. 

crescere

Nella prima parte dell’attività abbiamo chiesto alle ragazze di scegliere una carta del gioco Dixit che, secondo loro, rappresentasse la crescita. Ecco alcune delle risposte.

  • “Ho scelto questa carta dove c’è uno stormo di uccelli che si separa. Alla fine dell’infanzia si perdono molti amici. Quando si diventa adulti rimangono solo i migliori, ma molti si perdono. Come in questa immagine: gli uccelli si disperdono e ognuno va per conto proprio”.
  • “In questa carta si vede un orsetto immerso nel buio, con dentro delle farfalline arancioni. Per me crescere è così: cambi, e magari ti accorgi che con alcune persone non riesci più a stare come prima. Quando eri piccola riuscivi a parlare con tutti, poi crescendo c’è un po’ di imbarazzo e certe amicizie si perdono, ti senti più sola. Crescere per me è tanto così: si cambia e si fa fatica a trovare un modo. Ci si ritrova più soli, ma è anche una buona cosa perché ti permette di creare un nuovo te che magari riesce a essere più te stesso”.
  • “La mia carta mostra un grappolo d’uva con tanti chicchi, ma solo uno ha una faccia. Mi fa pensare a quando si cresce: sembra che tutti diventino uguali, che nessuno sia più speciale”. 
  • “A volte quando finisce l’infanzia in modo un po’ brutale ti sembra un po’ come in questa figura di non avere più nessuno per proteggerti e ti senti a volte in periodi di depressione in cui tu sei appiccicato a una falesia e c’è un mostro che non sembra volerti aiutare”.
  • “Ho scelto una carta con un papà e una bambina: lui la ripara con un ombrello. Mi fa pensare a come da piccoli ci sia sempre qualcuno che ti protegge, mentre da adulti hai più responsabilità e meno tempo libero. La vita cambia e non puoi più fare tutto quello che vuoi”.
  • “Ho scelto questa: è una campana con le spine. Per me significa che non c’è più tutto il tempo di quando si è bambini e bisogna imparare a gestirlo, non si può più fare ciò che si vuole ma si hanno più doveri”.
  • “Ho scelto questa carta con un uomo in un diamante e una collana accanto. Secondo me rappresenta che quando si diventa adulti si comincia ad avere soldi e si ha l’idea di ricchezza, che non si ha veramente quando si è piccoli”
  • “Qua c’è una Medusa che sparge polvere sulla città di notte. Come si vede la medusa se ne sta andando perché quando non si è più un bambino smetti un po’di…., non sogni più, la tua vita diventa seria fatta sola di lavoro e cose del genere”. 
Peter Pan
Peter Pan
James Matthew Barrie, Alessio Boni, Dino Gentili (Regista)
Tutti i bambini diventano adulti…eccetto uno.
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Quasi tutte le risposte parlano di perdita: degli amici, della protezione degli adulti, del tempo libero e della libertà, della leggerezza, dell’immaginazione necessaria a sognare. Crescere appare come un processo che restringe il mondo. E quello che si guadagna? Più responsabilità, più doveri, più serietà, una qualche idea di ricchezza. Tra le righe però si intravede anche una nota positiva: crescere può voler dire diventare più se stessi, anche se questo richiede fatica e solitudine. 

Se facessimo un calcolo utilitaristico dei costi e dei benefici, crescere non sembrerebbe un grande affare. Non stupisce quindi che, alla domanda “Avete voglia di diventare grandi o preferireste tornare bambini?”, la risposta sia stata quasi unanime: “Bambiniiiiii!”. Elisa ci dice: “Ritornerei subito bambina! Prima c’era più spensieratezza e non pensavi ai problemi del mondo e della vita. È più brutto essere grandi, prima non pensavi “ah ma poi devo fare quello”. Io spesso sto in ansia perché devo fare altre cose, cioè mentre sto facendo una cosa non mi diverto perché so che poi ne devo fare altre. Invece quando sei piccolo è più bello perché hai meno cose da fare e sei più tranquillo”. 

Diventare adulti significa forse proprio questo: abbandonare il tempo sospeso e senza fine dell’infanzia – quello che i Greci chiamavano Aion – per entrare nel regno di Kronos, il tempo che scorre e divora tutto, come il ticchettio dell’orologio che perseguita anche Capitan Uncino. È il tempo dell’efficienza, delle scadenze, dei doveri.

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Si potrebbe pensare che questa immagine del mondo adulto sia una visione distorta, segnata dalla paura del cambiamento. Ma forse non lo è. Il mondo che mostriamo – e nel quale anche noi viviamo – spesso appare davvero così: instabile, frenetico, dominato dall’ansia e dal lavoro, dove ciò che conta sembra ridursi al profitto e alla produttività.

È un mondo che corre, divorato da Kronos, e in cui l’idea di “diventare grandi” coincide più con il dover diventare parte di un ingranaggio che con il diventare se stessi. Dovremmo prendere seriamente questa rappresentazione del mondo dell’adultità che fuoriesce dalle parole delle ragazze e dei ragazzi, è una profonda e concreta critica alla nostra società che sarebbe ora di mettere in discussione e ripensare, forse proprio a partire dal recuperare alcune dimensioni dell’infanzia che abbiamo dimenticato.

È in questa direzione che va un’ulteriore possibilità che emerge dalle parole delle ragazze e dei ragazzi. Crescere non è solo perdere, ma anche aprirsi. Antonio, scegliendo la sua carta, ha detto: “Dobbiamo aprire le nostre menti. Qui c’è l’immagine di qualcuno che apre una porta e quella porta è la mente: dobbiamo aprirla per visualizzare meglio il mondo con i nostri occhi”. Forse dovrebbe essere proprio questo il senso profondo del crescere: aprirsi al mondo, ricercare il proprio modo di guardarlo senza smettere di meravigliarsi e di allargare lo sguardo, immaginare nuove possibilità e generare sempre dei nuovi te che ogni volta siano un po’ più te stesso.

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