Con Ruractive due associazioni sarde entrano nella rete europea dedicata all’innovazione rurale
La Sardegna in Europa per praticare innovazione rurale: due associazioni sarde, Absentia e Ru.ra.le, sono state incluse nel progetto Horizon Europe “Ruractive”.
L’associazione Ru.ra.le, promossa da un gruppo direttivo di donne under 35 rientrate nell’Isola dopo anni di studio e lavoro altrove, è stata selezionata insieme ad Absentia di Stintino tra i nuovi additional dynamos – ovvero nuovi soggetto attivi e propositivi – di Ruractive. Si tratta di un progetto europeo finanziato da Horizon Europe e coordinato dall’Università di Bologna e di una scelta che porta la Sardegna dentro una rete che percorre l’Europa rurale. Ruractive punta infatti a costruire ecosistemi locali di innovazione rurale in vari settori come agricoltura, energia, mobilità, cultura, salute.
Entrare nella rete significherà per Ru.ra.le e Absentia accedere, fino al 2027, a formazione, strumenti digitali, workshop, processi di co-creazione e occasioni di scambio con altre comunità rurali europee. Ma, essendo un progetto che mira a coinvolgere la collettività, gli interrogativi non mancano, a partire da cosa significhi “rurale”, quali siano le problematiche comuni in queste aree e soprattutto come sia possibile lavorare per creare e favorire una piena partecipazione, dal basso.

RU.RA.LE e Absentia
Prima le presentazioni. Entrambe le associazioni hanno un focus sull’innovazione sociale. Ru.ra.le – acronimo di Ruoli, Radici, Legami – nasce nel 2020 come un tentativo di costruire una nuova grammatica sociale nei paesi dell’interno. Le sue fondatrici, da emigrate, hanno scelto di rientrare nell’Isola e di dare il proprio contributo per l’attivazione delle aree rurali che abitavano, lavorando tra piazze e campagne, tra cittadini e cittadine, imprese, scuole e istituzioni, costruendo reti collaborative per contrastare isolamento, spopolamento e marginalità. Al centro c’è l’idea che la coesione sociale sia una forma di infrastruttura tanto importante quanto le strade o gli ospedali: senza comunità, nessun territorio può resistere.
L’associazione è frutto di un esperienza precedente, quella ovvero di SardiniaSpopTourism, in cui era presente l’intuizione del turismo non come fine, ma come strumento, che può aiutare, ma solo se resta ancorato alle comunità, ai loro ritmi e alla loro capacità di accogliere senza snaturarsi. Absentia invece è un’organizzazione non profit con sede a Stintino – ve ne abbiamo parlato qui. Lavora sul territorio con uno sguardo internazionale verso le aree remote, rurali e costiere, con l’obiettivo di trasformare le “assenze” in opportunità concrete di sviluppo comunitario.
L’obiettivo di Ruractive diventa creare ponti, smontare gerarchie invisibili
Che cosa significa “rurale” nel 2025?
Oggi rurale non indica più, semplicemente, ciò che non è urbano. In Sardegna – ma non solo – il termine finisce sempre di più col coincidere con il concetto di marginale. Così però ogni storia rischia di essere riscritta da altri: da chi cerca bellezza o da chi cerca emergenza. La retorica bucolica e quella catastrofista si contendono lo stesso scenario, come se un paese potesse essere solo idillio o disfatta. «Dietro i numeri ci sono persone», ricorda però Claudia Licheri di Ru.ra.le. «Dietro le percentuali dello spopolamento, dietro la chiusura di un servizio, ci sono vite che affrontano quotidianamente problemi concreti: la lontananza dagli ospedali, l’assenza di trasporti, la scarsità di opportunità lavorative, l’incertezza di un futuro sempre rimandato».
Ed è proprio dentro queste carenze che nascono esperienze che sfidano la logica del declino: gruppi informali, microimprese, associazioni che inventano modi nuovi di stare. Ogni territorio ha una ferita che non appare nelle statistiche, se da queste ultime è possibile constatare la crescita o la decrescita ad esempio del numero della popolazione, d’altra parte non ci mostra quelle che possono essere le fratture interne, che dividono chi parte, chi resta e chi ritorna. Partire poi non è un diritto distribuito equamente: richiede risorse economiche, reti solide, la possibilità di sbagliare senza pagare un prezzo troppo alto.

Ma nel frattempo la narrazione spesso celebra chi va via, come se partire fosse l’unico modo per realizzarsi; una lente deformante dove chi resta si ritrova svalutato, come se rimanere fosse un gesto di rinuncia. Così si crea una gerarchia silenziosa che in qualche modo frammenta la comunità. Licheri lo riconosce: «Ci hanno insegnato che per valere bisogna partire, studiare, fare sempre di più. Ma poi, quando torni, tutto quel sistema di valori si sgretola. Alla fine ci ritroviamo tutti smarriti».
Il rientro poi, altrettanto spesso romanticizzato, può essere invece un atto di rottura: porta idee, visioni, desideri che possono apparire elementi estranei. «Essendo fra coloro che sono partiti e poi rientrati con idee e progetti, mi sono resa conto che è fondamentale entrare in punta di piedi», dice Licheri. «Ascoltare, comprendere le necessità della comunità abitante e imparare nuovi linguaggi sono fasi necessarie. L’apertura arriva, ma come ogni cosa richiede tempo. E richiede anche l’umiltà di accettare che non tutto può piacere».
Ruractive: quando l’innovazione funziona
Il progetto Ruractive mira all’innovazione delle aree rurali, ma anche in questo caso è necessario fare chiarezza. Co-working, co-living: parole che rischiano di rimanere sospese nell’aria, incapaci di toccare terra. «Il rischio che vengano percepite come fuffa non è un timore: è ciò che accade quando manca relazione», osserva Licheri. «I nomadi digitali ad esempio possono essere una soluzione parziale, perché portare persone da fuori può essere utile. Ma se vivono e lavorano in spazi isolati, senza contatto con chi il paese lo abita ogni giorno, si crea una bolla e se questa non si scoppia non avviene contaminazione e si alimentano le incomprensioni».

L’innovazione per Claudia Licheri nasce quando si osserva il territorio, si ascolta chi lo vive e si costruisce insieme. «In Sardegna abbiamo esempi di realtà innovative come Absentia a Stintino, Treballu a Laconi, Veghu a Bidonì. Esempi di realtà che lavorano con i territori e non sui territori». Le zone rurali non sono quindi un problema da risolvere, sono più luoghi da riconoscere. «Serve una visione strategica», afferma Licheri. «Non possiamo permettere che questi territori vengano abbandonati. Non è solo una questione culturale: è una questione di economia, di sicurezza, di futuro».
In questo quadro, l’obiettivo di Ruractive diventa quindi creare ponti, smontare gerarchie invisibili e anche un po’ restituire dignità a chi vive ogni giorno nei paesi. Le aree rurali hanno bisogno di strade, servizi, connessioni. Ma hanno bisogno, prima ancora, di riconoscimento, in modo che possa esserci un futuro in cui nessuno sia più costretto a scegliere tra partire, restare o scomparire.










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