Viaggi Solidali, quando il turismo responsabile parte dall’incontro
Viaggi Solidali è una cooperativa sociale che usa il turismo responsabile per mettere in relazione viaggiatori e comunità locali. Dai viaggi di istruzione alla quota solidale, fino a Migrantour, il viaggio diventa strumento di incontro e sostegno concreto ai territori.
Un viaggio può essere molte cose: una pausa dalla routine, una lista di luoghi da spuntare, una spesa messa da parte in mesi di lavoro. Può essere anche un modo per misurare la distanza – o la vicinanza – tra la nostra vita e quella delle persone che incontriamo lungo la strada, secondo i principi del turismo responsabile. Viaggi Solidali lavora su quest’ultima possibilità.
Sulla carta è un tour operator che propone viaggi in Italia e nel mondo su partenze prestabilite, viaggi personalizzati e viaggi di istruzione. Nella pratica è una cooperativa sociale nata all’inizio degli anni Duemila dall’esperienza di alcune ONG torinesi di cooperazione internazionale. Fin dall’inizio l’idea è usare il viaggio come strumento di incontro con le comunità locali e di sostegno a progetti sociali, non solo come spostamento da un punto all’altro del pianeta.
Chi parte con Viaggi Solidali si muove in piccoli gruppi, incontra referenti che vivono nei territori visitati, entra in contatto con associazioni, cooperative, iniziative di base. Una parte del costo di ogni viaggio va alla “quota solidale”, che nel tempo ha contribuito a finanziare progetti in diversi paesi. Su Italia che Cambia seguiamo da anni il tema del turismo responsabile, anche ospitando contributi della rete AITR, di cui Viaggi Solidali è socio fondatore. Qui proviamo a raccontare come quell’idea prende forma concreta.

Dalle ONG a un tour operator di turismo responsabile
Viaggi Solidali nasce a Torino all’inizio degli anni Duemila dentro il mondo della cooperazione internazionale. Prima di diventare cooperativa è un circolo del Centro Turistico Acli (CTA) “Volontari per lo Sviluppo”, espressione delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli), dove si incontrano alcune ONG impegnate in progetti in Africa e America Latina.
«Eravamo in contatto con cinque ONG che avevano referenti nei paesi dove si svolgevano i progetti e ci hanno chiesto di provare a costruire dei viaggi a partire da quelle relazioni», racconta Enrico Marletto, oggi presidente della cooperativa e co-fondatore di Viaggi Solidali. L’idea è il turismo d’incontro: stare per qualche giorno “a casa” delle comunità che si vanno a visitare, cercando un equilibrio fra chi paga per viaggiare e chi ospita. Per alcuni anni tutto questo avviene in forma associativa; poi il lavoro cresce e nel 2004 nasce la cooperativa Viaggi Solidali, tour operator a tutti gli effetti ma radicato nella storia della solidarietà internazionale.
Che fine fanno i soldi del viaggio?
Fra gli elementi che distinguono Viaggi Solidali c’è il modo in cui vengono usate le risorse economiche generate dai viaggi. Oltre ai costi vivi – trasporti, pernottamenti, servizi locali – ogni proposta prevede una quota solidale destinata a sostenere associazioni, cooperative e progetti nei territori attraversati. «Per ogni viaggio che organizziamo inseriamo una quota solidale fissa di 70 euro a persona», spiega Maria Teresa Vecchiattini, che in cooperativa segue anche progetti e partenariati. «Non è una percentuale del costo del viaggio, ma un contributo che va direttamente ai progetti scelti insieme ai nostri referenti locali».
In Namibia, per esempio, le quote sostengono Happy-Du, che permette a bambine e bambini di frequentare la scuola e avere almeno un pasto al giorno. Accanto a questo ci sono le ricadute meno visibili: pernottamenti in strutture di gestione locale, pasti presso cooperative e associazioni dell’economia solidale. La quota solidale non è un “extra” per stare a posto con la coscienza, ma uno degli ingranaggi che tengono insieme economia del viaggio, reddito per i fornitori locali e sostegno a iniziative sociali.

Viaggiare a misura di persona
Dietro ogni proposta di Viaggi Solidali non c’è solo una destinazione, ma un modo preciso di costruire il viaggio. I gruppi sono piccoli e i tempi più distesi rispetto ai tour tradizionali: meno tappe, più spazio per fermarsi, ascoltare, tornare negli stessi luoghi invece di accumulare spostamenti. Gli itinerari nascono da punti di partenza diversi: una proposta di collaborazione, l’evoluzione del turismo in una certa area, un progetto sociale che potrebbe diventare tappa di un viaggio. «Quando ragioniamo su una nuova destinazione partiamo sempre da una valutazione di fattibilità», spiega Maria Teresa.
«Ci chiediamo se esistono condizioni minime per fare turismo: trasporti, sicurezza, servizi sanitari. In certi casi ci sono progetti bellissimi ma il contesto rende impossibile pensare a un viaggio organizzato». Dentro questa griglia il ruolo dei referenti locali è decisivo: «Nei nostri viaggi c’è sempre un referente locale, è il nostro punto di riferimento senza il quale difficilmente potremmo organizzare un’esperienza». Se mancano partner sociali, attenzione all’ambiente e possibilità di incontro con realtà locali attive, quel viaggio semplicemente non entra nel catalogo.
Scuole e nuove generazioni
Una parte importante del lavoro di Viaggi Solidali riguarda le scuole. I viaggi di istruzione sono spesso il primo vero spostamento “autonomo” fuori casa per ragazze e ragazzi. La cooperativa prova a trasformare questo momento in qualcosa di diverso dalla gita scolastica classica, costruendo percorsi che tengano insieme esplorazione, incontro con realtà sociali e riflessione su migrazioni, ambiente, diritti.
«Quello che facciamo con i viaggi di istruzione è costruire proposte che tengano fede ai valori del turismo responsabile», racconta Alfredo Di Giovanni, socio della cooperativa che coordina quest’area. «Così come per i viaggi “per adulti”, cerchiamo realtà che possano aiutare a far conoscere davvero le destinazioni anche ai ragazzi». Migrazione, legalità e territorio sono i filoni principali, con itinerari a Lampedusa, in Sicilia e in Piemonte, costruiti insieme a cooperative e organizzazioni che lavorano ogni giorno su questi temi. Dietro alla formula «un’altra gita è possibile» c’è l’idea che anche il viaggio scolastico possa diventare un laboratorio di cittadinanza.

Migrantour: il viaggio che parte da sotto casa
Lo stesso sguardo ritorna quando il viaggio non prevede grandi spostamenti geografici. Una delle intuizioni più interessanti di Viaggi Solidali è stata portare la logica del turismo responsabile dentro le città in cui viviamo. Da qui nasce Migrantour, il progetto di passeggiate interculturali guidate da cittadini e cittadine di origine migrante. «Ogni passeggiata nasce dopo uno studio di fattibilità e un lavoro collettivo di costruzione partecipata», racconta Rosina Chiurazzi Morales, coordinatrice del progetto per Viaggi Solidali. «Noi accompagnatrici e accompagnatori interculturali definiamo tappe e contenuti a partire dalle nostre esperienze personali di migrazione».
Al posto dei monumenti da cartolina entrano in scena mercati rionali, negozi etnici, luoghi di culto, spazi di incontro informali. «Se si ha voglia è bello condividere le proprie esperienze, i propri punti di vista», continua Rosina. Per chi accompagna, Migrantour è anche un modo per ridefinire il proprio posto nella città, sentendosi cittadine e cittadini attivi nella costruzione di una società più inclusiva.
Che cosa resta di un viaggio così
Se metto in fila le storie che Viaggi Solidali mi ha raccontato – le origini nelle ONG, la quota solidale, i viaggi di istruzione, Migrantour – il filo che torna non è tanto l’idea di “salvare il mondo con una vacanza”, ma una domanda più semplice: che cosa ci portiamo a casa da un viaggio fatto così e che cosa resta alle persone che incontriamo. Per chi parte può essere un’immagine, una conversazione, uno spaesamento, una domanda che non si chiude più. Per chi accoglie può essere una piccola entrata economica, una relazione che si rinnova ogni anno, la sensazione di non essere solo sfondo delle vacanze altrui.

In mezzo ci sono le scelte quotidiane di una cooperativa che prova a tenere insieme lavoro, reddito, responsabilità verso i territori con cui collabora. Oggi questo lavoro passa da Torino, da Avigliana, anche da luoghi come Casa Conte Rosso, ma soprattutto dalle persone che costruiscono i viaggi, dai referenti locali, dalle guide di Migrantour, dagli insegnanti che decidono di portare una classe “fuori”. È un’idea di turismo responsabile che tiene insieme i posti dove andiamo e quelli da cui partiamo.










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