Guerra in Sudan, continuano gli attacchi in Darfur del gruppo paramilitare Rsf, 400mila in fuga
La guerra in Sudan non accenna a concludersi. Continuano gli attacchi delle forze Rsf nelle regioni del Darfur tra uccisioni e stupri.

La guerra civile in Sudan continua a non fare notizia, complici anche la parzialità delle informazioni che arrivano con molto ritardo e l’impossibilità per i giornalisti di accedere in quei territori. Eppure continua senza sosta la guerra civile nel Paese che contribuisce ad affondarlo in una delle peggiori crisi umanitarie al mondo.
Dopo Khartum, i paramilitari delle Rsf Forze di supporto rapido, hanno attaccato le regioni occidentali del Darfur, dove controllano già quattro province, assediando la città di Al Fashir e la zona del campo profughi di Zamzam popolata da oltre 500mila persone.
L’attacco avrebbe costretto la popolazione a spostarsi da Zamzam. Circa 300mila persone si sarebbero dirette verso Tawila, a 60 chilometri, controllata dal Movimento di liberazione del Sudan di Abdul Wahid al Nur, 80mila persone ad Al Fashir. Il campo per sfollati di Zamzam sarebbe stato trasformato in una base militare dalle Forze di supporto rapido, che vi hanno dispiegato migliaia di uomini, mezzi blindati e artiglieria pesante. L’ex insediamento umanitario sarebbe utilizzato come punto strategico per lanciare attacchi contro Al Fashir, l’ultima capitale regionale del Darfur ancora sotto il controllo dell’esercito sudanese.
Come vi abbiamo già raccontato, tra carestie, lotte tribali e guerra per le risorse il Paese vive una crisi senza precedenti, da molti osservatori ritenuta fra le più gravi in atto. Oltre alla distruzione totale si contano innumerevoli violenze diffuse sulla popolazione civile, tra uccisioni e stupri.
Secondo Medici Senza Frontiere, donne e ragazze vivono con il rischio costante di subire un’aggressione sessuale nella regione del Darfur. Tra gennaio 2024 e marzo 2025 la ONG ha assistito, solo nel Darfur meridionale, 659 persone sopravvissute a violenze sessuali, di cui il 94% erano donne e il 31% aveva meno di 18 anni. Tra loro, anche bambini con meno di 5 anni.
«Parliamo di aggressioni sessuali spietate, spesso di gruppo. Tutta questa violenza è inaccettabile, deve finire. La violenza sessuale non è una conseguenza naturale o inevitabile della guerra, può costituire un crimine di guerra, una forma di tortura e un crimine contro l’umanità», ha affermato Claire San Filippo, coordinatrice delle emergenze di Msf in Sudan.
L’86% delle 659 persone sopravvissute alle violenze sessuali ha riferito di essere stata stuprata; il 94% delle vittime erano donne e ragazze; il 56% ha indicato come aggressori membri delle forze armate, di polizia o di gruppi armati non statali; il 55% ha subito anche lesione fisiche, oltre alla violenza sessuale; il 34% è stata aggredita mentre lavorava o si spostava nei campi; il 31% aveva meno di 18 anni; il 29% aveva tra i 10 e i 19 anni; il 7% aveva meno di 10 anni e il 2,6% meno di 5 anni.
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