27 Feb 2023

Migranti, tragedia in mare – #677

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Ieri, vicino a Crotone, si è svolta una tragedia in mare, l’ennesima, in cui hanno perso la vita almeno 59 persone migranti. Parliamo anche del piano di pace cinese, e delle manifestazioni per la pace, in occasione dell’inizio del conflitto, delle primarie del Pd con la vittoria di Elly Schlein, delle elezioni in Nigeria, della Cassazione che ha confermato il 41 bis per Alfredo Cospito e infine della morte di Maurizio Costanzo e Curzio Maltese.

C’è stata un’altra, ennesima, tragedia in mare, nella mattina di ieri. E credo sia doveroso partire da lì. Partiamo dai fatti, come al solito. Parto da un articolo del Sole 24 Ore, che tuttavia è in continuo aggiornamento. 

“Uno dei tanti viaggi della speranza si è trasformato in una nuova tragedia del mare. Mentre le operazioni di ricerca proseguono, le vittime accertate nel naufragio di fronte a Cutro in Calabria, in provincia di Crotone, sono 59: tra questi 14 bambini, 21 donne e 26 uomini. Ci sarebbero anche altri 20-30 dispersi. I superstiti sono 81 (per la maggior parte afgani), 22 di loro di loro sono stati portati nel pronto soccorso dell’ospedale di Crotone: la metà sono minori. Gli altri saranno trasferiti al Cara di Isola Capo Rizzuto. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è volato a Crotone e ha fissato un incontro in Prefettura per fare il punto sulle operazioni di salvataggio e sull’assistenza ai migranti superstiti.

Vi tralascio le parti con le descrizioni dei corpi dei bambini recuperati, su cui si sofferma l’articolo del Sole e proseguo più avanti: “I migranti erano ammassati su caicco, un grosso barcone di legno, che non ha retto alla forza del mare, particolarmente mosso, e si è spaccato a pochi metri dalla costa calabrese. I soccorritori non hanno ancora un numero attendibile delle persone a bordo: secondo alcuni superstiti sarebbero stati circa 140 o 150 (in altri articoli si legge invece 250). Un accertamento reso difficile dal fatto che non parlano neanche inglese. Le vittime provenivano da Iraq, Pakistan, Somalia ed erano partito tre o quattro giorni fa da Izmir, seguendo la “rotta turca”. A far scattare i soccorsi è stata una telefonata giunta verso le 4 al reparto operativo aeronavale della Guardia di finanzia di Vibo Valentia. Nella telefonata non sono state fornite notizie dell’incidente a causa di un inglese poco comprensibile di colui che ha chiamato.

Piangono senza parlare, avvolti in un dolore terribile e muto, i migranti superstiti del naufragio a Cutro che sono stati portati nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto. Hanno tolto i vestiti bagnati e sono avvolti da coperte, riuniti, con lo sguardo fisso nel vuoto, in una delle sale del centro di accoglienza, accomunati dal dolore e dalla disperazione. Intanto è stata sottoposta a fermo dai carabinieri e dalla guardia di finanza la persona sulla quale erano in corso accertamenti perché sospettato di essere lo scafista del barcone naufragato a Cutro. Si tratta di un cittadino turco la cui posizione è ora al vaglio della magistratura. Secondo quanto si è appreso, tra i relitti sarebbe stato trovato anche il documento di un altro soggetto che al momento non è stato rintracciato e che potrebbe essere fuggito o figurare tra i dispersi o le vittime.

Per l’Unicef sono oltre 25.800 dal 2014 a oggi i morti e dispersi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, oltre 120 casi accertati solo nel 2023, tra cui molti bambini, «ma resta una stima al ribasso che considera soltanto i casi segnalati o di corpi ritrovati».

Nella lettura dell’articolo ho saltato volutamente le parti più tragiche e dolorose. Non perché le abbia trovate fuoriluogo, in questo caso, ma perché non volevo gettarvele addosso. Se però vi sentite abbastanza centrati da reggere il colpo, trovate la versione completa dell’articolo sotto FONTI E ARTICOLI.

Lo stesso articolo riporta le varie dichiarazioni, con le accuse che sono partite immediate. Diversi esponenti dell’opposizione hanno accusato il governo di giocare sulla pelle delle persone, per via della legge anti ong da poco varata, il governo a sua volta ha attaccato l’Europa e detto che si devono bloccare le partenze, ma qui davvero non vorrei entrare in questo dibattito così sterile. Non so se la legge anti-ong c’entri o meno con questo caso specifico, non so se il governo ha delle responsabilità e quali, credo che lo capiremo meglio nei prossimi giorni, non ho nemmeno considerazioni profonde o originali da fare. Solo un briciolo di dolore che mi galleggia dentro.

Venerdì è stato il primo anniversario, e speriamo anche l’ultimo, della guerra in Ucraina, e quindi molti giornali hanno approfittato per fare il punto, o trovare dei tagli originali per raccontare il conflitto. Vi lascio qualcosa sotto FONTI E ARTICOLI, in particolare vi segnalo due interessanti interventi di due grandissimi filosofi, due veri e propri mostri sacri, come Edgar Morin e Jurgen Habermas. Nel frattempo però sono successe anche diverse cose di cui credo sia importante che vi dica almeno due parole. La Cina ha presentato il suo piano di pace, le Nazioni Unite hanno di nuovo votato il ritiro delle truppe russe, in Germania c’è stata una grossa manifestazione per la pace.

Partiamo con il piano cinese. In occasione dell’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina il governo cinese ha diffuso questo piano in 12 punti di cui si parlava da tempo. Non ve li sto qui ad elencare e riassumere tutti, ma trovate sotto fonti e articoli la versione completa, in un articolo di Agi. 

Diciamo che in generale si va da una serie di moniti velati alle due parti, tipo il punto 1 è rispettare la sovranità di tutti i paesi (riferito ovviamente alla Russia), mentre il 10 è evitare sanzioni unilaterali, che non passino attraverso le Nazioni unite (e qui la tirata di orecchie è a Usa e Europa), a alcune richieste bipartisan, tipo abbandonare la mentalità da guerra fredda (punto 2), o cessare il fuoco e smettere di combattere (3) e avviare colloqui di pace (4), fino a richieste più generali tese a salvaguardare la sicurezza globale (garantire sicurezza delle centrali nucleari, evitare a tutti i costi escalation nucleare, garantire la stabilità delle filiere industriali e di approvvigionamento) o quella di categorie a rischio (Risolvere la crisi umanitaria, Protezione dei civili e dei prigionieri di guerra, Garantire l’esportazione di grano, promuovere la ricostruzione post-bellica).

Il piano cinese è stato accolto con una certa sufficienza in Occidente, quando non direttamente con ostilità. Un articolo del Guardian parla di accoglienza fredda da parte dei governi occidentali e riporta alcune dichiarazioni, come quella del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, che ha detto: “La Cina non ha molta credibilità perché non è stata in grado di condannare l’invasione illegale dell’Ucraina”, o di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che ha affermato che la Cina si è già “schierata” nel conflitto.

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto: “Putin lo sta applaudendo, quindi come potrebbe essere buono? Non ho visto nulla nel piano che indichi che ci sia qualcosa di vantaggioso per chiunque, a parte la Russia, se il piano cinese fosse seguito”. Il governo russo dal canto suo ha affidato la risposta alla portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova, che in un comunicato ha affermato: “Apprezziamo il sincero desiderio dei nostri amici cinesi di contribuire a risolvere il conflitto in Ucraina con mezzi pacifici… Condividiamo le opinioni di Pechino”.

Ultima reazione che vi leggo, forse la più sorprendente, è stata quella del premier ucraino Zelensky, che ha accolto, pur con una certa cautela, il piano di pace della Cina per porre fine all’invasione russa dell’Ucraina, ma ha affermato che sarebbe accettabile solo se portasse Vladimir Putin a ritirare le sue truppe da tutti i territori ucraini occupati.

Ora, veniamo al nostro commento. Il piano in sé è… a mio modo di vedere di buon senso, anche se non aggiunge molto a quello che la Cina aveva ripetuto più volte fin qui. Però non mi sembra così sfacciatamente filorusso come lo stanno rappresentando alle nostre latitudini. 

Detto ciò, è ovvio che a questi livelli un piano di pace proposto da una superpotenza mondiale, non è mai solo un piano di pace che va preso alla lettera. Anzi, il contenuto del piano non è nemmeno così importante, al momento. La Cina ha pubblicato questo piano soprattutto per posizionarsi, verso l’interno e verso l’esterno, come potenza di pace, non tanto verso Stati Uniti ed Europa, che sono più direttamente coinvolte nel conflitto, ma verso tutto il resto del mondo, che sono la stragrande maggioranza degli abitanti della terra.

A tal proposito, come anticipavo all’inizio è stata approvata una nuova risoluzione Onu proposta da 75 Paesi tra cui l’Italia, in cui si chiede il ritiro immediato, completo e incondizionato di tutte le forze sul campo”.

È stata approvata con la stessa maggioranza (141 voti favorevoli) della prima condanna dell’invasione russa nel marzo 2022. Sono stati solo 7 (Russia, Bielorussia, Siria, Corea del Nord, Eritrea, Mali e Nicaragua) i voti contrari. In quell’occasione la Cina si è astenuta, insieme ad altri 31 Paesi tra cui India, Iran, Cuba, Armenia, Kazakistan, Uzbekistan e molti Stati africani, dal Congo all’Uganda.

Ad ogni modo, il voto quasi plebiscitario delle Nazioni Unite potrebbe essere fuorviante nel mostrare una comunità internazionale che condanna unanimemente l’invasione russa. la situazione sembrerebbe più complessa, com spiega Liz Sly sul Washington Post:

“Il conflitto ha messo in luce una profonda frattura globale e i limiti dell’influenza degli Stati Uniti su un ordine mondiale in rapida evoluzione. Le prove che lo sforzo di isolare Putin è fallito abbondano, e non solo tra gli alleati russi che si pensava avrebbero appoggiato Mosca, come la Cina e l’Iran.

La scorsa settimana l’India ha annunciato che il suo commercio con la Russia è cresciuto del 400% dopo l’invasione. Nelle ultime sei settimane, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov è stato accolto in nove Paesi dell’Africa e del Medio Oriente, tra cui il Sudafrica, il cui ministro degli Esteri, Naledi Pandor, ha salutato il loro incontro come “meraviglioso” e ha definito Sudafrica e Russia “amici”.

Venerdì, un anno dopo l’inizio dell’invasione, la marina sudafricana sarà impegnata in esercitazioni militari con la Russia e la Cina nell’Oceano Indiano, inviando un potente segnale di solidarietà in un momento in cui gli Stati Uniti speravano di poter offrire un’opportunità per rinvigorire le condanne della Russia a livello mondiale”.

Nel fine settimana, proprio in occasione dell’anniversario del conflitto, ci sono state molte manifestazioni per la pace in giro per l’Europa, organizzate dalla rete Europe for Peace. In Italia le piazze più gremite sono state quelle di Firenze e Roma, ma c’è una storia che viene da Berlino e che vi voglio raccontare. 

La premessa è che la notte fra il 23 e il 24 febbraio un carro armato russo T-72 distrutto in Ucraina è stato posto davanti all’ambasciata della Russia a Berlino. Il sito dell’Ansa la definisce una “installazione artistica” in solidarietà con Kiev, ma per essere un gesto di solidarietà il risultato è abbastanza macabro. 

Si tratta di un carro armato che era stato distrutto a marzo da una mina anticarro, nella battaglia per la capitale ucraina, vicino a Bucha. L’installazione è opera del direttore di museo e giornalista Enno Lenze e dello scrittore ed editore Wieland Giebel. Sul carro armato era stata apposta una bandiera ucraina. Come riporta Ntv, l’autorizzazione per sistemare il mezzo era stata chiesta già mesi fa, ma è stata a lungo negata dalle autorità berlinesi. I promotori dell’iniziativa hanno però fatto diversi ricorsi. 

Comunque, diciamo che piazzare un carro armato russo distrutto in ucraina davanti all’ambasciata russa, con l’autorizzazione del comune di Berlino, non è esattamente un gesto che invita alla pacificazione. Ecco, di fronte a questo gesto, i manifestanti per la pace, numerosissimi, di Berlino hanno riempito il carro armato di fiori, in particolare di rose rosse. Un gesto che ho trovato molto evocativo e di apertura. Vale quel che vale, ma non era scontato. 

Veniamo a due aggiornamenti rapidi, sono entrambe cose di cui parleremo meglio domani. La prima è che ieri si è votato per le primarie del partito democratico. I risultati ufficiali sono arrivati attorno alla mezzanotte, quando dal Nazareno è stata annunciata la vittoria, abbastanza contro le aspettative, di Elly Schlein. Contro le aspettative perché il risultato ha ribaltato il voto degli iscritti al partito, avvenuto nelle due settimane precedenti e che vedeva Bonaccini avanti persino di 18 punti percentuali.

Ha votato circa un milione e 200mila persone, l’obiettivo minimo era il milione, l’obiettivo del Pd, al di là di chi avrebbe vinto. Un buon risultato quindi, pur lontano dai 3,5 milioni del debutto che elesse Walter Veltroni e dal 1,6 milioni del 2019 per l’elezione di Nicola Zingaretti. La prima dichiarazione di Schlein è stata rivolta al governo. Ha detto: “Saremo un bel problema per il governo di Giorgia Meloni. Da oggi noi daremo un contributo a organizzare l’opposizione in Parlamento e in tutto il Paese a difesa dei poveri che il governo colpisce e non vuole vedere”.

Breve aggiornamento sulle elezioni in Nigeria. Ancora non c’è un dato certo sul vincitore, per cui ne parliamo meglio nella puntata di domani visto che il vincitore dovrebbe essere annunciato oggi. Comunque ci sono stati un po’ di episodi di violenza durante le votazioni, mentre subito dopo Atiku Abubakar, candidato del Partito Democratico del Popolo, il principale partito di opposizione ha dichiarato di essere in testa e ha chiesto al Presidente nazionale della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente di dare istruzioni affinché siano caricati immediatamente i risultati delle unità elettorali sul server. Evidentemente teme che possano esserci dei brogli.

Comunque, non è semplice determinare il vincitore delle elezioni nigeriane perché per vincere non basta sconfiggere gli altri ma bisogna raggiungere il 25% delle preferenze in almeno 24 Stati su 36 (la Nigeria è uno stato federale).

Brevissimamente, segnalo anche che venerdì 24 febbraio la Corte di Cassazione si è espressa sul caso Cospito, confermando il regoime di carcere duro 41 bis per l’anarchico detenuto nel reparto penitenziario dell’ospedale San Paolo di Milano, dove era stato stato trasferito dal carcere di Opera, per motivi di salute.

Da quando ha saputo del verdetto dei giudici,  Cospito, secondo quanto apprende l’AGI, “rifiuta il potassio e altri farmaci”, tenendo fede a quanto promesso nei giorni scorsi nel caso di una decisione sfavorevole della Suprema Corte. La sentenza è stata seguita da una serie di violente proteste di matrice anarchica, mentre l’avvocato di Cospito l’ha definita “una condanna a morte”.

L’altra notizia che ha tenuto banco sui giornali nel fine settimana è la morte, all’età di 84 anni, di Maurizio Costanzo, uno dei più noti conduttori televisivi e giornalisti italiani, con quasi cinquant’anni di carriera in Rai e in Mediaset, colui che ha portato in Italia il format dei talk show con il Maurizio Costanzo Show. 

Diversi giornali hanno dedicato pagine e pagine alla carriera e ai funerali di Costanzo. In particolare, ho notato che due episodi della sua vita sono stati quelli più spesso citati: l’attentato mafioso a cui è scampato e la partecipazione alla loggia P2. Così il Post: “Molte puntate del Maurizio Costanzo Show furono dedicate alla lotta alla mafia, e per quel suo impegno il 14 maggio 1993 Costanzo fu vittima di un attentato da parte di Cosa Nostra: una Fiat Uno imbottita di novanta chilogrammi di tritolo esplose mentre Costanzo e la moglie Maria De Filippi passavano in macchina in via Fauro, a Roma. L’attentato non provocò vittime, ma ci furono ventiquattro feriti fra cui l’autista e una delle guardie del corpo di Costanzo.

Nel 1981 Costanzo fu inoltre coinvolto nello scandalo della P2, una loggia massonica segreta a cui appartenevano personalità di ogni tipo e molto influenti, fondata dall’imprenditore Licio Gelli con intenti eversivi. Quando il suo nome venne trovato nella lista degli aderenti alla loggia massonica, inizialmente Costanzo disse di essere stato iscritto a sua insaputa. Lo ammise nel giugno del 1981 in un’intervista a Giampaolo Pansa su Repubblica, in cui disse di aver commesso una leggerezza”.

Con meno clamore se n’è andato anche un altro grande giornalista, una firma storica di Repubblica, andatosene due anni fa in polemica con l’editore: Curzio Maltese, a soli 63 anni.

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