12 Lug 2017

Vaccini, la lettera aperta di un medico: “I pazienti vanno ascoltati”

Scritto da: Chiara Mussi

“Ascoltare i pazienti è uno dei compiti del medico. I medici sono gli esperti della salute, ma i pazienti sono coloro che ricevono i trattamenti che i medici somministrano, per tanto hanno tutto il diritto di chiedere, mettere in discussione e soprattutto scegliere”. Pubblichiamo la lettera aperta di Chiara Mussi, medico chirurgo, che esprime le sue considerazioni sul decreto vaccini, la libertà di scelta e l'importanza della condivisione tra medico e paziente.

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Quando ho iniziato a lavorare in ospedale, come studente, la maggior parte dei miei mentori mi insegnarono una regola molto importante: ascoltare i pazienti.

 

Su questa base, vorrei invitare ad una riflessione i medici e tutti i cittadini sul decreto legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale. Tra le premesse alla riflessione vorrei ricordare alcuni punti.

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Nella pratica clinica, i trattamenti sanitari obbligatori (TSO), vengono raramente utilizzati e riservati a situazioni di emergenza e soggetti incapaci di intendere e volere. Caratteristiche che non vedo applicabili ai genitori di neonati sani.

 

La medicina moderna , è andata sempre più verso la condivisione tra medico e paziente delle scelte terapeutiche. L’alleanza terapeutica che si crea tra chi cura e chi è curato, aumenta la compliance del paziente e porta a migliori risultati.

 

Il consenso informato è nato a garanzia del paziente e rappresenta una tutela importantissima per il cittadino, alla quale una società civile non dovrebbe rinunciare.

 

La nostra Costituzione e numerosi altre leggi e convenzioni nazionali ed internazionali, riconoscono l’inalienabilità del corpo umano, tutelano la salute del singolo cittadino, anche nei confronti degli obiettivi di salute pubblica e limitano fortemente l’utilizzo di trattamenti sanitari obbligatori.

 

A fronte di queste premesse mi chiedo se sia invece lecito che la classe medica si ponga così al di sopra del cittadino. Con questo approccio, gli “esperti” decidono che cosa rappresenta il meglio per i singoli e per la collettività, ma non sono tenuti a convincerli, possono imporre multipli trattamenti, anche in assenza di malattia, di emergenza, di incapacità di intendere e di volere.

 

Con questo approccio, i genitori, ma direi in generale i pazienti, non contano più nulla. Sono assimilati ad interdetti mentali, poiché evidentemente ritenuti tali.

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Ho ascoltato in questi giorni i racconti di molti genitori. Non mi sono per nulla infastidita nel vedere mamme che hanno fatto ricerche bibliografiche su internet, degne di uno studente universitario. Anzi mi sono commossa. Mi sono ricordata di quello che diceva Sant’Agostino: “solo chi ama conosce”. Mi sono ricordata dei miei grandi professori che mi hanno più volte suggerito, quando non capivo le complicazioni e la patologia di un paziente, di ascoltarlo, di visitarlo ancora, di sedermi al suo fianco a pensare e ripensare.

 

Tra le migliaia di persone che hanno manifestato in questi giorni contro il decreto, nel silenzio assordante dei media e nell’indifferenza generale, ci sono moltissime famiglie che hanno figli con qualche disabilità in casa, che loro ritengono essere il risultato di un danno da vaccino. Far finta che queste persone non esistano, censurarne la voce, multarle, deriderle, non ha nulla né di etico né di scientifico.

 

Queste malattie, richiedono un focus da parte della comunità scientifica, che analizzi nel dettaglio cosa è capitato nel singolo soggetto e nella collettività. Questo focus può essere solo positivo, poiché darà chiarezza e conoscenza. Non è sufficiente laconicamente affermare che non sappiamo cosa è successo.

 

Queste famiglie necessitano inoltre di un’attenzione umana e sociale, da parte dei medici, delle istituzioni e della comunità. L’indifferenza non fa che aumentare la rabbia.  A questo proposito ho sempre avuto grande ammirazione e rispetto per le associazioni pazienti e per i patient advocacy groups. Credo che diano un contributo fondamentale alla medicina e siano da incoraggiare, non scoraggiare.

 

Ascoltare i pazienti è uno dei compiti del medico. I medici sono gli esperti della salute, ma i pazienti sono coloro che ricevono i trattamenti che i medici somministrano, per tanto hanno tutto il diritto di chiedere, mettere in discussione e soprattutto scegliere.

 

Il dibattito scientifico sui vaccini è complesso, così come lo è il nostro sistema immunitario ed il corpo umano. Il dottor Berrino ha paragonato questo decreto ad una tortura di un sistema totalitario, in cui si ripetono slogan che rappresentano un’enorme semplificazione della realtà e si minacciano coloro ancora non del tutto persuasi del lavaggio del cervello a cui vengono sottoposti.

 

Spero che in questa confusione, che ha creato una vera frattura sociale, si possa riprendere un vero dibattito scientifico, che è quello che appassiona e libera la mente. Poiché la medicina deve andare avanti e non si deve mai accontentare dei risultati raggiunti. Spero soprattutto che si possa ridare serenità alle famiglie, che si sentono private del diritto all’informazione e alla scelta.

 

Per quanto riguarda il diritto alla scelta, continuo a riflettere sul fatto che ogni nostra decisione influenza gli altri, da quando prendiamo la macchina al mattino per andare al lavoro, inquinando l’aria che è di tutti, a quando saliamo in metropolitana col mal di gola, esponendo altri al contagio. Per quanto riguarda i vaccini, questa riflessione dovrebbe tener conto di tutta la popolazione, non solo di quella pediatrica.

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Dal punto di vista tecnico, va invece ricordato che questo tema riguarda solo quelle malattie per le quali il vaccino dovrebbe produrre un effetto gregge (no tetano, pertosse, improbabile per meningite, etc) e questo effetto gregge dovrebbe essere scientificamente dimostrato e non solo desiderato. Dal punto di vista giuridico, il diritto dei pazienti che vorrebbero vaccinarsi ma non possono e la cui salute in qualche modo potrebbe dipendere dalla vaccinazioni di altri, si contrappone a quello di chi non vuole essere vaccinato perché teme complicazioni da vaccino o per altre ragioni. Dal mio punto di vista, questi diritti hanno pari dignità e credo che debba essere lasciata libertà di scelta, come per tutti i trattamenti che riguardano il nostro corpo e la nostra salute. In ogni caso, questo è sicuramente un complesso tema di riflessione, che necessita di approfondimenti giuridici e non di frettolosi provvedimenti.

 

In generale penso che sia questa la differenza tra una tirannia e la democrazia. Nella democrazia i singoli hanno diritto a contribuire liberamente al raggiungimento del proprio bene e del bene pubblico. Nei regimi totalitari il bene pubblico è conosciuto da pochi, che lo impongono ai cittadini, che non sono più visti come protagonisti, ma come sudditi, da comandare, poiché incapaci di riconoscere la giusta strada da percorrere.

 

Con tutti i limiti della democrazia e pur conscia che la verità non è democratica, continuo a ritenere il sistema democratico il meno peggiore che l’uomo possa produrre. 

 

Infine, vorrei invitare tutti, anche coloro che non hanno figli ad immedesimarsi nella situazione. Provate ad immaginare se foste voi a ricevere una lettera, in cui gli esperti hanno deciso che dovete sottoporvi, per garantire la vostra salute e quella pubblica, a 12 (+X) vaccinazioni (decise ad hoc dai tecnici, adeguate ai vostri rischi e alla vostra fascia d’età) . Pena non poter andare più al lavoro. Per quest’anno. L’anno prossimo potrebbero essere di più, a seconda dei nuovi preparati a disposizione. Il numero verrà deciso da una commissioni di esperti e vi verrà comunicato. Ma dovete farle tutte e, altrimenti in ufficio non si entra. E si paga anche una multa. Così e basta.

 

È questo il modo con cui vorreste che venga trattato il tema della vostra salute e del benessere della comunità? Questa lettera non è fantasia. È la realtà che stanno vivendo in questi giorni migliaia di famiglie. È così che i medici vogliono far valere le loro buone ragioni? È questo il futuro del rapporto medico paziente?

 

 

 

 

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