17 Dic 2020

PIAM Asti: le migrazioni diventano un’opportunità per il territorio – Io Faccio Così #311

Scritto da: Paolo Cignini

PIAM è una onlus di Asti, nata nel 2000, che rappresenta un modello replicabile per una vera integrazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Specializzata nell’assistenza e nel sostegno alle donne vittime di tratta, nel corso degli anni ha sviluppato una competenza professionale anche sul tema dell’accoglienza, creando progetti virtuosi che uniscono diverse persone, italiane e non, per trasformare la vulnerabilità in opportunità. Tutto all’insegna dello sviluppo locale, promuovendo modelli di ospitalità e di integrazione sostenibili, realmente utili anche al territorio che ospita. Perché, tra tutti i diritti, valga anche quello di continuare a sognare.

Salva nei preferiti

Asti - Se c’è un tema che spesso viene trattato in maniera fortemente stereotipata e dove è necessario ribaltare l’immaginario, come sottolinea nel video di ieri il nostro Daniel Tarozzi, quello è l’immigrazione. L’ho sempre pensato, prima del mio incontro con Alberto Mossino, fondatore di Piam Onlus, la realtà che vi raccontiamo oggi, e dopo il nostro incontro con lui si rafforza la mia convinzione di quanto sia stereotipata la percezione che abbiamo di questo tema.

Arrivo ad Asti dopo una serie di incontri che ci hanno portato a scoprire nuove bellissime realtà piemontesi. Alberto mi riceve nel suo studio e capisco subito che sarà un’intervista un po’ diversa dalle solite: non è amante dei formalismi, più che da domande specifiche preferisce farsi guidare dal suo flusso e dalla sua esperienza pluriennale in questo settore ed è allergico alle etichette che attanagliano il tema delle migrazioni.

«La realtà è che noi siamo abituati a rapportarci a questo tema pensando ai grandi numeri e a termini come integrazione e assistenza. La filosofia di Piam è diversa: noi affrontiamo la cosiddetta emergenza trasformandola in opportunità, personale e territoriale. Ci piace pensare all’accoglienza in termini di sviluppo locale e di prossimità, creando le condizioni affinché chi necessita di aiuto possa diventare una risorsa per il territorio e che, tramite ciò, possa riscattarsi come essere umano». Cosa significhi in termini pratici ve lo spieghiamo tra poco, anche grazie al video qui sotto.


Piam sta per Progetto Integrazione Accoglienza Migranti. È nata nel 2000, ma già dagli anni Novanta Alberto mi spiega di essere sensibile a questo tema, essendo stato uno dei fondatori del Coordinamento Migranti Astigiano insieme ad altri amici ed avendo anche lavorato a lungo nelle periferie. È composta da operatori sociali italiani e migranti. Fin dalla sua nascita si occupa di donne e immigrazione, con particolare attenzione alle vittime di tratta e sfruttamento. Dal 2011 ha avviato anche progetti di accoglienza e integrazione per richiedenti asilo, profughi e rifugiati.
Oggi Piam da accoglienza a circa centosettanta persone distribuite in vari comuni dell’astigiano. 

Prima dell’accoglienza Piam è diventata un punto di riferimento nella tutela delle ragazze vittime di tratta, battendosi per contrastare questo fenomeno e per cercare di garantire alle vittime un futuro migliore. Per mantenere questo auspicio, PIAM è stata tra la prime realtà a creare una Casa di Accoglienza per donne vittime di tratta, iniziando con donne nigeriane e ampliando nel corso degli anni il proprio raggio di azione, finendo anche direttamente in Nigeria per comprendere e contrastare il fenomeno alla radice.

Alcune delle donne che furono vittime di questo raccapricciante fenomeno oggi lavorano insieme a Piam (guardate questo bellissimo mini-documentario del Guardian, a riguardo) e aiutano le attuali vittime direttamente con le Unità di Strada, che permettono di sviluppare un rapporto di fiducia e collaborazione con le donne coinvolte nel fenomeno.

Oggi Piam fa parte della Rete Antitratta Nazionale ed è diventata un osservatorio privilegiato del fenomeno, sia in termini di analisi del problema che in termini di proposte concrete per cercare di arginarlo.
Con l’arrivo dei primi grandi sbarchi di richiedenti asilo nel nostro Paese, PIAM ha poi ampliato il proprio raggio di azione iniziando ad occuparsi anche di accoglienza. 

Per me si tratta di un modello che si sposa perfettamente con quello proposto da Italia che Cambia: non fermarsi e arrendersi di fronte al problema ma cercare, pro-attivamente, delle proposte concrete per trasformarlo in opportunità, creando di fatto una nuova narrazione auspicabilmente replicabile.

«Qui ad Asti esisteva un ex seminario degli Oblati di San Giuseppe, chiamato Villa Quaglina, che è stato progressivamente abbandonato negli anni. Noi lo abbiamo recuperato e rimesso in funzione, dando vita al progetto agricolo “I campi di Villa Quaglina” e contribuendo a renderlo la sede dell’Associazione Alzheimer di Asti, dove facciamo anche Interventi Assistiti con gli Animali», ci spiega Alberto.

Tutto ha inizio nel Maggio 2014, quando ad Asti arrivano circa sessanta rifugiati, sbarcati precedentemente a Pozzallo. Piam viene coinvolta nella gestione dell’emergenza, perché le strutture non potevano ospitare i nuovi arrivati: erano già sature. Scartata l’ipotesi della tendopoli in città («bisogna garantire una dignità a tutti, sia ai nuovi arrivati che a noi come comunità accogliente, e quella non era affatto la soluzione che andava in questa direzione» ci tiene a sottolineare Alberto), gli Oblati danno la disponibilità per adibire Villa Quaglina a sede per accogliere queste persone.

Insieme ai siriani e agli eritrei appena arrivati, con la collaborazione della Protezione Civile e naturalmente di Piam, Villa Quaglina viene così adibita a centro di accoglienza. «Ma a partire da lì, non ce ne siamo più andati – racconta Alberto – perché oltre ad aver recuperato tutta la struttura, insieme ai rifugiati, abbiamo recuperato tutti i sei ettari di terreno adiacenti alla Villa, recuperando un antico vigneto abbandonato. Dal vigneto produciamo vino e abbiamo fondato appunto l’azienda agricola “I campi di Villa Quaglina”, che realizza diversi prodotti a partire dal recupero del rarissimo mais piemontese Ottofile, che quasi nessuno coltivava più, e alla coltivazione di circa sedici quintali di grano antico Verna e di grano saraceno, che sono molto apprezzati ed utilizzati da diversi chef». 

Si realizza così uno dei punti cardini dell’accoglienza di Piam: “Promuovere modelli di ospitalità e integrazione sostenibili, con l’intento allo stesso tempo di garantire un futuro migliore per le persone accolte e di promuovere in modo attivo lo sviluppo locale del territorio ospitante”.
Come vedrete nel video qui sopra, e nell’intervista integrale che trovate qui sotto, questa modalità operativa di Piam ha dato vita a moltissime iniziative che hanno coinvolto i bambini (anche italiani), sviluppando progetti di educazione all’aperto, gli anziani e gli animali.

Tutti questi progetti hanno dimostrato come la cosiddetta integrazione possa davvero essere realizzata insieme ai cittadini («il fenomeno è controverso e distorto, ma vi assicuro che la contrarietà delle persone del luogo rispetto a questo tema è molto esasperata dai media e che si possono fare molte cose insieme, sviluppando un vero rapporto di dialogo e scambio» ci spiega Alberto) e come questa possa diventare davvero un’opportunità, sia professionale per le persone coinvolte che per i piccoli centri ormai attanagliati dal problema dello spopolamento e dall’invecchiamento della popolazione.

Fin dall’inizio del mio incontro con Alberto, noto alla mia destra un gigantesco poster di Franco Basaglia: «Basaglia è colui che ha iniziato a ragionare e a dimostrare come non esistano barriere tra le vulnerabilità – conclude Alberto – e come si possa lavorare su una matrice comune che è quella della condivisione del benessere senza dividere le persone in banali e squallide categorie od etichette. Affrontando insieme le diverse vulnerabilità impariamo a trasformarle gradualmente in opportunità per un intero territorio».

Qui trovate l’intervista integrale ad Alberto Mossino.

Qui trovate il Report sulle attività di PIAM del 2019.

Qui alcuni nostri articoli su alcuni progetti di Piam:

Asti: richiedenti asilo a scuola per imparare a vendemmiare

Nel Monferrato si valorizza il territorio attraverso l’accoglienza

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Inclusione è cultura: Karalettura, la biblioteca che a Cagliari costruisce ponti
Inclusione è cultura: Karalettura, la biblioteca che a Cagliari costruisce ponti

Action Women, la sartoria sociale dove l’integrazione si intreccia con l’empowerment
Action Women, la sartoria sociale dove l’integrazione si intreccia con l’empowerment

Ventimiglia, la città di confine in cui il flusso migratorio è bloccato dal 2015
Ventimiglia, la città di confine in cui il flusso migratorio è bloccato dal 2015

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Come trasformare gli allevamenti in fattorie vegane, l’esperienza svizzera – #917

|

Val Pennavaire in rete: la nuova e inaspettata zuppa di sasso

|

Gaetano, terapista forestale dei Monti Lattari: “La foresta mi ha guarito”

|

Cuscini Bio, la moda etica e quel giocattolo dentro a una fornitura tessile

|

Animal Talk Italia: parlare con gli animali è possibile – Io Faccio Così #402

|

Lezioni ecologiche nelle scuole italiane, fra antropocene ed ecologia profonda

|

Alberi monumentali, in Sicilia sono 311 i tesori vegetali da tutelare

|

Sanità e diritto alla cura: cronache da un’Ogliastra che vuole vivere, non sopravvivere

string(8) "piemonte"