20 Gen 2023

Artigiana, stilista, viaggiatrice, nomade: la storia di Leoné Frajese

Non è facile immaginare sogni belli e impossibili, inseguirli, lavorare sodo per afferrarli e, alla fine, riuscirci. A 26 anni Leoné Frajese ne ha realizzati molti. Ha viaggiato per mezzo mondo, ha creato un marchio di moda etica che continua a perfezionare e migliorare e ha comprato un camper dove si sente a casa. Insieme a lei abbiamo ripercorso la sua storia. Che possa essere d'ispirazione per chi sogna una vita libera e consapevole?

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Ravenna, Emilia-Romagna - «Quando ero in terza media in camera mia avevo tre barattoli: su uno c’era scritto “tatuaggi” perché volevo fare la tatuatrice, sul secondo “woody”, il nome che avrei voluto dare al mio furgone, e sul terzo “Australia”». Basta questo ricordo pescato dal cassetto di Leoné Frajese per intravvedere, oltre lo schermo che ci separa, lo spirito della persona che ho davanti. Un animo libero e creativo che, associato a una strenue forza di volontà, le ha consentito di realizzare i propri sogni: viaggiare e creare un suo brand di moda etica.

In quei barattoli non ci sono mai stati più di cinque euro – confessa Leoné –, ma sono serviti comunque ad alimentare i suoi sogni. Erano ricoperti di carta arancione, lo stesso colore del maggiolino di sua nonna che lei amava tanto, le trasmetteva l’idea di libertà e prefigurava la vanlife che l’avrebbe attesa qualche anno più tardi.

UNA FAMIGLIA CREATIVA

«Sono nata privilegiata in un paesino piccolo e accogliente dove ho potuto sperimentare la libertà», ricorda Leoné raccontando la sua infanzia. «Ma ho avuto anche un’altra grande fortuna: sono nata in una casa-laboratorio di due artisti e artigiani e ho sperimentato la propensione verso la creatività. I miei giochi non erano di plastica, avevo una cucina di cartone e stagnola costruita da mia mamma. Lei lavorava da casa e aveva tanto tempo da dedicarmi e mi ha trasmesso creatività, manualità e un bell’approccio alla vita».

leone frajese 1

Poi arriva il momento della scuola: «Ho frequentato il liceo artistico ed è stato un disastro. Provavo rancore nei confronti del sistema scolastico e delle sue modalità educative e ho avuto la percezione che la maggior parte dei professori fosse poco competente e non interessata a responsabilizzare gli studenti. Non mi hanno fatto amare lo studio e ho arrancato per tutti i cinque anni del liceo, volevo finire la scuola e partire subito».

L’AUSTRALIA

Nella mente di Leoné si dipingono scenari esotici e lontani, per cui mi confessa di aver provato nostalgia nonostante non ci fosse mai stata. Ma il richiamo del mappamondo è troppo forte per resistere, anche se le sue idee sono in continuo movimento: «A quindici anni mi ero tolta dalla testa l’Australia perché era diventata “di moda”, l’avevo sostituita con il Brasile o altre mete».

Finisce il liceo e Leoné freme: «A 19 anni, dopo la maturità, ho lavorato per la stagione estiva in una scuola di vela e partecipato a qualche mercatino dove vendevo le mie creazioni artigianali, poi ho chiesto a una mia zia, matta viaggiatrice, se voleva partire con me». Sua zia acconsente, a patto che la nipote impari l’inglese facendo per un periodo la ragazza alla pari. Dopo aver pubblicato un annuncio su un sito specializzato, viene contattata da una bellissima famiglia australiana. Un mese dopo è atterrata nella terra dei canguri.

«Ricordo ancora l’aria, i colori di quando sono arrivata. Era il mio primo viaggio da sola, mi sentivo invincibile, ero su un altro pianeta, mi sembrava di poter toccare con mano tutto quello che avevo sempre sognato». In poco tempo Leoné comincia a masticare l’inglese, ma dopo un mese in famiglia – «anche se loro erano meravigliosi», precisa – sente il bisogno di recidere anche queste radici.

leone frajese 3

«Ho comprato un furgone – giallo, unico criterio per cui l’ho scelto –, avevo la patente da pochissimo ed è stata un’avventura anche solo andarlo a prendere, ho guidato per 400 chilometri con i canguri che attraversavano la strada e il cambio rotto. Ma mi sono sentita una bomba. Quello è stato il primo miglior anno della mia vita: ho vissuto in questo furgoncino, ho conosciuto un sacco di gente, ho viaggiato da Broome a Esperance attraversando il paese da nord a sud, ho lavorato in un bar, ho raccolto uva, ho fatto la babysitter, sono rimasta con 13 dollari in tasca, ho rischiato di morire in una farm che poi è stata sequestrata dalla protezione animali».

Un anno passa, il visto scade e Leoné deve tornare: «È stato un trauma. Sono tornata in inverno ma io sono “invernofobica”; ripercorrere il vialetto di casa e trovare tutto come quando ero partita mi ha dato la sensazione che fosse stato solo un sogno, comprese la libertà, la leggerezza, la possibilità di cambiare lavoro e vita quando volevo, dormire dove volevo, sentirmi sicura. Sono caduta in depressione per sei mesi, ho provato a iscrivermi all’università poi sono partita di nuovo, ma non è stato un viaggio sano, scappavo da qualcosa, forse dal voler reputare “casa” l’Italia».

LA SVOLTA: STATO BRADIPO

Un giorno, rientrata dall’ennesimo viaggio, Leoné deve fare un regalo a un bimbo di un anno: «Ho cucito una maglietta, ci ho disegnato sopra un bradipo e ho scritto sopra “un bimbo allo stato bradipo”. Appena ho finito di comporla, quella frase mi ha fulminato. Dietro alla t-shirt ho scritto “stato bradipo” come se fosse un’etichetta e da lì è nata l’idea di creare un brand».

Ma stato bradipo è anche un inno alla lentezza, alla moda lenta al posto della fast fashion. Già, perché è quello il momento in cui Leoné si rende conto che qualcosa che per lei è sempre stato naturale in realtà ha un significato particolare: «Ho iniziato a cucire a cinque anni insieme a mia mamma, mi sono sempre fatta i vestiti da sola, e improvvisamente mi sono resa conto che l’approccio artigianale all’abbigliamento era qualcosa di speciale, chiamato “slow fashion”».

leone frajese 4

«Ho iniziato a confezionare, vendere ai mercatini, creare le etichette a mano una per una, ma ogni tanto avevo ancora delle ricadute depressive. In quel periodo surfavo e mia mamma, il giorno del mio compleanno, nel 2017, mi ha regalato il mio primo costume a manica lunga per fare surf, cucito da lei stessa. Ricordo quel compleanno come uno dei più brutti della mia vita dal punto di vista emotivo, ma quel giorno è stato l’inizio di qualcosa».

NOMADE DIGITALE, ANZI ARTIGIANALE

Entro la fine dell’estate Leonè finisce di creare tutta la linea di costumi da surf e poi si trasferisce a Fuerteventura per fare mercatini, imparare lo spagnolo, stare al caldo e surfare. «Quell’inverno è stato intenso, una bomba: per la prima volta mi sono presa un appartamento in affitto da sola, andavo a fare i mercatini in autostop alle 7 di mattina. Tornata in Italia ho continuato a fare le stagioni alla scuola di vela, facendo la cameriera o barista e partecipando ai mercatini. Mi facevo il mazzo [lei usa un’altra parola, ndr] perché sostenere il brand aveva costi elevati».

Stato Bradipo continua a crescere e i suoi sogni man mano lasciano spazio ad altri più grandi. «Ho cominciato a sviluppare anche una collezione di bikini, però tutta la parte di modellismo deve essere dettagliatissima, i cartamodelli devono essere precisi al millimetro. La gente non si rende conto della difficoltà, un costume a manica lunga è composto da 17 pezzi che si devono incastrare perfettamente».

Ognuno fa bene a cercare la strada che lo fa sentire bene con sé stesso, ma quand’è che i bisogni che sentiamo sono davvero nostri e quando invece sono indotti?

Così Leoné si scrive a un corso di modellismo professionale per costumi. Lì conosce Agnese, una modellista formidabile con delle competenze maturate in un vita di lavoro, che le insegna cosa vogliono dire i dettagli. Non solo: grazie a lei conosce i proprietari di un brand bolognese che hanno un sacco di stoffa di rimanenza, tessuto di grande qualità. «Mi hanno regalato stoffa, accessori e strumenti. Così, dopo sei mesi di formazione, sono riuscita produrre i miei costumi in un piccolo laboratorio nel modenese, la mia prima collezione di costumi da bagno».

Nel 2021 un altro piccolo sogno si realizza: «Finalmente sono riuscita a comprare un camper, con cui sono tornata a Fuerteventura». Il 2022 è l’anno della svolta: esce la quarta collezione di Stato Bradipo e la moda diventa la professione di Leoné, che apre anche partita IVA. «Adesso sto pensando alla collezione nuova, ho già qualche disegno e mi sono iscritta a un concorso della camera nazionale della moda italiana, che mi ha dato l’occasione di mettere nero su bianco quello che voglio fare con il brand nel lungo periodo».

BILANCI

«Mi dicono spesso che sono stata coraggiosa, ma io non mi sento tale. Piuttosto credo di essere stata onesta con me stessa. Non voglio accusare nessuno che non si senta di fare un certo tipo di percorso, ma invito tutti ad ascoltarsi veramente. Io sono sempre riuscita ad ascoltarmi e a parlarmi e questo mi ha consentito di fare quello ho fatto, ma solo perché non ho visto alternative. Se non posso essere come vorrei essere che senso ha?».

leone frajese 2

Il suo animo nomade l’ha portata ad avere un rapporto complesso con l’Italia: «Il nostro è un paese che non ti agevola. C’è una forma di orgoglio qui che ci rende spesso vittime della paura di fallire. Ma poi cos’è un fallimento? La nostra cultura ci giudica costantemente. Io vorrei rimanere in Italia e se andrò via sarà a malincuore, ma qui non si tutela la crescita creativa, né le piccole realtà».

Ogni tanto le dicono che “vive in camper con i soldi del paparino” – «e perché non della mammina?» si chiede lei con un sorriso sarcastico – e questo purtroppo è frutto della mentalità che ristagna. «Io non spendo soldi per trucchi, parrucchiere, vestiti firmati… vivo con poco e mi basta. Ognuno naturalmente fa bene a cercare la strada che lo fa sentire bene con sé stesso, ma quand’è che i bisogni che sentiamo sono davvero nostri e quando invece sono indotti?».

In genere chiediamo alle persone che intervistiamo “cos’è per te l’Italia che cambia?”. Leoné però mi anticipa e in conclusione, spinta da un moto d’affetto per il suo paese natale, osserva: «Comunque tu te ne puoi andare quanto vuoi, ma quando torni in Italia e incontri certe persone, quelle di cui parlate su Italia Che Cambia, ti stupisci sempre di quanta forza abbiano queste realtà per continuare a esistere».

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