28 Mar 2023

Senith, la perfomer che porta sul palcoscenico eros e tematiche di genere

Scritto da: Brunella Bonetti

Sperimentare sul genere, sull'immaginario sessuale, sul femminismo attivo attraverso l'arte e la performance. È questo quello che fa Senith, una delle pioniere del movimento queer in Italia, che da più di quindici anni dal palcoscenico invita le persone a riflettere su tematiche fondamentali nella conoscenza di sé ma al tempo stesso considerate tabù.

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Roma, Lazio - Senith è performer, attrice, curatrice di workshop ed eventi, artivista queer e femminista. Da circa diciott’anni cura spettacoli, eventi e laboratori. Ha performato in tre continenti lavorando nella sperimentazione dei generi, dei ruoli e dell’immaginario erotico e ridisegnando un immaginario queer del femminile. Ha ideato numerosi progetti sul tema, da Erotic Lunch, Il lato oscuro del desiderio a la Queerrida. È anche cofondatrice di Eyes Wild Drag, il collettivo drag king/faux queen più longevo, che per dieci anni ha creato eventi e spettacoli che ha portato in tutto il mondo. Con lei abbiamo parlato di tutto questo, spaziando liberamente dalla sua storia personale all’arte orientata da un approccio sex positive.

Chi sei, raccontaci cosa fai?

Sono Senith, una magica Dea che viene da lontano e zia di tutte le Faux Queen! Sono un po’ performer, un po’ drag queen, un po’ attrice, un po’ curatrice di eventi. All’inizio sono stata una cosiddetta donna biologica che voleva fare la drag queen in un momento – parliamo del 2006 – in cui in Italia non esistevano donne che impersonavano il drag, né al maschile né al femminile. 

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Sono nata in un collettivo di donne che volevano fare una sperimentazione sul genere. Da lì è nato il gruppo Eyes Wild Drag che, per dieci anni, ha segnato un passo importante nella sperimentazione del drag in Italia. Prima quattro, poi tre donne che hanno inventato un’estetica, un genere di spettacolo; hanno attraversato il mondo occidentale da New York a San Pietroburgo portando le loro performance e hanno inventato uno dei festival queer internazionali più strabilianti che si possa immaginare: GendErotica. Quando il gruppo ha deciso di sciogliersi ho continuato da sola.

Chi eri prima di diventare Senith? E quando non sei Senith, chi sei? 

Anita. Una donna serissima. Lavoratrice. Con il senso del dovere alto e un carico di responsabilità importante. Ora sono ancora tutta questa, ma posso dire che più Senith prendeva piede dentro di me, più capivo cosa volevo: qualità della vita, fantasia, creatività. Mi ha insegnato e ha liberato leggerezza, fantasia, il senso delle priorità e a perdonarmi, quando serve. Quando ti metti in gioco, se lo fai onestamente, ciò che fai ti attraversa completamente e ti condiziona. Senith appare in Anita nei dettagli e nei momenti più disparati. Ho compiuto scelte precise di lavoro e di soldi per lasciare lo spazio che Senith si meritava. E sono felice di averlo fatto.

Quanto e perché è importante oggi la sperimentazione dei generi, dei ruoli e dell’immaginario sessuale?

Interrogare la rappresentazione dei generi pone sempre interessantissimi interrogativi. Lavorare con il corpo, il desiderio, la performance, non solo è terapeutico, come qualunque forma di teatro, ma anche politico. Attraverso la performance del corpo, si può parlare di diritti. Per questo cambiare il modo di percepire il corpo, la sessualità, l’espressione di genere ha un potere dirompente. 

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Per fare un po’ di chiarezza spiegaci le parole chiave di ciò che sei e fai: Queer, Drag Queen e King e l’arte Queer.

Queer è un termine ombrello che include quelle espressioni di identità e di orientamento che esulano da ciò che è strettamente eterosessuale, cisgender. In italiano, molto frequentemente, viene usato a sproposito come sinonimo di persona gay o lesbica. La parola queer è molto più fluida e accogliente, offre rifugio e ospita tutte quelle espressioni individuali e collettive che sono escluse dalla narrazione comune. 

Drag Queen e Drag King sono performer che impersonano il genere, femminile e maschile. Storicamente è legato a coloro che impersonavano il sesso opposto, risultando comunque convincenti e credibili, sia che stessero facendo una parodia, sia che volessero celebrarlo con fedeltà e devozione. Drag vuol dire salire su un palcoscenico per fare spettacolo per l’intrattenimento di un pubblico. La fluidità è forse la cifra essenziale del Queer. Estenderei questa definizione all’Arte Queer.

Che rapporto hai con la mascolinità e la femminilità, come giochi con questi ruoli e quanto è importante farlo?

Conducendo i laboratori sulla performance di genere, si lavora con dei codici di comportamento. Costruendo in maniera performativa il maschile o il femminile ci si rende conto che non è innato atteggiarsi in un modo piuttosto che in un altro. È un fatto strettamente culturale. Il genere può essere costruito e interpretato. Conoscerne i meccanismi permette di scomporli e ricomporli, prendere ciò che serve e, anche, utilizzarli nel teatro della vita quotidiana. Gli effetti possono essere sorprendenti. Le conseguenze liberatorie.  

Attraverso la performance del corpo, si può parlare di diritti. Per questo cambiare il modo di percepire il corpo, la sessualità, l’espressione di genere ha un potere dirompente. 

Che impatto hanno i tuoi spettacoli, le performance e i workshop che conduci? 

Può essere un tarlo che si insinua nello sguardo di chi osserva, che fa sospettare che la realtà sia più complessa e affascinante di quanto ci potremmo aspettare. Ci sono le domande che alcune persone vengono a pormi a fine spettacolo, perché hanno urgenza di una risposta. Ci sono percorsi che sono latenti da tempo e magari, un bel giorno, in quel momento, trovano la chiarezza necessaria per non fermarsi. Quando me ne rendono partecipe per me è un onore e un’emozione. 

Porti avanti tanti e poliedrici progetti, ma c’è un fil rouge che li lega tutti?

Riguarda tantissimo i corpi e i desideri. Un atteggiamento sex positive che ci concede di vivere un po’ più rappacificati con i nostri lati oscuri, con ciò che non possiamo dare agli altri nonostante lo pretendano, essere più consapevoli e più liberi. Sembra quasi banale per quanto semplice. Eppure, non lo è, è politico ed è poesia. Questo è ciò che cerco in tutto ciò che faccio. C’è poi il rapporto diretto con il pubblico. La maggior parte dei miei lavori si nutre della relazione con gli spettatori. Mi piace guardare negli occhi le persone. In alcuni dei progetti diventano indubbiamente protagoniste della creazione artistica. È così, ad esempio, ne Il Lato oscuro del desiderio o nell’Erotic Lunch.

Cosa pensi di tutto ciò che hai fatto in questi anni nel panorama Queer? Ti senti cambiata? 

Sono consapevole che l’approccio è molto cambiato negli anni. Sicuramente ora nella rete e grazie ai social si trovano tantissimi immaginari con cui confrontarsi. Qui da noi, insieme a un gruppo di altre persone, sono stata un po’ pioniera. Sì, questo viaggio mi ha cambiata e continua a cambiarmi. Mai avrei potuto immaginare quanta importanza avrebbe rivestito nella mia vita. Ricordo che a un certo punto avevo cominciato a sentirmi parte di una famiglia che non aveva confini, in Europa e fuori. È stato travolgente. Sono felice di ciò che ho fatto. Vorrei anche di più, ma non mi fermo per cui sono in un divenire in continua mutazione. 

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Quali sono i tuoi progetti futuri?

Prima di tutto, sto investendo tantissimo su Erotic Lunch, per riemergere da oltre due anni di paralisi dovuta alla pandemia. Mi ci sto dedicando in ogni senso, non solo artistico e creativo. Ora ci ospita un luogo delizioso e su misura per noi, il Teatro Arciliuto, nel cuore di Roma; abbiamo un ufficio comunicazione agguerrito. Stiamo diventando sempre più bravi! Ho nell’anima alcuni nuovi lavori performativi che hanno voglia di sbocciare, ma che ancora restano lì, a cullarsi tra mille pensieri. 

Poi c’è la “House” di Latte Fresco che per la serata queer più stratosferica di Roma mette insieme un gruppo di artist* e giovanissime energie. Sono strafelice di farne parte. C’è tanto lavoro, tanta serietà e tanta Follia! Non ho mai visto più rispetto nel vivere i camerini. Sono un’onda dirompente di creatività. Credo che quest’anno riusciremo a vedere qualcosa di nuovo e di bello.

Cosa consiglieresti alle Moderne Persefone che vogliono lanciarsi e sperimentare la propria femminilità, ridisegnare sé stesse e approfondire ciò che riguarda la sessualità, l’identità di genere e l’arte queer? 

Di non limitarsi mai a farsi disegnare dagli altri. Non dobbiamo assecondare i desideri che ci vengono affibbiati nostro malgrado, ma prendere in mano i propri e scegliere. La consapevolezza di ciò che stiamo facendo e perché è fondamentale: ci permette di non perderci durante il viaggio. Lasciarsi accompagnare sempre da quello strano desiderio di mettersi in gioco e sperimentare. E poi, non abbassare la guardia. Basta un attimo di distrazione per perdere ciò che abbiamo creduto nostro e intoccabile. I corpi fanno politica e oggi la politica è sempre più pensata contro i corpi, contro la loro libera scelta, contro i diritti e le donne. Non distraiamoci.

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