18 Lug 2023

Le nuove vite di Gabriella Guido, fra Africa, progetti sociali e vita in natura

Scritto da: Brunella Bonetti

Quella di Gabriella Guido è una vita che ne racchiude tante, tutte però collegate da un sottile filo conduttore. Dal cinema alla cooperazione internazionale, dai progetti solidali alla vita in natura, nella "sua" montagna, dove gestisce due casali. E pensare che è cominciato tutto con un rifiuto, quello di seguire le orme del padre lungo una strada segnata, con pochi rischi ma anche con pochi stimoli.

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Rieti, Lazio - Non c’è luogo al mondo in cui non possiamo non essere noi stesse. Che sia città, campagna, mare o montagna, non conta: l’importante è essere in ascolto dei propri desideri e aperti al bisogno e alla parola degli altri. Gabriella Guido ha fatto di questo la bussola della sua vita: una storia iniziata nella città di Roma, prima come imprenditrice nel settore delle produzioni televisive, del cinema e del documentario sociale e poi – anzi di conseguenza – in prima linea della cooperazione internazionale.

Questo suo impegno nella difesa dei diritti umani comincia con Amref e prosegue con la fondazione di un’associazione no-profit nel cuore di Roma: K_Alma. Ma la sua avventura non si ferma nella capitale e Gabriella porta tutto ciò che è, che fa e che difende tra le montagne della Riserva Naturale Monti Navegna e Cervia. È lì che s’innamora di un luogo con due casali che ristruttura e apre ad amici e viandanti: i Casali di G

A due passi dalla città, ma immersa nella natura più profonda, questa Moderna Persefone, funambola della vita, osserva le stagioni che trascorrono, i frutti che maturano, le montagne che s’imbiancano e poi si tingono di verde e, con una tazza di tè in mano o a una cena condivisa con tanti altri, ci insegna quanto sia importante credere nelle proprie passioni e talenti e quanto imparare ad ascoltarsi e ascoltare gli altri sia il più meraviglioso obiettivo da raggiungere. 

gabri 1
Chi sei e di cosa ti occupi? 

Dopo un diploma in ragioneria perché mio padre voleva seguissi le sue orme, ho dato forfait e ho cominciato a lavorare come segretaria in un ufficio di produzioni televisive. Nel giro di qualche anno ho aperto con un amico una società indipendente. Grazie a questo ho girato il mondo per festival appassionandomi al cinema d’autore e al documentario sociale e di denuncia.

Da lì il passo è stato breve: ho cominciato a occuparmi di diritti umani, campagne di sensibilizzazione e sono finita a lavorare per Amref Health Africa. Dopo qualche anno ho chiesto un part-time e nel 2016 ho fondato K_Alma, un’associazione no profit che si occupa di progetti sociali. Quello forse più conosciuto è la Falegnameria e Officina Sociale che si trova a Testaccio, all’interno dell’Ex Mattatoio. 

Parlaci meglio di Amref e dl tuo percorso professionale con questa ONG.

Amref Italia è il national office di Amref Africa. La cosa più importante e innovativa di questa ONG internazionale è che noi siamo “africani dentro”: noi italiani non ci siamo mai sostituiti ai colleghi africani. In Africa si decidono i progetti, le soluzioni ai problemi e le priorità. Noi nel nord del mondo facciamo prevalentemente comunicazione e raccolta fondi. Non abbiamo cooperanti italiani, ma crediamo fortemente nell’empowerment delle risorse umane locali. 

falgnameria sociale k alma

Sono entrata nel 2006, perché cercavano una persona esperta di produzione e distribuzione e in audiovisivi. Ho ricoperto diversi ruoli imparando molto e avendo l’opportunità di visitare progetti in Africa. Da diversi anni sono la responsabile in comunicazione dei testimonial e delle relazioni strategiche. Una bella parte della mia vita devo dire. E pensare che non volevo andare a fare il colloquio perché ero completamente a digiuno del settore della cooperazione internazionale.

Come si lega il tuo lavoro in Amref con la Falegnameria K_Alma?

K_Alma è uno spicchio della mela di Amref, che è un insieme di sapori, colori, forme e progetti concreti. Progetti che attecchiscono davvero e forniscono quegli elementi di cambiamento dal quale poi non si torna più indietro. Pensavamo di poter davvero cambiare il mondo, ma il cambiamento è un processo e quindi ha bisogno di tempi lunghi. E così nasce la Falegnameria Sociale: con K_Alma, da un desiderio, un’idea, una sfida. È stato un seme piantato che ha trovato immediatamente un terreno fertile e convinto tantissime persone. Questo non vuol dire che non ci siano problemi, ma i problemi li affrontiamo e ci adattiamo, tutti insieme, al cambiamento. 

Qual è il tuo ruolo in K_Alma?

Sono la Presidente di K_Alma, anche se noi siamo come una comunità di formiche o di api: ognuno fa la sua parte. Ci dividiamo i compiti e spesso il mio è quello di sostegno, ovvero fare in modo che le cose vadano avanti. Non passa un giorno che non mi occupi di K_Alma e pensi a nuove idee e progetti. Penso che sia un progetto importante proprio perché è un in continuo movimento. Occupandoci di persone ci occupiamo anche delle problematiche, di quanto avviene nelle vite personali e nel mondo vicino a noi. 

gabriela guido
È difficile oggi in Italia lavorare nel mondo della cooperazione internazionale? 

Più che difficile, questo settore è cresciuto in maniera esponenziale. Nel bene e nel male. Richiede grande dedizione e una formazione costante. C’è anche molta competizione e alcune grosse organizzazioni spesso somigliano a grandi aziende in cui è difficile entrare, anche se essendo in continua crescita, avrà sempre bisogno di risorse umane.

Il lato positivo è che ti senti di portare avanti un’utopia. Il lato negativo è che a volte si ha la sensazione che gli sforzi non siano sufficienti a cambiare l’ordine delle cose. Ma il giorno dopo ti svegli e hai le stesse motivazioni del precedente: non smetti di fare la tua parte. Mai. C’è ancora tanto da fare, ma per fortuna si è anche sviluppata una cultura che oggi fa davvero la differenza.

A un certo punto del tuo percorso hai deciso che la città non faceva più per te…

Più che una scelta è stato un imperativo della mia testa, anima e corpo. Ho sempre amato la natura, fonte di grande riequilibrio. Durante il Covid ho sentito quanto non fosse più “naturale” la mia vita a Roma, una città che ho sempre amato molto, ma che è anche cambiata troppo. Così, durante il lockdown, ho cominciato a guardare fuori e dentro in maniera diversa. E il passo è stato davvero breve. Tempo a disposizione per cercare ne avevo e appena è stato possibile mi sono messa in macchina per andare a vedere case e casali. Poi un colpo di fulmine: due casali quasi a 900 metri di altitudine a due passi da Roma: i Casali di G. 

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Descrivici questo luogo fisico e simbolico?

Sono un posto immerso nel silenzio e nella bellezza, di cui mi sono innamorata e dove oramai vivo gran parte della mia vita. Due casali in pietra circondati dalla natura. Un posto dove ricominciare a respirare, pensare, creare. Un luogo che mi ha accolto in maniera totalizzante e che ho aperto ad amici vecchi e nuovi.

La fortuna è stata trovarne due, uno dei quali l’ho ristrutturato per l’ospitalità: camminatori, amici, artisti, donne in viaggio, famiglie giovani con bimbi e animali. Insomma un luogo che è un po’ una seconda casa per chiunque passi da qui. Io lascio il frigo pieno, il camino acceso e chi vuole può starsene in totale solitudine, chi ha piacere può condividere con me una cena, una passeggiata, la visita a un borgo o qualche nuova conoscenza. 

Occupandoci di persone ci occupiamo anche delle problematiche, di quanto avviene nelle vite personali e nel mondo vicino a noi

Com’è la vita ai Casali di G? 

È molto semplice, ma di quella semplicità che corrisponde alle cose più vere e profonde. È tornare all’essenziale e immergersi in cose basilari, perché necessarie. Vivere fuori da un contesto urbano e quasi completamente isolata nella natura riporta a dover scandire la giornata e tutto il tempo, la mente, le attività quotidiane ad organizzarsi per ciò che è più necessario: il cibo, la legna per il camino, il necessario in casa.

Poi c’è la libertà di dedicarti alla lettura e lo studio. A una passeggiata, una tisana, mentre guardando fuori dalla finestra ti accorgi del tempo che passa. Il cervello si libera ed ha ampi spazi per rincorrere idee, emozioni, pensieri e prospettive. Qui si vive un tempo di privilegio e profondità che lascia qualcosa dentro, sempre.

Cosa consiglieresti alle Moderne Persefone? 

Consiglierei di coltivare il proprio desiderio e il proprio sogno. Di seguire la sua natura. Siamo creature predisposte all’ascolto e alla cura, in primis quella delle persone intorno a noi. Ascoltarsi nel profondo. Siamo creature uniche come unica deve essere la nostra vita. E allora, se non ora, quando?

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