10 Apr 2024

Contro fast fashion e sfruttamento, a Cagliari un guardaroba gratuito, aperto e popolare

Scritto da: Lisa Ferreli

In circolo ci sono talmente tanti vestiti che può esistere un luogo in cui prenderli gratuitamente. E infatti esiste – e lavora senza sosta – dal 2020 a Cagliari, si chiama il Guardaroba Popolare ed è un punto di non-vendita in cui i prodotti sono gratis. Il progetto sfida il concetto tradizionale di valore e consumo nel settore della moda, mostrando le storture di un mondo in cui il fast fashion inquina e sfrutta risorse umane e ambientali per la produzione di abiti di cui, in realtà, non ci sarebbe bisogno.

Salva nei preferiti

Cagliari - Abiti gratis, ma per tutti? Di vestiti in giro ce ne sono tanti, probabilmente troppi se si stima che ogni anno l’85% dei tessili prodotti finisce in discarica. Eppure, nonostante il surplus, l’idea di un non-prezzo può far storcere il naso. Nella società in cui tutto ha un costo la gratuità mette alla prova la fiducia nelle relazioni umane; vedi “gratis” e leggi “vorranno qualcosa in cambio”. E invece no o perlomeno: al Guardaroba Popolare prendi senza pagare, ma una moneta di scambio c’è. Prima di tutto la decostruzione del pregiudizio: verso l’usato che non è sempre un rifiuto e verso una gratuità utile – fra le altre cose – a mettere in discussione il valore che il mercato da ai prodotti.

E poi c’è la fiducia ritrovata, quella che se coltivata lentamente crea relazioni, consapevolezze e collettività. Il fatturato del Guardaroba Popolare, è proprio questo: la comunità che negli anni è riuscito a creare, offrendo come una risposta concreta al fast fashion e allo sfruttamento di risorse e persone che caratterizza l’industria tessile, un punto di non-vendita senza gerarchie. Non ci sono prezzi, valori, grandi marche sotto vetro, suddivisioni a seconda della funzione in società dei vestiti. Ci sono abiti gratis, per tutti e tutte.

fast fashion abbigliamento
DALLA COMUNITÀ PER LA COMUNITÀ

Il Guardaroba Popolare nasce nel 2020 in una Cagliari impegnata da un lato a contenere il contagio da coronavirus, dall’altro a evitare che l’isolamento sociale imposto trasformasse le collettività in un’insieme di individui sconnessi. Fra le varie realtà al lavoro per mantenere viva la comunità c’era Mutuo Soccorso Casteddu. Raccolta, smistamento e consegna di beni di prima necessità, spesa a domicilio, vicinanza e presenza dai quartieri per i quartieri: attraverso pratiche di solidarietà e mutualismo, un centinaio di persone volontarie ha costruito una rete in grado di trasformare l’isolamento in arcipelago di comunità. Tra le isole minori – e oggi realtà radicata in città – nate dal percorso di Mutuo Soccorso Casteddu, c’è il Guardaroba Popolare.

L’idea è sorta all’interno dell’assemblea cagliaritana di Potere al Popolo, tra le fila dei volontari del Mutuo Soccorso. Alla base, la volontà sia di offrire una risposta concreta alla necessità specifica di abiti, scarpe, lenzuola e altri tessili, che di provare con l’azione a creare cambiamento, mettendo in discussione – e in crisi – l’industrializzazione della moda e il fast fashion. In che modo? Dimostrando l’ipocrisia di un sistema che continua a produrre e sfruttare nonostante un’eccedenza tale da permettere l’esistenza di un luogo in cui vestiti e tessili in ottimo stato, sono gratis.

Liberiamo una parte dei soldi necessari all’acquisto di abbigliamento per altro, e limitiamo il danno che crea l’industria del fast fashion

«FAST FASHION È SFRUTTAMENTO»

«Noi volontari abbiamo fatto un corso di cucito, puntavamo sull’idea dell’autoproduzione e della riparazione anche come aiuto al reddito, poi abbiamo pensato al guardaroba popolare». Il motivo, spiegano i volontari, è la volontà di «inserirci all’interno di un’industria come quella del fast fashion altamente inquinante, e dove lo sfruttamento è altrettanto forte, mostrandone i meccanismi attraverso la loro stessa distruzione: raccogliere quindi abiti che verrebbero buttati e rimetterli in circolazione gratuitamente, dando inoltre vita a uno spazio in cui si può anche creare comunità».

Il funzionamento è semplice: le persone portano a seconda della stagione i propri abiti – comprese lenzuola, biancheria per la casa o accessori – nella sede di via Argentiera, dove i volontari li selezionano valutandone le condizioni, se riutilizzabili, per poi esporli nelle relle che riempiono la sala. Prendere è possibile sempre e senza costo – ma è possibile supportare con una libera offerta –, anche senza portare in cambio altri abiti: la scelta non manca. «Le persone mettono la roba e noi mettiamo il nostro tempo e il nostro lavoro, seguendo due direttrici: sostegno al reddito liberando una parte dei soldi necessari all’acquisto di abbigliamento per altro e contrasto al danno che crea l’industria del fast fashion».

fast fashion
TUTTO GRATIS, SENZA SOVRASTRUTTURE

«Il fast fashion è dove i meccanismi del capitalismo si vedono di più: una produzione che si autoalimenta creando continuamente bisogni che in realtà non sono vere necessità. C’è il matrimonio quindi “devo comprare” una cosa nuova, ma nella realtà non è così». Dentro il Guardaroba popolare il diritto all’abbigliamento è un valore che non ha mai prezzo: «Ci concentriamo sul valore d’uso decostruendo anche la pubblicità e tutto ciò che il sistema della moda e la narrazione dei bisogni del fast fashion creano, presentando i vestiti come tali: vogliamo che la bussola sia il gusto individuale e l’utilità, senza altre influenze».

Non è un processo semplice: come spiegano dal Guardaroba, «siamo intrisi di queste logiche, il nostro è un tentativo anche se il risultato non è univoco ne garantito; è una continua negoziazione fra il senso comune capitalista e la volontà di decostruirlo». Un dato è inconfutabile: «C’è molta roba che può essere data gratis, spesso il risultato di politiche aggressive di vendita, quei prendi 3 paghi 2 che ci fanno sembrare l’offerta conveniente ma non portano a a chiedersi “ma il lavoro per fare quella maglietta quanto lo state pagando?”. Il fast fashion porta a comprare compulsivamente in le case che inoltre sono sempre più piccole e la roba al Guardaroba non manca mai».

HEADER INMR 34
TESSERE LEGAMI E CONSAPEVOLEZZE

Non solo abiti: il Guardaroba ospita spesso dibattiti e approfondimenti. «La comunità si crea mettendo le persone in uno spazio in cui sono tutte uguali, anche chi non è abituato al mutualismo: l’idea della carità giudicante o del “non prendo perché non ne ha bisogno” c’è, ma qua non facciamo distinzioni». Un cartello all’ingresso lo specifica: “L’iniziativa si rivolge a coloro che non possono per ragioni economiche o non vogliono per scelta consapevole sostenere uno dei settori produttivi tra i più feroci dal punto di vista delle condizioni di lavoro e devastanti per l’ambiente”. «La decostruzione passa per la conoscenza, per questo organizziamo anche eventi legati a questioni sociali come lo stesso problema ambientale legato al fast fashion».

Etica, sostenibilità, attivismo: il Guardaroba Popolare a Cagliari è oggi un punto di riferimento. «La risposta della comunità è molto positiva, con il passaparola sempre più persone sono venute a conoscenza della nostra realtà. Negli anni abbiamo avuto modo di incontrare tutti i settori che secondo noi popolano il quartiere, studenti e studentesse, classe lavoratrice dignitosa, persone in grande difficoltà, situazioni di violenza. Quello che abbiamo fatto è creare un posto dove fosse possibile costruire legami non di sangue, ma di classe».

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Quanto inquinano web e digitale? – A tu per tu + #15
Quanto inquinano web e digitale? – A tu per tu + #15

Navi da crociera: ecco cosa è emerso dall’inchiesta sul loro impatto
Navi da crociera: ecco cosa è emerso dall’inchiesta sul loro impatto

Polo petrolchimico di Siracusa, una storia di mala politica tra immobilismo e disastro ambientale
Polo petrolchimico di Siracusa, una storia di mala politica tra immobilismo e disastro ambientale

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Europee, il caso Vannacci e la polemica come arma politica – #921

|

Su 28 aprili est Sa Die, sa festa natzionale de su populu sardu

|

Le Case Matte in cui disabilità, inclusione e turismo si incontrano

|

Educational.city: ecologia dei media e didattica open source

|

L’assalto eolico è ingiustizia climatica: le conseguenze sul patrimonio culturale sardo

|

Franco D’Eusanio e i vini di Chiusa Grande: “È un equilibrio naturale, noi non interveniamo”

|

L’arte collettiva del sognare: il social dreaming arriva in Liguria

|

Quanto inquinano gli aerei? Ecco cosa dicono i dati e le leggi

string(8) "sardegna"