23 Set 2024

Silvia Calcavecchia: “È sbagliato definire una persona in base alla sua disabilità”

Scritto da: Angela Giannandrea

Silvia Calcavecchia ci racconta la sua storia e il suo impegno per comunicare e informare in modo consapevole, in particolare sui temi che la riguardano da vicino, uno su tutti quello della disabilità. Uno dei suoi strumenti principali sono i social. L'obiettivo? "Dare voce a esperienze personali che possono risuonare con quelle di altri e offrire un supporto, anche solo con una parola o un racconto di vita".

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Palermo - «Sono una dottoressa in giornalismo e cultura editoriale, divulgatrice, content creator e blogger. Ho due disabilità, una dalla nascita, causata da alcune complicazioni durante il parto che mi hanno provocato una paralisi cerebrale infantile, e una scoperta intorno ai 22 anni, una malattia degenerativa agli occhi, che mi ha resa ipovedente». Inizia così la mia chiacchierata con Silvia Calcavecchia – Sissiland sui social –, siciliana di Cefalù, a cui ho rivolto qualche domanda per saperne di più su di lei e sul suo stimolante percorso di vita personale.

«Conduco una vita normale – prosegue Silvia –, sono laureata, vivo con mio marito e da diversi anni mi dedico con passione alla comunicazione. Ho avuto l’opportunità di utilizzare i social media come strumento di sensibilizzazione e di parlare su palchi importanti, tra cui quello del TEDx, per affrontare temi cruciali come l’inclusione. Attraverso il mio profilo Instagram, sissiland_, condivido le mie esperienze quotidiane, diffondendo messaggi di inclusione e resilienza. Il mio obiettivo è abbattere pregiudizi e tabù, offrendo nuove prospettive e promuovendo una maggiore consapevolezza. Mi considero una sognatrice con i piedi per terra e guardo il mondo da angolazioni diverse».

Silvia Calcavecchia

Silvia ha ricevuto il premio come Eccellenza Italiana da parte di Assotutela, «un bel riconoscimento», confessa. «Il mio impegno è stato notato e sicuramente questo particolare mi ha dato una spinta a fare ancora di più. “Vivo, quindi posso” è il mio motto e significa che, nonostante le difficoltà e i limiti che incontriamo, abbiamo la possibilità di esplorare, di sperimentare e di capire fin dove possiamo arrivare. Il fatto di essere vivi ci dà l’opportunità di metterci alla prova, di cercare di superare gli ostacoli e di scoprire ciò che possiamo realizzare».

«Essere qui, vivi su questa terra è un dono che ci consente di spingerci oltre i nostri confini e di cercare continuamente nuove possibilità, nonostante le sfide che la vita ci mette davanti», continua, prima che la conversazione si sposti sul tema famiglia. «L’approccio dei genitori è fondamentale. I figli si specchiano negli occhi dei loro genitori e se questi credono nelle loro potenzialità e capacità, i figli tenderanno a fare lo stesso».

È fondamentale decostruire l’idea che una persona sia definita solo dalla sua disabilità o malattia

«Il supporto e la fiducia che i genitori mostrano è determinante per costruire una solida autostima. Di contro, un approccio negativo può minare profondamente la fiducia in sé stessi facendo sorgere dubbi del tipo: se i miei genitori non credono in me, perché lo dovrei fare io? Perché dovrebbero farlo gli altri? Questo vale per qualsiasi rapporto genitori-figli, non solo se si ha un figlio con disabilità».

Ciò che ha aiutato Silvia nel suo percorso di evoluzione consapevole è stato quello di avere, oltre al supporto materno, alla determinazione e a obiettivi ben chiari, anche il desiderio di intraprendere un percorso di conoscenza di sé stessa. «La determinazione – mi spiega – è stata fondamentale, ma altrettanto importante è stato lavorare molto su di me. Ho imparato a conoscermi profondamente, a riconoscere i miei limiti, ma anche le mie potenzialità e questo mi ha permesso di affrontare le difficoltà con maggiore consapevolezza e forza interiore. Nonostante la disabilità, ho sempre cercato di trovare soluzioni e di crescere come persona, mantenendo viva la voglia di migliorarmi e realizzarmi».

Silvia Calcavecchia

Durante gli anni dedicati alla conoscenza di sé stessa, Silvia apre la sua pagina Instagram per condividere tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento ed essere d’aiuto anche a chi stava attraversando ciò che aveva vissuto lei. Silvia non ama definirsi un’influencer: «Non è mai stata mia intenzione diventare tale. In realtà, non credo nemmeno di esserlo; mi vedo più come una creatrice di contenuti. È stato un processo graduale, un percorso in cui ho compreso che la mia comunicazione e la mia storia potevano essere d’aiuto ad altri».

La consapevolezza che ha maturato è che molte persone hanno un forte bisogno di non sentirsi sole e di essere rappresentate. I social, in questo senso, offrono uno spazio dove si può condividere, confrontarsi e sentirsi meno isolati. «Penso che il mio contributo sui social risponda proprio a questa esigenza: dare voce a esperienze personali che possono risuonare con quelle di altri e offrire un supporto, anche solo con una parola o un racconto di vita».

Silvia sostiene che l’approccio di educatori e docenti debba essere propositivo, incoraggiante e libero da pregiudizi e tabù. «Quello che consiglierei è di credere sempre nelle potenzialità dei ragazzi, senza focalizzarsi sui loro limiti. È importante offrire loro supporto e fiducia. Ai ragazzi e agli adulti con disabilità invece vorrei dire di non smettere mai di credere in sé stessi, anche quando le difficoltà sembrano insormontabili. Ognuno ha il diritto di realizzarsi e trovare il proprio posto nel mondo, indipendentemente dalle sfide che si affrontano».

Silvia Calcavecchia

«È fondamentale decostruire l’idea che una persona sia definita solo dalla sua disabilità o malattia, perché ognuno di noi è fatto di una miriade di sfumature, di esperienze e di qualità che vanno ben oltre. Sta a noi fare lo sforzo di andare al di là dell’apparenza e riconoscere il valore e la complessità di ogni individuo, accettando e celebrando la diversità come una risorsa», aggiunge Silvia Calcavecchia.

«È importante anche sradicare un altro pregiudizio sociale, quello secondo cui una persona con disabilità, specialmente motoria, viene automaticamente considerata anche con una disabilità intellettiva. Se è vero che esistono condizioni che possono coinvolgere sia l’aspetto motorio che intellettivo, ci sono anche molte disabilità che colpiscono solo il corpo, senza intaccare l’intelletto. Un esempio emblematico è quello di Stephen Hawking, che nonostante una grave disabilità motoria, ha continuato a essere una delle menti più brillanti del nostro tempo. È fondamentale superare questo pregiudizio e riconoscere che l’intelligenza non è legata alla condizione fisica».

Con il suo spazio social Silvia cerca quotidianamente di sfatare pregiudizi e tabù. «Quando arrivano commenti spiacevoli da parte degli haters cerco di non farmi condizionare troppo e li considero come parte integrante del rischio di esporsi pubblicamente. Affronto questi commenti con equilibrio, cercando di usarli come occasione per riflettere e per sensibilizzare su quanto le parole possano ferire. In questo modo, anche la negatività può diventare un’opportunità per promuovere consapevolezza. Mi considero, però fortunata, perché la mia community è molto rispettosa. I messaggi negativi sono decisamente meno rispetto a quelli positivi».

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