29 Aprile 2025 | Tempo lettura: 6 minuti

I Cammini in Sardegna: percorsi per risvegliare l’anima e la memoria

In Sardegna ci sono otto cammini. Tre di essi rappresentano tappe storiche per l’Isola tra fede, cultura, ambiente, ma non solo. Sono anche un monito che tra passato e presente ricorda l’importanza della tutela ambientale.

Autore: Sara Brughitta
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Camminare ha accompagnato l’essere umano in ogni epoca. Ogni cultura, ogni comunità, ha percorso strade che l’hanno portata a conoscersi meglio e a entrare in contatto con il mondo esterno, e alcune di queste strade vengono tuttora oggi preservate e percorse dai pellegrini. I cammini in Sardegna – da attraversare, da percorrere, da vivere – sono otto.

Fra loro, il Cammino Francescano, il Cammino delle 100 Torri e il Cammino Minerario di Santa Barbara, che seppur percorrano strade diverse, si intrecciano sotto un filo rosso comune: quello di rappresentare delle tappe storiche dell’Isola. Ognuno di questi tre cammini offre ai pellegrini un’opportunità di riflessione, permettendo di esplorare le tracce lasciate dalla storia, per scoprirne non solo la memoria, ma anche come quel passato offra spunti di riflessione per il presente.

Il Cammino Francescano

La presenza dei francescani nell’Isola si attesta a circa 800 anni fa. Il Cammino Francescano in Sardegna ripercorre quelle tappe che segnano la presenza dei frati, con un percorso dalla durata di 8 giorni. Si parte da Cagliari, precisamente dal Santuario di Nostra Signora di Bonaria, si prosegue per Santa Gilla in direzione Uta, dove si trova il santuario medievale di Santa Maria, luogo che ha ospitato i francescani nei secoli passati. Ma il cammino, non si ferma qua. Continuando, si arriva a Gesturi, il paese natale di San Nicola, simbolo della religiosità e della cultura locale.

Cammini in Sardegna
Genoni, cavallini della Giara – foto del comune di Genoni

Il percorso prosegue tra le colline dell’alta Marmilla, fino a giungere a Genoni, situato sulla collina Santu Antine, dove è possibile visitare l’antico convento dei francescani, abbandonato nella seconda metà dell’Ottocento. Un pellegrinaggio che segue il corso del fiume Riu Misturadroxi, e giunge a Laconi, paese natale di Sant’Ignazio, rappresenta il culmine del cammino.

La domanda che potrebbe sorgere è: perché questo percorrere dovrebbe in qualche modo arricchire la percezione identitaria di sé? Non c’è una risposta univoca, ma una chiave di lettura potrebbe essere suggerita anche dalla celebrazione, nel 2025, dell’VIII centenario della composizione del “Cantico delle Creature” di San Francesco, che con la sua gratitudine verso ogni forma di vita nel mondo si presta ad una considerazione più attuale: una visione ecosostenibile e antispecista, che invita ad abbracciare una concezione di rispetto e uguaglianza tra tutte le forme di vita. Percorrere quindi, per non essere protagonista.

Il Cammino delle 100 torri

Altre riflessioni possono essere scaturite dal Cammino delle Cento Torri. Le torri, nate in periodi differenti – alcune ad esempio risalgono all’alto medioevo, altre nel XVI secolo –, sono testimonianze di un passato di lotte e difesa. Furono erette dai sardi per avvistare le navi nemiche e difendere l’isola dalle incursioni di predoni e conquistatori, creando un sistema di fortificazioni che proteggeva l’intera costa. Cammino più lungo d’Italia – si estende per ben 1284 chilometri divisi in 70 tappe – il percorso delle Cento Torri attraversa le coste della Sardegna, seguendo le 105 torri di avvistamento che punteggiano l’isola; sono loro le vere protagoniste di questo itinerario.

Cammini in Sardegna
Cabras, torre del porto – foto di Liberianto

Oggi, il Cammino offre sicuramente la visione di luoghi definiti spesso “paradisiaci”, ma lo sguardo deve andare oltre. Le torri, erette per proteggere la popolazione sarda dalle invasioni, rappresentano simbolicamente la resistenza, la determinazione e la lotta per la propria emancipazione. Il pellegrinaggio in quest’ottica è un invito a riflettere sulla storia di resistenza della popolazione locale contro le potenze straniere che tentarono di dominarle e su come questa resistenza sia ancora necessaria. Quelle che un tempo servivano per identificare le navi nemiche, possono essere ora un baluardo simbolico contro le possibili “invasioni” postmoderne, che non sono più solo di tipo militare, ma anche culturale e sociale. 

Il Cammino di Santa Barbara

Ricollegandoci al tema dell’ecosostenibilità – ma anche alla dominazione esterna che oggi si manifesta in maniera più difficilmente identificabile rispetto a una nave nemica – concludiamo con il Cammino di Santa Barbara. Perché un cammino ispirato dall’attività mineraria nell’Isola può offrire spunti di riflessione?  La storia dell’attività mineraria qui risale all’età nuragica (1500 a.C. – 800 a.C.), quando l’essere umano iniziò a sfruttare le risorse minerarie locali. Con il passare dei secoli questa tradizione si è sviluppata e ampliata lasciando tracce indelebili, come la rete di vie di comunicazione costruite dai Fenici, dai Punici e dai Romani per facilitare il trasporto dei minerali.

L’urgenza di cambiare rotta e affrontare nuovi cammini

Durante il XIX secolo, l’attività mineraria sarda raggiunse il suo apice, diventando però anche luogo di sfruttamento. Il Cammino Minerario di Santa Barbara, protettrice dei minatori, ci riporta quindi a momenti che hanno segnato la storia dell’Isola. È un percorso che si estende per circa 400 chilometri, snodandosi tra paesaggi variegati come le fitte foreste di Marganai, le bianche dune di Piscinas e le suggestive grotte di Is Zuddas, attraversando la regione del Sulcis Iglesiente Guspinese: una delle zone più ricche di storia mineraria della Sardegna. 

Un’altra caratteristica distintiva di questo cammino è l’attenzione dedicata all’emancipazione femminile e al desiderio di creare ambienti sicuri. Una sensibilità che si concretizza nell’iniziativa Let’s Go in Cammino Women, che prevede il pernottamento gratuito per le pellegrine nelle strutture convenzionate.

Camminando su queste antiche vie, non si può fare a meno di riflettere anche sul futuro: pensiamo al tema delle terre rare – che vede coinvolta anche la Sardegna – e a come ancora oggi, l’estrazione di minerali e risorse continui a suscitare interrogativi sul rapporto tra essere umano e natura. Il cammino quindi, tra da orizzonti sublimi e villaggi fantasma, fa riflettere rispetto all’impatto nel lungo termine dell’azione umana sull’ambiente, mettendoci di fronte alla responsabilità delle nostre scelte e all’urgenza di cambiare rotta. Affrontare nuovi cammini.

Cammini in Sardegna
Laveria Malfidano, Bugerru

I Cammini spirituali come “cica” identitaria

I cammini, come qualsiasi viaggio, nascono da una necessità che può assumere molteplici sfaccettature. Nel contesto del romanzo cavalleresco medievale, ad esempio, il protagonista intraprendeva un viaggio mosso dalla quête, termine che in francese medievale indicava proprio una ricerca, un cammino simbolico che permetteva di evolversi. Eppure allo stesso modo, nella Sardegna di oggi, Isola da tempo soggetta a un progressivo depauperamento culturale, linguistico, identitario ed economico, chi si avventura lungo i cammini sardi è spesso mosso da sa cica – in sardo, ricerca. Il cammino quindi diventa un’occasione che permette di consolidare la propria identità, in modo trasversale.

L’approccio etico verso l’ambiente, ispirato dalla concezione francescana, il valore simbolico di resistenza del Cammino delle 100 Torri e la memoria attiva del Cammino Minerario di Santa Barbara offrono al pellegrino tre percorsi diversi ma intrecciati, capaci di parlare al presente. Percorrere i cammini diventa allora un gesto di consapevolezza: un modo per riconnettersi con la terra, con la storia e con sé stessi.