8 Maggio 2025 | Tempo lettura: 11 minuti

Joint Stars in Sardegna: tra portaerei, screening pediatrici e sponsor delle armi, la beneficenza si fa armata

La Difesa organizza un weekend di beneficienza a Cagliari in parallelo alla più grande esercitazione militare italiana, la Joint Stars. Ma per decine di associazioni, comitati e singoli si tratta di propaganda bellica camuffata da solidarietà.

Autore: Lisa Ferreli
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In breve

Il caso dell’evento sardo che crea un’unione sospetta fra sanità e attività militari

  • Questo fine settimana a Cagliari si svolge la Joint Stars for Charity, un weekend di eventi benefici promossi dal Comando operativo di vertice interforze (COVI).
  • L’iniziativa – concerti, screening pediatrici, stand, animazione – si svolge in parallelo e rientra nell’ambito della Joint Start 2025, esercitazione militare interforze guidata dal COVI.
  • L’evento ha ricevuto il patrocinio gratuito della Regione Sardegna e del Comune di Cagliari ed è sostenuto da diverse grandi aziende, tra cui Leonardo, RWM Italia, Amazon, Terna e Conad.
  • Contro l’iniziativa si è creata una rete di oltre 90 realtà che parlano di warwashing, una strategia ovvero utile a ripulire l’immagine della guerra associandola a iniziative benefiche o sociali.
  • Il caso ha aperto un dibattito più ampio sul confine tra beneficenza e propaganda e sull’impatto delle servitù militari, ovvero i vincoli imposti su territori civili pubblici e privati per consentire l’uso o il controllo da parte delle forze armate.

Un concerto con raccolta fondi per l’acquisto di due posti letto per la terapia intensiva pediatrica dell’ARNAS Brotzu di Cagliari, screening sanitari gratuiti per i bambini su una portaerei, animazione, sport ma anche il “pasta party” e stand dove acquistare prodotti agroalimentari cui parte del ricavato di vendita andrà in beneficenza. La parola chiave della serie di eventi previsti questo fine settimana nel capoluogo sardo è “carità”, veicolata dalla denominazione dell’evento, Joint Stars for Charity e da una chiamata alla partecipazione che invita alla beneficenza. Ma è il contesto – ovvero l’esercitazione militare interforze Joint Stars 2025 – a creare non poche dissonanze di significato e a far gridare a tanti: «Questo è warwashing».

La Joint Stars 2025 è l’esercitazione nazionale interforze “più importante” della Difesa. Pianificata e condotta dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), vi partecipano tutte le forze armate, agenzie e corpi armati dello Stato italiano. L’ennesima esercitazione militare quindi che coinvolge il territorio sardo – sede di più del 60% del demanio militare italiano – e che quest’anno avrà però una duplice funzione: da un lato quella di esercitazione e addestramento militare, dall’altro quella di beneficenza, inclusione sociale e sostenibilità. Guerra e pace. Difficile definire un confine tra le parti, anche perché gli eventi viaggiano sullo stesso binario: quello delle servitù militari.

“Mentre la sanità pubblica è in crisi lo screening pediatrico si fa su una nave militare; mentre le scuole chiudono, si invitano i bambini a visitare portaerei. Non è supporto, è marketing della guerra”. Quella di Warfree – Lìberu dae sa gherra, rete sarda di attività, aziende e professionisti che promuovono una economia sostenibile e libera dalla guerra, è stata tra le prime voci di dissenso a sollevarsi, affiancata dal Comitato Riconversione RWM, che propone la riconversione dell’impianto della RWM (la cosiddetta “fabbrica di bombe”) in attività civili e sostenibili, per un’occupazione e un’economia etica. Per loro e per altre circa 90 realtà sottoscrittrici, la parola chiave del weekend è un’altra: propaganda bellica.

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Orgosolo, foto di Polly

Una Joint Stars, per la carità

“Gli organizzatori della manifestazione metteranno in scena una serie di attività evidentemente finalizzate a presentare le forze armate come positive per la popolazione sarda in quanto erogatrici di servizi gratuiti, prerogative di altri soggetti, a favore della parte più debole e influenzabile della cittadinanza: bambini e famiglie ai quali è spesso negato l’accesso a servizi essenziali come la prevenzione sanitaria pediatrica. Non possiamo accettare che si faccia becera propaganda sulla testa delle bambine, dei bambini e dei loro genitori“. Lo scrivono Warfree e il Comitato, lo sottoscrivono – per ora, ma l’elenco è in aggiornamento – 91 tra associazioni, organizzazioni, sindacati, partiti, comitati sardi i quali puntano il dito e spostano il focus sull’organizzazione.

A promuovere l’evento di beneficenza è il COVI, sotto il patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna, del Comune di Cagliari e “grazie alla generosità” – come specifica il portale Difesa Online – di aziende come Terna Driving Energy, Amazon, Barilla, Medea, Leonardo, MBDA, Reale Foundation, UniCredit, Conad, RWM Italia, Fondazione Grimaldi e Poste Italiane. Un elenco degli sponsor della Joint Stars for Charity che non è privo di ombre. C’è la RWM, controllata della multinazionale degli armamenti Rheinmetall, in Sardegna proprietaria della “fabbrica di bombe” tra Domusnovas e Iglesias. C’è Leonardo, colosso italiano della difesa e dell’industria militare, ma anche Terna, al centro delle lotte sarde contro la speculazione energetica.

Il risultato generale è un’alleanza eterogenea in cui beneficenza e industria bellica si mescolano in una narrazione a tinte rassicuranti – “Un gesto meraviglioso come il sorriso di un bambino”, recita la locandina della Joint Stars for Charity –, ma che a seguire l’ondata di proteste e indignazione che è montata in settimana in tutta l’Isola, pare tutt’altro che neutra. Presente anche l’agenzia regionale Fo.Re.STAS – che, contattata per una dichiarazione, non ha risposto – che distribuirà gratuitamente 1.500 piantine di macchia mediterranea. Un gesto simbolico e dal sapore ecologico, ma sui social, fucina del dissenso, c’è chi sottolinea come offrire una piantina “non può cancellare decenni di esercitazioni, esplosioni, contaminazioni e inquinamento”.

La guerra si nutre di propaganda e quella che è stata messa in piedi per la Joint Stars 2025 è assolutamente disgustosa

I casus belli quindi sono vari: le aziende a supporto, la collaborazione tra esercito e sanità pubblica, l’utilizzo di mezzi militari come luogo di cura – lo screening si terrà sulla Nave Trieste, l’unità d’assalto anfibio multiruolo più grande mai costruita per la Marina Militare – in contesto civile, lo scopo della raccolta fondi finalizzata alla realizzazione di un reparto di terapia intensiva pediatrica (che al momento in Sardegna non c’è) abbinata e portata avanti nel pieno di una esercitazione militare, ma non solo. Al centro c’è anche la legittimità istituzionale data alla Difesa nel portare avanti iniziative di salute pubblica e inclusione, con i patrocini di Regione e Capoluogo. La richiesta da parte della società civile in protesta, è di revoca.

La scintilla del patrocinio

«La guerra si nutre di propaganda e quella che è stata messa in piedi per la Joint Stars 2025 è assolutamente disgustosa. Gli stessi che con i loro prodotti generano morte e distruzione nel mondo vorrebbero ripulirsi l’immagine sostenendo iniziative benefiche sul territorio sardo». Per Arnaldo Scarpa di Warfree, anche il messaggio che arriva dalle istituzioni è ambiguo: «Dalle maggiori istituzioni regionali auspichiamo scelte concrete che sottraggano la Sardegna e i sardi a simili tentativi di inquinamento delle coscienze di un popolo e di una terra di pace».

Le istituzioni, dal canto loro, rispondono motivando le proprie scelte. «Il patrocinio gratuito – spiegano dalla Regione Sardegna – è concesso a Joint Stars for Charity in seguito a una richiesta di un’istituzione pubblica di stretta dipendenza del Ministero della Difesa; lo scopo è relativo a una “Manifestazione gratuita e benefica a scopo caritatevole a beneficio dell’ARNAS Brotzu”, per il finanziamento dei due posti letto. L’iter seguito è quello previsto per tutte le richieste: superata l’istruttoria, se non ci sono gravi motivi di ordine non discrezionale, non ci sono motivi per la revoca». Questo sul piano istituzionale ma sul piano politico, la posizione è più sfumata: i partiti di maggioranza in regione hanno preso le distanze, ma il patrocinio resta.

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La Nave Trieste coinvolta nella Joint Stars for Charity

Una posizione ribadita anche dal Comune di Cagliari, dove se i partiti della maggioranza a Palazzo Bacaredda si dissociano da “occasioni che rischiano di mascherare una propaganda bellicista”, il sindaco Massimo Zedda ribadisce il rispetto del regolamento comunale: «Il mancato rispetto potrebbe aprire un vulnus normativo, per cui risulta ancora più necessario osservare le regole». Ma le regole, bastano? Per Cinzia Guaita di Warfree, no: «Se le cose stanno così bisogna cambiare il regolamento: il patrocinio deve entrare nel merito della richiesta e della valenza civica. Che senso ha se è solo una questione tecnica?». Per Guaita il punto è culturale: «Dobbiamo essere più consapevoli dei sì e dei no che diciamo e delle conseguenze che hanno le nostre azioni».

Punto di vista condiviso anche da chi guarda alla questione con occhio giuridico, ma non solo. Per l’avvocata Giulia Lai il patrocinio alla Joint Stars è un atto in realtà revocabile: «Una lettura congiunta di tutte le norme indicate nei regolamenti ti fa dire che l’istituzione deve in ogni caso valutare la richiesta di patrocinio da un punto di vista oggettivo, quindi della sussistenza dei requisiti oggettivi per ottenerlo, ma anche soggettivo, come l’adesione morale all’iniziativa. In ogni caso ciò non toglie che, anche a seguito di concessione, secondo un principio generale del diritto, l’amministrazione possa agire sempre con un atto di annullamento in autotutela».

«La controparte – precisa Lai – può impugnare questo atto ma deve averne l’interesse diretto, come ad esempio il probabile danno economico che può conseguire l’annullamento del patrocinio che però, è un danno che qui non sussiste: il patrocinio è gratuito. D’altronde anche se le istituzioni annullassero il patrocinio, il patrocinato potrà sempre svolgere l’iniziativa. Dall’altro lato invece, Comune o Regione possono legittimamente giustificare l’atto di annullamento in autotutela, in quanto vi è stata una sollevazione popolare che dissente rispetto all’iniziativa e il Consiglio comunale si è dissociato dall’iniziativa stessa».

Ma la collaborazione con l’esercito è necessaria?

L’accusa di propaganda bellica scuote l’Isola e non si ferma davanti alle dichiarazioni politiche delle maggioranze, ma dalle istituzioni c’è anche chi rivendica le motivazioni a sostegno della manifestazione. In particolare, il presidente del Consiglio Comunale di Cagliari, Marco Benucci (PD). «Noi come istituzione reputiamo l’iniziativa benefica lodevole in un periodo in cui la sanità è in forte crisi», dichiara Benucci.

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Esercito italiano, immagine di repertorio Canva

«Fare uno screening a 160 bambini – prosegue – organizzare una manifestazione di promozione dello sport e la raccolta fondi per la rianimazione pediatrica dove manca un reparto dedicato, non possono che trovare il beneplacito dell’amministrazione. Se anche i militari mettono a disposizione le loro navi in questo caso per aprire gli ambulatori, in un contesto sardo in cui vorrei capire quanto impiegheremmo oggi con la sanità pubblica a fare uno screening gratuito a 160 bambini, non capisco perché non cogliere l’occasione».

La domanda sorge spontanea: il contesto è quindi tale da rendere necessaria la collaborazione con l’esercito in materia di sanità pubblica? «La sanità è sempre peggio – risponde –, sì ci sono altri modi per investire nella salute come assumere più medici, togliere numero chiuso e altri; questa sarebbe la risposta, ma non sono cose che possono cambiare da un giorno all’altro. Sono in difficoltà su alcune posizioni prese, secondo me ancora non si riesce a scindere le cose: l’esercito è un organo dello Stato, istituzione che non mi risulta faccia propaganda bellica, anzi. Quando interviene lo fa sempre in missioni di pace, non bombardiamo nessuno».

Un esercito che salutava sempre insomma, ma al netto della visione pacifista c’è anche l’ammissione di un’incapacità strutturale – e non risolvibile nell’immediato – di garantire servizi essenziali senza il supporto militare. Su questo punto arriva la risposta di Francesco Agus, consigliere regionale area Progressisti: «È inaccettabile che si ricorra al contributo delle forze armate per garantire servizi che rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), come gli screening, o per sopperire alla mancanza di una terapia intensiva pediatrica, bloccata da anni per l’inadempienza dell’azienda sanitaria».

«Dire che non si possano garantire con le risorse ordinarie della Regione è doppiamente assurdo: la sanità sarda costa 4 miliardi l’anno ed è impensabile che non si riescano a finanziare i servizi essenziali». E alla domanda sul perché allora la sollevazione contro la Joint Stars for Charity abbia coinvolto i partiti di maggioranza solo a una settimana dall’evento, Agus risponde: «Avevo segnalato la questione legata alla terapia intensiva scippata ai trapiantati appena letta la notizia, chiedendo come fosse possibile realizzare la nuova struttura pediatrica con il contributo dell’esercito. Certe cose non vanno sottovalutate ed è utile che in sanità la maggioranza si confronti su tutto e non sottovaluti niente».

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ARNAS G. Brotzu, foto di ARNAS G. Brotzu

«Anche perché – aggiunge in conclusione – in questo caso non parliamo di qualcosa caduta dall’alto, ma di un’azione svolta in partnership da un’azienda sanitaria pubblica, l’ARNAS Brotzu. È giusto chiederci in che modo l’assessorato alla sanità sia stato informato e coinvolto affinché simili sottovalutazioni non si verifichino più».

Joint Stars e il confine tra solidarietà e propaganda

Quello che invece dichiarano dal Brotzu attraverso una nota è che “si tratta di un’opportunità concreta per rafforzare le dotazioni di un presidio fondamentale per la cura dei più piccoli, con un impatto diretto e positivo sulla salute pubblica sarda. La partecipazione dell’azienda a iniziative connesse alle esercitazioni Joint Stars 2025 si inserisce in un contesto esclusivamente umanitario e solidale, e non ha alcuna finalità di natura politica o militare“. La Joint Stars for Charity quindi “mette al centro la solidarietà concreta e il rafforzamento della sanità pubblica. La tutela del diritto alla salute resta per l’ARNAS G. Brotzu la missione prioritaria, perseguita al di fuori di ogni possibile strumentalizzazione ideologica”.

Ma quello che in generale emerge, sono i contorni di una frattura che è politica prima ancora che ideologica. E in questo equilibrio sempre più precario tra emergenza e legittimazione, si inserisce il tema più profondo: il confine tra solidarietà e propaganda. Dove finisce l’azione benefica e dove inizia la narrazione strategica? In fondo, forse, la domanda non è se l’iniziativa della Joint Stars for Charity porterà posti letto in terapia intensiva pediatrica. Ma a quale prezzo. E soprattutto, a nome di chi.