“Vivo questo tempo e non lo posso ignorare”: lo sguardo illustrato (e radicato) di Rikatz
Illustratore, fumettista e animatore, Riccardo Atzeni – in arte Rikatz – racconta cosa significa fare arte dalla Sardegna, tra radici, complessità identitarie e impegno sociale.

Lavorare come illustratore o illustratrice in Sardegna ha sicuramente le sue peculiarità: se da un lato vivere nell’Isola offre occasioni di raccontare una realtà spesso dimenticate, dall’altro ci sono difficoltà concrete legate alla logistica e al networking, particolarmente evidenti in settori creativi come l’illustrazione, il fumetto e l’animazione. Spostamenti lunghi e costosi per partecipare a eventi, fiere e festival possono essere un ostacolo per chi desidera costruire una professionalità in questi ambiti.
In questo contesto Riccardo Atzeni – in arte Rikatz –, illustratore, fumettista e animatore, racconta come la scelta di restare in Sardegna non sia stata un limite, ma una fonte di ispirazione. Un “restare” da cui nasce anche una visione artistica: quello di Rikatz diventa allora un lavoro radicato nel territorio, attento alle questioni sociali e in costante dialogo con la comunità.
Rikatz, quali possono essere le eventuali difficoltà legate allo stare in un ambiente non tanto circoscritto, quanto piuttosto caratterizzato da non poche limitazioni, pensiamo ad esempio le difficoltà legate alla continuità territoriale?
Vivere in Sardegna ovviamente comporta delle complicazioni in più rispetto a chi lavora negli stessi settori sulla terraferma: l’illustrazione, il fumetto e soprattutto l’animazione sono ambiti molto legati alla rete di contatti e alla partecipazione attiva a eventi, fiere, incontri. In particolare, il fumetto ha una comunità molto viva e il contatto diretto con editori, colleghi e pubblico è di vitale importanza. Dunque partecipare a questi momenti significa affrontare viaggi lunghi e costosi. Oggi certo, abbiamo strumenti digitali che accorciano le distanze, ma non è la stessa cosa.

Il confronto diretto, la chiacchierata a margine di un evento, l’incontro casuale sono insostituibili. E sì, mi sono chiesto se trasferirmi avrebbe cambiato le cose. Probabilmente, se 15 anni fa mi fossi spostato, alcune opportunità sarebbero arrivate prima. Alla fine però sono rimasto a Cagliari. Non so se è stata una scelta del tutto consapevole, ma è andata così. Col senno di poi penso che ci sia un valore raccontare un centro un po’ più piccolo, che spesso viene dimenticato per nessun motivo valido, e c’è altrettanto valore anche nel rimanere in luoghi diversi da quelli più battuti e in quest’ottica tutto ciò diventa un vantaggio.
Altra caratteristica della Sardegna è l’essere un’Isola ricca di lotte, dove la giustizia sociale è un tema che emerge e viene rivendicato spesso. Ѐ un qualcosa che emerge anche nell’arte firmata Rikatz.
Io sono sardo, certo, ma forse non rientro subito nell’immagine stereotipata che molti hanno del “sardo”. Sono nato negli anni ’80 a Cagliari, una città ibrida sotto molti aspetti, anche rispetto all’identità isolana. Sono cresciuto in un periodo in cui si stava ormai perdendo l’abitudine di trasmettere la lingua sarda ai figli e quindi io mi trovo oggi a vivere in una terra in cui si parla una lingua che però non sento mia. Questo crea un cortocircuito: mi sento parte di questo territorio, ma allo stesso tempo mi mancano alcune chiavi per comprenderlo pienamente. Ecco, secondo me fuori dalla Sardegna non si capisce davvero quanto sia complesso essere sardi.
Vivere qui significa essere costantemente dentro una domanda aperta: cosa sono le radici?
Vivere qui significa essere costantemente dentro una domanda aperta: cosa sono le radici? Io, sinceramente, non so rispondere con certezza. Ma credo che questa incertezza sia parte integrante della vita in un territorio come il nostro, dove convivono identità molteplici e spesso contrastanti. Queste riflessioni ritornano inevitabilmente anche nel mio lavoro. Da quasi nove anni, ad esempio, sto lavorando a un lungometraggio d’animazione che si chiama Un Viaggio a Teulada, una coproduzione internazionale sardo-franco-belga diretta da Nicola Contini, regista del sud Sardegna.
Il film racconta una vicenda locale, ma di valore universale: la storia – romanzata, ma basata su fatti reali – di una comunità che negli anni ’50 viveva nella zona di Foxi, vicino a Teulada, e che si vide costretta a lasciare le proprie case per far posto alla più grande base militare NATO in Europa [Teulada, nel sud della Sardegna, è sede del Poligono Militare di Capo Teulada, un poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare affidato all’Esercito Italiano e messo a disposizione della NATO ndr]. La popolazione non fu consultata: fu semplicemente espropriata della propria casa, senza possibilità di replica.

Per molti, quella casa non era solo un’abitazione: era anche lavoro, radici, identità. Ed è una dinamica che si ripete nel mondo ovunque: una piccola comunità povera che viene spazzata via da un potere molto più grande, che porta con sé la modernità, ma anche lo sfruttamento. Questa è una storia che si può capire anche in Asia, in Africa o in Sud America. E allora sì, essere e lavorare in Sardegna ti mette spesso davanti a questioni complesse, identitarie ma anche universali.
Una produzione artistica che è quindi anche impegnata: si tratta di una scelta motivata principalmente da un’urgenza personale o questo orientamento riflette anche una scelta consapevole nel e del percorso professionale?
Non so nemmeno se definirmi una persona che fa attivismo. Ho un enorme rispetto per chi si occupa davvero di attivismo e quello che faccio io con il disegno mi sembra quasi nulla al confronto. Il mio è un piccolo gesto per dire: “Ecco, anche io vivo in questo tempo e non posso ignorare ciò che succede attorno a me”.
I tempi che viviamo sono troppo complessi per far finta di niente per cui sento il bisogno di non voltarmi dall’altra parte. La globalizzazione e i social ci hanno fatto capire che tutto è interconnesso. Quello che accade lontano – in Palestina e nel Medio Oriente, in Ucraina – non è affatto distante. E la Sardegna, che spesso è percepita come periferica, in realtà è al centro di questioni militari internazionali. Penso che ignorare tutto questo sia ormai impossibile. Nel mio piccolo, cerco di collaborare con realtà che sento vicine: a Cagliari, ad esempio l’associazione Amicizia Sardegna-Palestina ma anche ARC, che si occupa di diritti LGBTQIA+.

In conclusione e ritornando al tema del lavoro, quali potrebbero essere delle iniziative concrete, utili a migliorare le condizioni lavorative ma anche a rendere più sostenibile e accessibile l’attività artistica e creativa in Sardegna?
Fino a pochi anni fa avrei pensato che una delle chiavi per migliorare la professione fosse l’utilizzo degli strumenti tecnologici, come i social, per esporre il proprio lavoro. Tuttavia temo che con l’arrivo dell’intelligenza artificiale il lavoro di gavetta – che è stato fondamentale per la mia generazione – venga progressivamente sostituito dalla tecnologia, togliendo ai nuovi arrivati la possibilità di fare esperienza sul campo e di stabilire contatti diretti. Nonostante ciò, negli ultimi anni ho visto anche crescere una comunità di professioniste e professionisti sardi che si muovono attivamente in vari settori come l’illustrazione, il fumetto e l’animazione. Le iniziative locali, come mostre e incontri, sono un’opportunità di aggregazione.
A Cagliari, Nuoro, Sassari e in altri paesi più piccoli, si sta sviluppando una consapevolezza crescente sul fatto che la Sardegna ha molto da offrire in termini di creatività e sempre più professionisti stanno trovando una loro identità; tutti elementi che portano a sviluppare e rafforzare un senso di appartenenza comunitario. Ecco, credo che l’importante sia che si continui a sostenere questo senso di comunità grazie a cui ognuno può esprimere la propria voce in maniera unica. Mi piace vedere quanto colleghi e colleghe riescono a farsi strada, anche in ambiti importanti come giornali o media di rilevo. La gioia che provo quando uno di loro ottiene un lavoro importante mi fa sentire parte di un movimento in crescita.
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