L’aborto è un diritto, ma nell’Isola un po’ meno
Un’inchiesta Indip a firma di Andrea Carboni che pone l’attenzione sugli ostacoli alla garanzia d’accesso al diritto all’aborto in Sardegna.

Quello per l’aborto è un diritto acquisito da 47 anni, eppure in Sardegna permangono ancora molti ostacoli. La libera scelta, garantita dalla legge 194 del 1978, è condizionata dallo stato non roseo del sistema sanitario regionale. Al diritto di scegliere se proseguire una gravidanza si lega un’altra libertà. A parte casi clinici particolari infatti, spetta alle donne decidere quale metodo utilizzare e se effettuare la procedura a domicilio o in una struttura sanitaria. Tale decisione non appare sempre libera sull’isola, almeno secondo i dati degli ultimi anni: rispetto all’anno precedente, nel 2023 aumentano le interruzioni di gravidanza praticate con il metodo farmacologico (51%) ma è altrettanto vero che ci sono profonde differenze tra i vari territori.
Aborto in Sardegna
La fondazione Confalonieri Ragonese, assieme alle principali associazioni di categoria (Sigo, Aogoi e Agui), analizza i dati sull’aborto farmacologico e propone delle buone pratiche destinate agli operatori sanitari. Sull’isola si registra la quota più alta (24,9%) di Ivg che avviene chirurgicamente tramite raschiamento. Secondo i dati Istat, anche nel 2022 la Sardegna ha registrato la quota più elevata (20,9%) di interruzioni praticate con questo metodo. Eppure, come dimostrano i dati nazionali e la letteratura scientifica, il metodo farmacologico è sicuro e preferibile in quanto meno invasivo. Inoltre l’intervento chirurgico è più costoso perché prevede l’ospedalizzazione, l’uso di sale operatorie e una schiera di professionisti come anestesisti, chirurghi e altri operatori sanitari.

La provincia di residenza poi può fare la differenza. In Sardegna non c’è infatti uniformità sui metodi utilizzati per le interruzioni di gravidanza. Nel 2022, quasi il 60% delle Ivg è avvenuto con metodi chirurgici – raschiamento, metodo di Karman o altre forme di isterosuzione – mentre il 39% attraverso i farmaci. La provincia di Sassari registra il più alto numero di operazioni chirurgiche (74,8%), mentre la quota di interruzioni farmacologiche è la più bassa in regione. Invece nel cagliaritano e nell’ormai soppressa provincia del Sud Sardegna, gli aborti farmacologici superano quelli chirurgici.
Dal 2018 l’uso del metodo farmacologico continua a crescere, mentre si osserva una diminuzione costante degli interventi chirurgici. Una tendenza ancora più evidente nel cagliaritano, dove nel 2021 il rapporto tra i due metodi si è sostanzialmente invertito. Insomma, l’uso dei farmaci ha superato il ricorso alle operazioni. Tuttavia è bene sottolineare che il sorpasso è avvenuto solo recentemente anche se le soluzioni farmacologiche sono disponibili da più di un decennio.
Non è tutto oro quel che luccica
L’istituto superiore di sanità (Iss), tramite il progetto Ccm 2022, ha analizzato i dati raccolti dal sistema di sorveglianza delle interruzioni volontarie di gravidanza. Per quanto riguarda la Sardegna, l’Iss rileva che nella maggior parte dei reparti di ostetricia e/o ginecologia è praticata l’Ivg. I reparti di questo tipo sono 22, l’interruzione di gravidanza può essere richiesta in 14 strutture che corrispondono al 63,6% dei servizi ostetrico-ginecologici.

La mappatura dell’Iss considera anche i metodi utilizzati in questi stabilimenti. Qui casca l’asino, perché anche nelle province più virtuose, come quella di Cagliari, saltano fuori strutture che non offrono affatto l’alternativa farmacologica. Tralasciando le strutture che effettuano un basso numero di Ivg, come l’ospedale pediatrico Microcitemico – 12 Ivg nel 2022 – o l’ospedale Nostra Signora della Mercede di Lanusei – 5 Ivg –, rimangono due strutture private che nel complesso hanno effettuato 130 Ivg, di cui nemmeno una utilizzando il metodo farmacologico.
Si tratta della Casa di cura Sant’Anna e della Casa di Cura villa Elena, le uniche cliniche private dell’isola in cui è possibile richiedere l’Ivg. Solo una delle due strutture fa riferimento genericamente alla possibilità di richiedere l’Ivg, ma nessuna delle due indica la possibilità di richiedere il metodo farmacologico. Una questione da non sottovalutare, anche perché come ricorda l’Iss la Sardegna è una delle quattro regioni con la più alta percentuale di Ivg effettuate nelle cliniche private. Sull’isola il 12% delle interruzioni volontarie di gravidanza è praticato da privati convenzionati, contro una media nazionale del 3,8%.
Il ruolo dei consultori familiari
I consultori familiari hanno un’importanza fondamentale in termini di prevenzione e promozione della salute. Dal 2020 i consultori hanno un ruolo ancora più importante per quanto riguarda le interruzioni volontarie di gravidanza. Infatti, in seguito all’aggiornamento delle linee guida ministeriali, non è più necessaria l’ospedalizzazione per somministrare i farmaci per l’Ivg, cioè mifepristone (RU-486) e prostaglandine. La procedura può essere eseguita in day hospital, cioè in ospedale, nell’arco di una giornata, ma anche in strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, compresi i consultori. Di conseguenza l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha rimosso il vincolo del ricovero dal momento dell’assunzione dei farmaci fino al completamento della procedura. Oggi è quindi possibile completare la procedura anche a domicilio.

Secondo i dati raccolti dall’Iss, nel 2022 l’isola contava 63 consultori. Il counseling, cioè il primo incontro durante il quale viene offerta una consulenza psicologica per analizzare le singole situazioni, è offerto in 45 strutture dell’isola, corrispondenti al 71,4% dei consultori. Dopo questo primo incontro, per poter accedere all’interruzione di gravidanza è necessario un certificato che può essere rilasciato nei consultori oppure dal medico di base o da un ginecologo. Tale documento attesta lo stato di gravidanza, la richiesta di aborto e l’avvenuto colloquio con il personale medico.
Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2022 i consultori sardi hanno rilasciato il 16,1% dei certificati rispetto al totale delle interruzioni di gravidanza richieste. Si tratta di una quota minima e ben lontana dalla media nazionale, che risulta del 43,9%. Anche in questo caso, la provincia di residenza può incidere drasticamente sul rilascio di questo importante documento. Per esempio, nel 2022 il consultorio di Iglesias non ha rilasciato nemmeno un certificato per le Ivg effettuate nel presidio ospedaliero Cto.
Considerando le altre strutture che effettuano almeno 30 Ivg ogni anno, la percentuale di certificati rilasciati dai consultori si attesta sotto al 20%. In provincia di Cagliari, le due strutture private che effettuano le interruzioni di gravidanza in convenzione registrano le quote più basse di certificazioni provenienti dai consultori, cioè l’1,4% in un caso e il 3,3% nell’altro. Dai numeri emerge che il ruolo dei consultori sardi appare ridimensionato rispetto al resto d’Italia, ancor più se si considerano i controlli effettuati in seguito all’interruzione volontaria di gravidanza. Infatti, secondo il ministero della Salute, sull’isola solo il 10% dei controlli post-Ivg avviene in consultorio contro una media nazionale del 20%.
L’obiezione di coscienza può ostacolare l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza
Obiezione di coscienza e conseguenza
L’obiezione di coscienza può ostacolare l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. La legge 194/78 prevede la possibilità per il personale sanitario di astenersi dalle attività dirette a interrompere la gravidanza. In ogni caso, i professionisti obiettori devono garantire l’assistenza prima e dopo l’intervento o la somministrazione dei farmaci per l’Ivg.
I dati sull’obiezione di coscienza in Sardegna sono incompleti e disponibili solo fino al 2021. In generale, si registra una percentuale leggermente più alta rispetto alla media nazionale. La maggior parte dei ginecologi sardi (61,5%) risultano obiettori contro una media nazionale del 60,7%. Tra gli anestesisti si registra un tasso di obiezione del 41,3% (37,2% in Italia), mentre tra il personale non medico la quota di obiettori si abbassa al 34,4% (32,1% in Italia).
Tempi di attesa e mobilità
L’82,5% delle Ivg sull’isola avviene entro il periodo consigliato dalle linee guida, cioè entro 14 giorni dalla richiesta, mentre l’11,7% è erogato tra i 15 e i 21 giorni dalla richiesta. A prima vista, i tempi di attesa nella maggior parte dei casi vengono rispettati, tuttavia è bene considerare anche quante donne sono costrette a spostarsi dalla propria provincia di residenza per effettuare l’Ivg.

A questo proposito, l’Istat calcola un indicatore di emigrazione riferito alle interruzioni volontarie di gravidanza. Secondo i dati raccolti nel 2022, il 10% delle donne è costretta a spostarsi mentre il 3,42% si reca in un’altra regione per effettuare la procedura. Analizzando ogni provincia nel dettaglio, emerge che in alcuni territori è molto più difficile accedere all’Ivg.
Dai numeri si deduce che nell’ex-provincia del Sud Sardegna è molto complicato accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, tant’è che il 71,37% delle richiedenti si sono spostate in altre zone dell’isola per effettuare la procedura. Segue la provincia di Oristano, dove oltre la metà delle donne (53,54%) è stata costretta a spostarsi in altre zone della Sardegna per far valere un loro diritto. Anche dalla provincia di Nuoro si sposta una quota elevata di persone, corrispondente al 38,71% delle richiedenti l’Ivg. Una situazione inaccettabile, al punto che molte donne che risiedono in queste tre province preferiscono recarsi in un’altra regione pur di ottenere l’assistenza di cui necessitano.
Il tema dell’interruzione volontaria di gravidanza è particolarmente complesso, soprattutto perché non riguarda solo la salute ma tocca anche altri aspetti. Tuttavia, le opinioni personali, l’etica e la politica non possono condizionare la libera scelta e i diritti conquistati 47 anni fa. Abbiamo trattato cifre e percentuali per fornire un quadro il più completo possibile sul tema. Bisogna sempre tenere a mente che questi dati, a prima vista asettici, si riferiscono alle donne e alla loro libera scelta. Una libertà che non dovrebbe essere condizionata dalle opinioni altrui, ancor meno dalle carenze del sistema sanitario regionale.
Puoi leggere la versione integrale dell’inchiesta di Andrea Carboni su Indip e tutte le altre inchieste gratuite qui.
Informazioni chiave
Aborto: il contesto generale
La legge 194 del 1978 garantisce il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) ma in Sardegna – così come in altre Regioni –, persistono ostacoli strutturali e territoriali.
Questione di metodi…
La Sardegna è la regione con la quota più alta di aborti chirurgici tramite raschiamento rispetto a quelli effettuati con metodo farmacologico, più sicuro, meno invasivo e più economico.
… e disparità territoriali
In Sardegna non c’è uniformità territoriale sui metodi utilizzati per le interruzioni di gravidanza. Inoltre il 10% delle donne deve spostarsi in un’altra provincia, il 3,42% in un’altra regione.
L’obiezione di coscienza
Nell’Isola la percentuale di ginecologi, anestesisti e personale non medico obiettori sono è superiore alla media italiana.
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