Campidarte, quando dei capannoni agricoli diventano fucine di arte, socialità e solidarietà
Campidarte ha trasformato un’ex azienda avicola in un laboratorio di arte, natura e socialità. Tra riuso creativo, economia circolare e residenze artistiche, oggi è un luogo che intreccia cultura, educazione e comunità.
In breve
La storia di un’azienda agricola diventata centro di cultura ed economia circolare.
- Campidarte è un centro culturale nato nel 2012 in Sardegna, all’interno di un’ex azienda avicola di famiglia. I fratelli Rita e Giorgio Deplano hanno trasformato i vecchi capannoni agricoli in spazi dedicati ad arte, socialità ed economia circolare.
- Il progetto unisce riuso creativo dei materiali, attività artistiche e culturali ma anche percorsi educativi, soprattutto per bambini, con fattoria didattica e laboratori di riciclo.
- L’obiettivo dei fondatori è trasformare Campidarte in un parco culturale a cielo aperto, con sempre più installazioni, attività e spazi rigenerati.
Campidarte è un centro sperimentale artistico e produttivo nato in Sardegna nel 2012, immerso nella campagna di Monte Assorgia, tra i Comuni di Ussana e Monastir. La sua storia è singolare: il progetto prende vita all’interno dell’azienda agricola C.I.O., attiva da oltre cinquant’anni nel settore avicolo, e si sviluppa su 16 ettari di terra. Fondato dai fratelli Rita e Giorgio Deplano – quest’ultimo direttore artistico – Campidarte nasce dal desiderio di unire design, cibo e natura, ma anche dalla volontà di reinventare l’idea di lavoro e socialità, dando nuova vita a spazi agricoli in disuso e contribuendo alla riqualificazione del territorio.
In un’epoca dominata dal consumismo e dalla logica dell’usa e getta, Campidarte è una boccata d’aria fresca durante una stagione di capitalismo afoso. I valori che guidano il progetto sono chiari: eco-sostenibilità, riuso dei materiali, consumo consapevole e attenzione ai prodotti locali, uniti dal fil rouge dell’arte in tutte le sue forme. Rita Deplano racconta una realtà che propone un’alternativa concreta, basata sulla creatività, sul sogno e sulla capacità di valorizzare ciò che già esiste.

Campidarte nasce 13 anni fa. A oggi cosa è cambiato? È diventato ciò che fin dall’inizio avevate immaginato?
Abbiamo iniziato nel 2012, ma dopo qualche anno ci siamo fermati: non sono stati quindi dieci anni continuativi. In quel periodo io mi sono dedicata soprattutto all’aspetto agricolo, mentre mio fratello Giorgio è partito per Berlino. Riprendere il progetto richiedeva investimenti importanti e durante il periodo del Covid ci siamo messi a lavorare sugli aspetti burocratici. Approfittando del blocco ci siamo dedicati totalmente al progetto e, da circa tre anni e mezzo, siamo operativi come agriturismo in maniera continuativa.
Oggi possiamo dire che siamo andati oltre le nostre aspettative. Se l’idea iniziale era quella di creare un luogo di socialità, di scambio e di arte, con il tempo questo spazio è diventato persino qualcosa in più: ce ne accorgiamo dall’energia che si respira e dal riscontro delle persone, che lo confermano ogni volta che partecipano a un evento o che un artista viene in residenza.
Il nostro obiettivo resta diffondere cultura e creare connessioni, ma la vera forza sta nella rete di realtà locali con cui collaboriamo da sempre e nel supporto di uno staff affezionato, che condivide e porta avanti il progetto con noi. Vogliamo diffondere cultura e favorire la socialità: questo è sempre stato l’aspetto centrale. Ma la cosa più bella è rendersi conto che le persone sentono davvero il bisogno di luoghi come questo. E poter offrire loro uno spazio in cui ritrovarsi, scambiare idee e vivere esperienze artistiche è per noi la soddisfazione più grande.
La nostra è una forma di economia circolare: tutto ciò che ricaviamo viene reinvestito in arte e cultura
Viviamo in un’epoca in cui tutto scorre molto velocemente: è più semplice comprare e buttare, piuttosto che ridare nuova vita alle cose. In che modo siete riusciti a riportare al centro questa necessità di rigenerare e dare continuità?
Su questo terreno nostro padre aveva avviato un’attività di produzione di pulcini da allevamento, poi interrotta, lasciando i capannoni inutilizzati. Dopo gli studi universitari, mio fratello – laureato in disegno industriale al Politecnico di Milano e ora direttore artistico di Campidarte – è tornato con l’idea di realizzare arredi. Lavorando all’interno di uno dei capannoni è stato un genio del riuso, ha ad esempio trasformato le vecchie mangiatoie in lampade e i tubi di alimentazione nei sostegni dei gazebo. Questo è stato il primo passo nel riuso creativo. I nostri eventi sono molto diversi tra loro: mostre, spettacoli, talk, e quasi sempre includono anche uno spettacolo gratuito dedicato ai bambini.

C’è un intento educativo dietro la scelta di proporre attività dedicate ai più piccoli?
Assolutamente sì. A Campidarte l’aspetto educativo è centrale e si sviluppa in vari modi. Si possono ammirare le opere degli artisti, spesso internazionali. È molto interessante, anche per i più piccoli, ascoltare il racconto di un artista che magari arriva dal Messico per realizzare un murales che rappresenta il suo paese.
È un’occasione per avvicinare i bambini – e non solo – a un’arte contemporanea viva, raccontata direttamente da chi la crea. Proponiamo anche laboratori creativi incentrati sul riuso: plastica riciclata, scarti di legno e altri materiali di recupero vengono trasformati in oggetti o piccole opere. L’aspetto educativo, in realtà, non si limita ai bambini: abbiamo percorsi e metodologie diverse pensate anche per gli adulti. È un approccio culturale che nasce dalla consapevolezza di proporre esperienze fuori dagli schemi tradizionali, capaci di stimolare riflessione, creatività e partecipazione attiva.

Se poteste sognare in grande, dimenticando per un attimo i limiti della realtà, cosa immaginereste per il futuro di Campidarte?
Uno dei nostri sogni è poter avere già dei posti letto all’interno dell’azienda, per accogliere chi partecipa ai nostri eventi e ci chiede spesso di poter restare a dormire. Sarebbe un primo passo importante per ampliare l’esperienza di Campidarte. Un altro sogno lo stiamo già realizzando: stiamo ristrutturando un secondo capannone, togliendo l’eternit e installando pannelli fotovoltaici, proprio come avevamo fatto nel 2016 con l’agriturismo. Questo ci permette di diventare più autonomi dal punto di vista energetico e di riattivare spazi che potranno ospitare mostre, laboratori, performance e residenze artistiche.
Immaginiamo Campidarte come un parco culturale a cielo aperto, con sempre più installazioni e artisti, un’arena all’aperto tra le vallate, attività per bambini come la Summer School che abbiamo già sperimentato con grande successo. La nostra è una forma di economia circolare: tutto ciò che ricaviamo viene reinvestito in arte e cultura, per ospitare artisti, spettacoli, progetti. L’obiettivo è continuare a proporre cultura in ogni sua forma: crediamo davvero che possa trasformare le persone. Anche nei momenti più difficili, ci sono segnali – come gli eventi a supporto della popolazione palestinese a Gaza che abbiamo organizzato – che ci fanno ritrovare fiducia nell’umanità, e ci motivano ad andare avanti.










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