Contro lo scolasticidio, un corridoio verso le università sarde dedicato a studenti palestinesi
Regione Sardegna e Università di Sassari hanno stanziato fondi destinati a borse di studio per studenti palestinesi di Gaza, grazie all’impegno di Gaza Students Beyond Borders. Ne parliamo con l’attivista Federica Calbini.
Tra le parole che danno forma alle cronache del massacro in corso in Palestina c’è il termine “scolasticidio”. Cosa significhi l’ha spiegato ad Altreconomia Sameer Hanna Khader, docente del Politecnico di Hebron, parlando di quanto accade nella Striscia di Gaza: “È la distruzione del futuro e della speranza dei giovani”.
Un’azione quindi che va oltre l’annientamento dei luoghi della conoscenza, mirando in maniera sistemica alla cultura stessa e alla sua possibilità di trasmissione. Il rapporto di luglio 2025 delle Nazioni Unite parla chiaro: il 97% degli edifici scolastici di Gaza risulta distrutto o danneggiato. Che “ogni università a Gaza è stata distrutta” UNICEF lo riportava già ad aprile 2024.
Una distruzione che però non riguarda solo i luoghi, ma anche le persone; intere generazioni di studenti e studentesse di ogni ordine e grado impossibilitati a conoscere. «Nonostante ciò la studentessa palestinese con cui sono in contatto mi ha raccontato di aver continuato tra le bombe a seguire corsi e a sostenere esami universitari a distanza fino all’ultimo, lei come tanti. Poi però mi ha detto anche di voler lasciare Gaza». A parlare è Federica Calbini, attivista sarda, collaboratrice del progetto per il diritto allo studio universale Gaza Students Beyond Borders. Leila – nome di fantasia – è una universitaria palestinese con cui è entrata in contatto via social un anno fa, iscritta con borsa di studio in un Ateneo italiano.
Avrebbe potuto prendere un volo diretto in Italia anche per proseguire gli studi, ma senza un corridoio umanitario e soprattutto un visto – che nella Gaza assediata da Israele fatica ad arrivare – studiare, muoversi, andarsene e scegliere, diventa impossibile. Ma lo “scolasticidio” non è rimasto sullo sfondo: il dissenso verso il genocidio negli ultimi mesi si è tradotto anche nella pressione e nell’impegno di un gruppo di attivisti (quelli di Gaza Students Beyond Borders, ma non solo) che anche grazie alla collaborazione – non senza fatica – delle istituzioni hanno reso possibile una borsa di studio, un visto, un corridoio e una possibilità di formazione e tutela per tante e tanti universitari palestinesi. Anche in Sardegna.

Dalla Regione Sardegna 120.000 euro
A fine settembre infatti la giunta Todde ha deliberato l’assegnazione di 120.000 euro per dieci borse di studio destinate a garantire il diritto allo studio a studenti residenti nella Striscia di Gaza. «In questo modo – ha dichiarato l’assessora regionale dell’Istruzione, Ilaria Portas – offriamo loro la possibilità di avviare o completare la formazione appoggiandosi agli Atenei isolani. Il loro futuro non può che passare attraverso il completamento degli studi». Un’iniziativa che si inserisce nel “Progetto umanitario educativo congiunto – Misure urgenti per il rilascio dei visti, l’istituzione di corridoi umanitari educativi e l’accoglienza integrata di studenti palestinesi bloccati a Gaza” e che prende vita grazie alla collaborazione con Gaza Students Beyond Borders.
Il cuore del progetto è emblema di rivoluzione: “Fiori dai cannoni”. Promossa da Another Coffee Stories in collaborazione con Gaza Students Beyond Borders, l’iniziativa chiede al governo italiano di intervenire con urgenza a tutela del diritto allo studio e alla vita di studenti e studentesse di Gaza. «Il nostro lavoro è stato a più livelli», spiega Federica Calbini. «Parte essenziale è stato il supporto di Matteo Luigi Napolitano, delegato Internazionale del Comitato Pontificio di Scienze Storiche, consulente del Servizio Storico del Ministero degli Esteri e Professore di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Molise: lui ha avviato le comunicazioni necessarie affinché si potesse sperare nella solerte evacuazione dei ragazzi».
Dieci borse di studio da 12mila euro ciascuna, ripartite equamente tra l’Università di Cagliari e l’Università di Sassari
E mentre grazie a passaparola e interlocuzioni il progetto “Fiori dai cannoni” veniva presentato alla Camera dalla Segretaria di Presidenza della Camera dei Deputati Gilda Sportiello, con la richiesta di riconoscere lo status di “emergenza educativa” e qualificare l’iniziativa come missione umanitaria urgente, l’azione di pressione istituzionale si è articolata anche a livello regionale. «Agli atenei sardi, ma soprattutto alla Regione, ho chiesto un contributo attivo affinché stanziassero quante più opportunità possibili per l’accesso al diritto allo studio universale e la creazione di un corridoio umanitario», prosegue Calbini.
«Quello che poi è successo – racconta – è che il 24 settembre la Regione Sardegna ha accolto la richiesta da parte di Gaza Students Beyond Borders stanziando 120.000 euro». Tradotto: dieci borse di studio da 12.000 euro ciascuna, ripartite equamente tra l’Università di Cagliari e l’Università di Sassari. «Un primo faticoso passo», commenta Calbini, giunto dopo mesi di un lavoro collettivo fatto di mail, contatti, spiragli di possibilità e quintali di tenacia, dissenso e azione.
Nel frattempo, ai primi di settembre la Farnesina ha annunciato l’impegno nell’apertura di “corridoi universitari” per permettere a 152 studenti e studentesse palestinesi che hanno vinto le borse di studio in Italia di lasciare la Striscia. I primi sono arrivati la sera del primo ottobre, 70 cittadini e cittadine palestinesi di cui 39 fra studenti e ricercatori dalla Striscia. L’Università di Sassari il 3 ottobre ha inoltre annunciato un piano ospitalità per dieci persone palestinesi, con borse di studio da 4.000 euro ciascuna, esenzione dalle tasse universitarie, libri di testo gratuiti, corsi di lingua al Cla e vitto e alloggio garantiti dall’Ersu. Ma in migliaia ancora attendono una garanzia d’accesso al diritto, all’autodeterminazione prima di tutto.

«Una prima luce in fondo al tunnel»
«Siamo in contatto con tutte le dieci persone che avranno la borsa», spiega Calbini. «Sono ansiose anche perché sulle evacuazioni non si sa granché. Loro poi sanno di avere i telefoni controllati da Israele, quindi non abbiamo comunicazioni su questo. Sappiamo che riceveranno una telefonata che li informerà dell’evacuazione quando sarà il momento. La questione però è anche che ora loro non sono esenti dai bombardamenti e nelle continue fughe da Nord a Sud questi studenti devono prendere decisioni e direzioni che contemplino una possibile evacuazione senza però indicazioni sul quando o dove». Restare nell’attesa di un corridoio che aiuti ad andarsene o scappare; «è una prima luce in fondo al tunnel, ma il percorso non è semplice».
Quello che nelle fasi di pressione e dialogo con le istituzioni è emerso, sono una serie di ostacoli di principio e difficoltà burocratiche che per Calbini sono emblema di «un assurdo doppio standard». Il paragone guarda al caso più recente: i corridoi per la popolazione ucraina. In merito la risposta all’invasione russa del febbraio 2022 è arrivata dopo qualche settimana: come riporta Amnesty International Ucraina e Russia hanno raggiunto il primo accordo sui corridoi umanitari il 3 marzo. «Questo però non è accaduto per gli studenti palestinesi, anzi. In questi mesi – racconta sempre Federica Calbini – abbiamo dovuto combattere con la burocrazia».
«Ci siamo trovati davanti alle difficoltà che avrebbe un qualsiasi studente extraeuropeo che chiede di venire a studiare qua, ma per i palestinesi la realtà è diversa. Portare ad esempio fisicamente certificati utili al consolato o spedirli non è possibile: da Gaza non si muove niente. Tra l’altro spesso di documenti utili come i certificati di diploma restano solo le foto: gli originali sono sotto le macerie insieme agli enti che potrebbero erogarli nuovamente. Siamo riuscite grazie alla sensibilità di tanti ad arrivare fin qua, ma è stato faticoso».

Per un diritto allo studio universale
Motore che ha tradotto il dissenso in azione civica e guidato la mobilitazione ostinata e contraria è la sete di solidarietà umana e la voglia di sfruttare il privilegio – di persona che può scegliere di non vivere il genocidio del suo popolo nella sua terra – per chi vive in condizione esattamente opposta. «Il diritto allo studio è un diritto universale e dovrebbe essere garantito a tutti. Fortunatamente per altri universitari provenienti da zone di conflitto sono state create procedure ad hoc per visto di studio e evacuazione, ma questa facilitazione non solo non è stata immediata per i palestinesi: non lo è stata davanti a un genocidio che pone i civili in una situazione di pericolo imparagonabile».
Ciò che resta è la consapevolezza di aver messo in gioco tutto per un’idea di realtà che non contempla popoli, persone o diritti ai margini. «Siamo molto emozionate dei risultati ottenuti e contente di aver esaudito la richiesta di un numero importante di studenti di Gaza sfruttando i nostri privilegi per fare pressioni e ottenere visto e borse. Non ci fermiamo – conclude l’attivista Federica Calbini –, continuiamo a lavorare, credendo nella possibilità di garantire qua un percorso di studi senza ostacoli, per favorire poi un ritorno nelle loro terre e la ripresa di ciò che gli appartiene. In nome di una Palestina libera».
In breve
Il diritto allo studio a Gaza
“Scolasticidio” è un termine che definisce la distruzione sistematica dell’istruzione nella Striscia di Gaza, dove scuole e università sono rase al suolo.
Un progetto contro lo scolasticidio
A partire da questa emergenza un gruppo di attivisti di Gaza Students Beyond Borders ha lavorato per creare corridoi umanitari “universitari” e garantire un visto e una borsa di studio a studenti palestinesi di Gaza.
“Fiori dai cannoni”
Il tutto in collaborazione con le istituzioni grazie al progetto “Fiori dai cannoni” promosso da Another Coffee Stories in collaborazione con Gaza Students Beyond Borders.
Servizi e fondi stanziati in Sardegna
Grazie a pressioni, dialoghi e azioni quotidiane, la Regione Sardegna ha stanziato 120.000 euro per dieci borse di studio destinate a studenti di Gaza mentre l’Università di Sassari ha deciso di stanziare altre 10 borse di studio da 4.000 euro ciascuna.










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