22 Feb 2024

Proteste sotto la sede RAI a Cagliari: “Il silenzio sul massacro in Palestina è un puro atto di censura”

Scritto da: Laura Tussi

«Siamo qua per rivendicare anche i nostri diritti, in questo caso a un'informazione corretta». Anche a Cagliari ha preso piede la protesta contro il comunicato stampa pro Israele dell'ad RAI Roberto Sergio, in risposta alle richieste di "cessate il fuoco" e "stop al genocidio" avanzate durante la settimana di Sanremo. Ma nelle ultime settimane, a prendere una posizione contro quella che i protestanti definiscono come "censura" verso il massacro in corso in Palestina, sono stati in tanti.

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Cagliari - La lettura del comunicato pro Israele dell’ad Rai Roberto Sergio da parte della conduttrice Mara Venier, in risposta alla richiesta di “stop al genocidio” avanzata anche del cantautore Ghali durante la settimana di Sanremo, ha suscitato un’ondata di indignazione e proteste che ha travolto anche Cagliari. In molte città italiane si è manifestato contro il messaggio dell’Amministratore e contro quel «siamo tutti d’accordo» rivendicato da Venier durante la lettura. “Non in mio nome”, “Stop alla censura”, “A Gaza 130 giornalisti uccisi”, “No alla propaganda sionista”: tanti gli slogan delle proteste, con l’unico intento di ribadire la solidarietà al popolo palestinese, il cessate il fuoco e la libertà di parola e indignazione, ancor più davanti a 30mila morti.

Dalle 15.30 alle 17.30 di venerdì 16 febbraio, a Cagliari un centinaio di manifestanti ha protestato davanti alla sede regionale della Rai contro “la censura e l’autocensura nel servizio pubblico radiotelevisivo”. La città ha voluto così unirsi alle rimostranze e condannare l’utilizzo del servizio pubblico informativo per negare il supporto al popolo palestinese e allo stesso tempo rivendicare solidarietà a uno Stato ebraico accusato di stare portando avanti un genocidio. 

proteste
LA CHIAMATA

Organizzata da Potere al Popolo Cagliari e dal Comitato sardo in solidarietà con la Palestina, la chiamata alla protesta è volta al fine di “pretendere la fine della censura e dell’autocensura di giornalisti e giornaliste e, come ormai da troppo tempo, per chiedere un immediato cessate il fuoco e la fine del genocidio dei e delle palestinesi”.

Siamo disgustati e disgustate dalla disinformazione fatta dal nostro servizio pubblico sul massacro in corso a Gaza da parte del regime israeliano e pretendiamo che sia ripristinato il nostro diritto a un’informazione corretta! L’ultimo deplorevole episodio è quello del comunicato dell’ad Sergio, letto in diretta nazionale per silenziare voci come quelle di Ghali e Dargen – a cui va tutto il nostro ringraziamento –, che hanno svelato la verità su quello che sta succedendo in Palestina, schierando quindi il servizio pubblico apertamente dalla parte del regime israeliano. Ma quanta paura vi fa la verità? Se già il silenzio su quello che sta avvenendo è stato un puro atto di censura, con questo episodio si è superato qualsiasi limite”.

Per la Rai i giovani ucraini sono da considerare eroi della resistenza da sostenere, mentre i palestinesi che si ribellano a una occupazione che dura da 70 anni sono solo terroristi

PAROLE E PROTESTE CONTRO LE POLITICHE DI ISRAELE

Molti gli interventi di sardi e palestinesi in Sardegna di condanna all’azione dell’amministratore delegato Rai durante il sit in, fino al punto di gridare – tra gli slogan – anche “RAI – Radiotelevisione Israeliana”. «Dalla guerra fra Nato e Russia in Ucraina al genocidio a Gaza viene creato così un clima in cui sempre più persone si autocensurano per timore di perdere il proprio lavoro o di finire nella gogna mediatica», hanno ribadito le persone in piazza.

Ennio Cabiddu, attivista pacifista, nel suo intervento ha sottolineato come «per la Rai i giovani ucraini mandati a morire a migliaia per volta sono da considerare eroi della resistenza da sostenere con un continuo invio di armi, mentre i palestinesi che si ribellano ad una occupazione che dura da 70 anni sono solo dei terroristi». «Vogliamo ribadire la nostra solidarietà alla resistenza del popolo palestinese e unirci alle proteste», ha ribadito invece Claudia Ortu, coordinatrice di Potere al popolo Cagliari. «Siamo qua per richiedere anche i nostri diritti, in questo caso a un’informazione corretta».

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L’AMBASCIATORE ISRAELIANO TACCIA COME ODIO PROTESTE E RICHIESTE DI PACE

Tra le proteste, le richieste da parte degli artisti e il comunicato RAI, c’è il tweet dell’ambasciatore israeliano in Italia Alon Bar. L’11 febbraio Bar pubblica infatti un contenuto dove dichiara di ritenere “vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile. Nella strage del 7 ottobre, tra le 1200 vittime, c’erano oltre 360 giovani trucidati e violentati nel corso del Nova Music Festival. Altri 40 di loro, sono stati rapiti e si trovano ancora nelle mani dei terroristi insieme ad altre decine di ostaggi israeliani. Il Festival di Sanremo avrebbe potuto esprimere loro solidarietà. È un peccato che questo non sia accaduto”.

La forzatura semantica che vuole odio su rivendicazioni di pace non è passata inosservata nelle piazze durante le proteste, così come da alcuni dei lavoratori coinvolti nella kermesse. Lo stesso direttore artistico Amadeus durante la puntata di Porta a Porta di martedì 13 febbraio ha dichiarato di non essere «assolutamente» d’accordo: «I cantanti che vengono in gara lanciano messaggi e appelli di pace, di libertà, di libertà di idee, di pensiero, di uguaglianza di pelle, di valori», ha detto. Non di meno, anche alcuni lavoratori e lavoratrici RAI hanno rilasciato un comunicato stampa dove prendono posizione contro i vertici, nota che in conclusione riportiamo integralmente.

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IL COMUNICATO STAMPA DEI DIPENDENTI RAI

“Siamo dipendenti della Rai. Le parole dell’AD Roberto Sergio, pronunciate per mezzo di Mara Venier nell’edizione sanremese di Domenica IN, segnano un punto di svolta inquietante tanto nel metodo quanto nel merito. Contestiamo l’utilizzo dei canali aziendali per trasmettere in forma di comunicati sia le idee personali dell’Amministratore Delegato che le sue vicinanze politiche o umane, volendo escludere che con le proprie parole pensasse di farsi portavoce dei valori dell’azienda o peggio, dei suoi dipendenti”.

“Crediamo che l’azienda concessionaria del servizio pubblico radiofonico e televisivo italiano – prosegue il comunicato – debba avere la forza e la dignità di essere indipendente dagli umori di singoli individui e non pronta a inginocchiarsi alla diplomazia israeliana per poche frasi pronunciate da una manciata di artisti durante il Festival di Sanremo. Frasi che rivendichiamo”.

“Nonostante sia condiviso l’orrore davanti alla morte della popolazione civile israeliana, ribadiamo la nostra estraneità alle posizioni del dottor Roberto Sergio”, concludono lavoratori e lavoratrici RAI. “Contestiamo con forza l’unilateralità del comunicato, che ha completamente omesso la sproporzione nel conflitto, le sofferenze della popolazione di Gaza e la violenza subita sistematicamente dai palestinesi nei territori occupati nella Cisgiordania. Stop al genocidio. Cessate il fuoco ora”.

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