Come nasce una comunità energetica? Il caso Villanovaforru con la prima CER della Sardegna
Proseguiamo l’indagine sulle CER con un appuntamento dedicato alla prima comunità energetica sarda, quella di Villanovaforru.
In questa terza parte del nostro breve rapporto sulle comunità energetiche rinnovabili (CER) in Sardegna, ci permettiamo di esaminare la vicenda della CER di Villanovaforru: è stata la prima registrata dal GSE in regione ed è quella che ha alle spalle la vita operativa e contabile più lunga. Avendo affrontato l’intera trafila e avendone pesato i risultati, si presenta come un buon caso di studio.
Piccola storia della nascita di una CER
Andiamo per tappe temporali, schematicamente. Partiamo dall’estate-autunno 2020. Il Governo italiano recepisce la direttiva europea del 2018 che impone agli Stati dell’Unione di favorire in ogni modo la produzione, il consumo, lo stoccaggio e la vendita di energia elettrica da parte dei cittadini. A novembre 2020, aprendosi questa possibilità, decidiamo di creare a Villanovaforru una comunità energetica rinnovabile: a tale scopo, cerchiamo un partner tecnico cui chiedere uno studio di fattibilità del progetto. Le domande alle quali risponde lo studio sono: si può fare in un piccolo paese? Con quale tipo di impianto? Da installare dove? A che costo?
A gennaio 2021 c’è l’incontro pubblico con i cittadini serviti dalla cabina elettrica secondaria – cioè di bassa tensione – cui agganciare la CER. Diciamo loro quali sono le nostre intenzioni, mettiamo in rilievo i fattori economici e ambientali che rendono il progetto desiderabile e chiediamo chi è interessato a farne parte, raccogliendone la pre-adesione. A marzo 2021 poi il nuovo incontro pubblico con i cittadini serviti dalla cabina elettrica secondaria. Esponiamo nel dettaglio lo studio di fattibilità, parliamo della potenza della futura CER, del suo impianto, dei meccanismi del risparmio in bolletta. Raccogliamo le adesioni.

A luglio 2021 viene firmato dai soci e registrato lo statuto dell’associazione “Comunità energetica rinnovabile di Villanovaforru”: è un ETS, ente del terzo settore. A fine ottobre 2021 si montano in pochi giorni i pannelli fotovoltaici della nuova CER. L’impianto, pronto all’uso, si trova sul tetto della palestra comunale, a due passi dalla cabina elettrica secondaria cui la comunità stessa è legata. Ha una potenza di circa 40 kW e servirà circa 35 utenze, ovvero un centinaio di cittadini. Arriva poi ottobre 2022. Passano un anno e un numero infinite di telefonate, mail e rimostranze, prima che i tecnici di E-distribuzione allaccino l’impianto alla rete elettrica italiana. Da questo momento, la CER immette e vende energia alla rete.
Marzo 2023. Alla fine del mese, il GSE – ovvero il Gestore dei servizi energetici, controllato dallo Stato – registra la CER di Villanovaforru. Comincia la vita “ufficiale” della comunità energetica: oltre a vendere energia, ora può incassare i premi erogati per l’autoconsumo, che cominciano ad affluire nell’autunno dello stesso anno. I premi, ricordiamolo, hanno durata ventennale. Nell’autunno 2025, cambiata la legge che obbliga adesso a legarsi alla cabina elettrica primaria, variamo il progetto di costituzione di una comunità energetica unica per i paesi di Villanovaforru, Ussaramanna e Siddi. La firma dello statuto è prevista per l’inizio del 2026.

Questioni fondamentali da ricordare
Ecco detto il cammino compiuto, in termini esclusivamente temporali. Ma è opportuno mettere in fila altri elementi che si intrecciano al percorso burocratico necessario alla costituzione di una CER e compongono una sorta di lista della spesa; questioni che bisogna sempre tenere presenti, perché fondamentali, e alle quali abbiamo già accennato nelle precedenti puntate di questo rapporto. Prima di installare l’impianto della CER è indispensabile calcolare il fabbisogno energetico dei soci. L’impianto deve essere commisurato ai consumi dei cittadini, perché il premio erogato dallo Stato alla comunità sarà del 100% solo se si consumerà il 100% dell’energia prodotta.
Un impianto sovradimensionato costerà molti soldi in più, spesi inutilmente, perché i consumi saranno inferiori all’energia prodotta e i premi diminuiranno. Tale problema può esser messo tra parentesi se gli impianti sono dotati di accumuli. La legge li include nell’autoconsumo, perché grazie ad essi la CER può davvero arrivare a consumare pressoché tutta l’energia prodotta. Se gli impianti non sono dotati di batterie, l’obiettivo va invece perseguito attraverso l’organizzazione dei soci: bisogna consumare – esempio tipico: lavatrice e lavastoviglie – nelle ore della giornata in cui l’impianto produce energia, ovvero tra la mattina e il tramonto.
L’esperienza a Villanovaforru ci dice che il risparmio si attesta in media sul 10% dell’importo della bolletta
Al momento di stabilire la forma giuridica della CER bisogna considerare che l’associazione consente di ridistribuire ai soci solo gli incassi provenienti dai premi. Gli incassi provenienti dalla vendita dell’energia alla rete rimangono in capo alla comunità e devono essere utilizzati, con l’accordo dell’assemblea, a scopi sociali. I soldi provenienti dalla vendita dell’energia possono essere ridistribuiti ai soci solo se si sceglie la forma cooperativa, attraverso lo strumento del ristorno. È una distinzione fondamentale: le quantità di denaro variano notevolmente.
La nostra esperienza a Villanovaforru – ma non solo la nostra – ci dice che il risparmio si attesta in media, per singolo utente, sul 10% dell’importo della bolletta. È dunque opportuno valutare, prima di imbarcarsi in un’impresa del genere, se il risparmio compensa lo sforzo. L’intero “giro” dell’energia e del suo compenso è virtuale. L’impianto della CER immette in rete energia che può essere consumata ovunque. Il socio della CER preleva l’energia dalla rete e ogni bimestre riceve, come sempre, la bolletta dal suo fornitore. Il GSE alla fine dell’anno calcola la differenza tra l’energia prodotta dall’impianto della comunità energetica e l’energia consumata dai soci, stabilendo il premio dovuto e girandolo sul conto corrente della CER.

Il presidente della CER bonifica una somma a ogni singolo socio, secondo i criteri stabiliti dall’assemblea: ad esempio, in misura proporzionale ai consumi di ciascuno. In questo panorama, la comunità energetica è certamente uno straordinario strumento di partecipazione. I soci devono sedersi attorno a un tavolo e prendere decisioni su una questione fondamentale, che li riguarda tutti e per tutta la vita: l’energia. Scelgono quanta produrne, come e dove, in che modo spendere i soldi provenienti dalla vendita dell’energia stessa.
Villanovaforru e l’impegno comunitario
Questi sono, nel complesso e ancora oggi, i punti fondamentali della narrazione attinente alla costituzione di una CER e ai suoi problemi, a partire dal caso della CER di Villanovaforru. La legge è cambiata numerose volte negli anni, ma non è ancora riuscita a rendere l’intero processo davvero snello e alla portata del cittadino comune, che resta diffidente e incline a lasciare che delle CER si occupino i sindaci, mettendoci l’iniziativa e i soldi. È un errore, perché la transizione ecologica passa obbligatoriamente per una radicale diffusione dell’autoconsumo e della partecipazione democratica.
Senza questi due elementi, anche la lotta al cambiamento climatico diventa puro affare speculativo in mano alle grandi aziende del mercato elettrico: il cui obiettivo è accrescere a dismisura impianti e produzione per fare più profitti possibile, senza stare tanto a distinguere tra fonti fossili e fonti rinnovabili. Teniamolo a mente.










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