Occupazione totale permanente: il piano israeliano per prendere tutta la Striscia di Gaza – 6/5/2025
Israele punta all’occupazione di Gaza. Le novità da Romania, Trentino, fauna selvatica e l’Overshoot Day italiano.
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Fonti
#Gaza
il Post – Il piano di Israele per occupare tutta la Striscia di Gaza
The Guardian – Middle East crisis live: Trump visit offers only chance to avoid new Gaza onslaught, Israeli official warns
#elezioni
Italia che Cambia – Elezioni amministrative, a Trento vince la sinistra, a Bolzano si va al ballottaggio
il Post – Alle elezioni a Singapore ha vinto lo stesso partito che è al governo dal 1965
#caccia
Italia che Cambia – La caccia in Lombardia è stata vietata dal TAR sui valichi montani
#lupo
Lav – Smantellamento delle tutele per la fauna selvatica: continueremo a opporci in ogni sede
#Overshoot Day
Italia che Cambia – Oggi è l’Overshoot Day 2025 per l’Italia
#CCC #coabitare
Italia che Cambia – Economicità – Cerco casa e comunità #2
Trascrizione puntata
Dobbiamo tornare a parlare di Gaza. Negli ultimi giorni avevamo dato una serie di notizie che mostravano un importante cambio di tendenza sia nel sentire delle persone dentro a Israele, ad esempio per la prima volta c’era stata una manifestazione a Tel Aviv pro Palestina, un fatto più unico che raro. E dall’Europa è in corso di organizzazione un agrande marcia verso Gaza, di cui ancora non sappiamo i dettagli.
Il governo israeliano però sembra essere immune a questo processo e anzi, sembra voler andare nella direzione diametralmente opposta. Nella notte fra domenica e lunedì il governo Netanyahu ha infatti preparato a approvato un piano per l’occupazione totale della Striscia di Gaza, con l’intenzione dichiarata di “conquistare il territorio” e instaurare una presenza militare permanente.
Che è una roba contraria a ogni diritto internazionale, peraltro in una situazione già devastante, con un genocidio e una crisi umanitaria gigantesca un corso. Metto le mani avanti, faccio fatica su questa vicenda ad essere del tutto oggettivo, perché sento un senso profondo di ingiustizia, ma ci provo.
Il piano in questione – battezzato “Gideon Chariots” – è stato approvato all’unanimità dal gabinetto di sicurezza israeliano e dovrebbe partire a breve. Fra l’altro, fatemi fare una piccola parentesi sul nome scelto. “Gideon Chariots” significa letteralmente “I carri di Gedeone”, ed è un riferimento biblico. Gedeone è una figura dell’Antico Testamento, un giudice e condottiero militare israelita che, secondo la Bibbia, sconfisse un esercito nemico molto più forte e numeroso con un piccolo gruppo scelto di uomini, grazie alla fede e alla strategia. Una sorta di Davide contro Golia in salsa biblica. Capite sì il paradosso si tutto questo?
Tra gli obiettivi dichiarati ci sono lo smantellamento definitivo di Hamas e la liberazione degli ostaggi ancora detenuti nella Striscia. Ma il piano include anche lo spostamento forzato di centinaia di migliaia di civili palestinesi verso il sud di Gaza – una misura che, secondo molte organizzazioni umanitarie, potrebbe configurarsi come una pulizia etnica e aggravare ulteriormente la già drammatica crisi umanitaria.
Ad ogni modo, non c’è una data per l’inizio di questa operazione militare di larga scala, come quasi mai in questi casi, ma viene detto che partirà subito dopo la visita in Medio Oriente del presidente statunitense Donald Trump, prevista per la prossima settimana.
Devo dire che questo fatto mi ha fatto anche ipotizzare che l’approvazione di questo piano potrebbe anche essere, se vogliamo pensare positivo (si fa per dire) un po’ un bluff, una minaccia da sventolare prima delle trattative per ottenere un accordo migliore più che un reale piano d’azione.
A parziale rinforzo di questa ipotesi, un alto funzionario della difesa israeliana ha dichiarato che “esiste una finestra di opportunità per un accordo sugli ostaggi” durante la visita di Trump, ma ha anche aggiunto che, se non ci sarà un’intesa, l’operazione militare inizierà “con grande intensità e non si fermerà finché tutti gli obiettivi non saranno raggiunti”.
Ma ci sono anche indizi che indicano il contrario, ovvero che il piano sia reale e pronto ad essere attuato. Tipo il fatto che ancor prima di approvare il piano, l’esercito israeliano aveva iniziato a richiamare decine di migliaia di riservisti per espandere le proprie operazioni militari nella Striscia.
Tutto questo, va ricordato ogni volta, si inserisce in un contesto che già oggi, anche se venisse siglato un accordo di pace oggi, sarebbe disastroso. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, le vittime del conflitto hanno superato quota 52.000, oltre la metà delle quali donne e bambini. Il blocco totale imposto da Israele ha di fatto impedito l’entrata di cibo e medicinali da oltre due mesi, lasciando circa 290.000 bambini in condizioni di fame estrema.
Fortunatamente, come abbiamo già visto, c’è un forte dissenso sia interno che esterno al Paese sulle politiche del governo. Il Forum degli Ostaggi – che rappresenta le famiglie delle persone ancora prigioniere a Gaza – ha denunciato apertamente il piano del governo, accusandolo di mettere a rischio la vita degli ostaggi. In un’audizione al Knesset, la madre di uno degli ostaggi ha chiesto pubblicamente ai soldati di rifiutarsi di arruolarsi “per motivi morali ed etici”. E anche il capo di stato maggiore Eyal Zamir avrebbe espresso serie riserve sul piano, temendo un esito tragico per gli ostaggi.
Sul fronte internazionale, l’Unione Europea ha chiesto a Israele di esercitare la massima moderazione, mentre in Europa crescono le iniziative civili per rompere l’assedio e far entrare aiuti nella Striscia. Nei giorn iscorsi vi abbiamo raccontato anche di una grande marcia verso Gaza, organizzata da diverse ONG europee, per chiedere la fine delle ostilità e l’apertura di corridoi umanitari. Su questo non ci sono al momento aggiornamenti ma se seguite le nostre news ve ne daremo appena ce ne saranno.
Riparliamo di elezioni. Ieri abbiamo raccontato a lungo del voto per il primo turno delle Presidenziali in Romania. Sapevamo che il candidato di estrema destra trumpiano George Simion aveva ottenuto circa il 40% dei voti, ma sapevamo ancora con certezza con chi sarebbe andato al ballottaggio. Nella giornata di ieri sono arrivati i risultati definitivi e lo sfidante sarà Nicusor Dan, attuale sindaco di Bucarest ed esponente europeista, che ha ottenuto il 20,9% dei voti.
Fuori gioco invece Crin Antonescu, candidato della coalizione di governo, che ha già ammesso la sconfitta parlando di un «risultato irreversibile». Il secondo turno si terrà il 18 maggio, a quasi sei mesi dall’annullamento delle elezioni presidenziali per presunte interferenze russe. Secondo i sondaggi, Simion sarebbe favorito.
Nel frattempo, sempre nel weekend, si è votato anche in Italia, in particolare a Trento e Bolzano per le elezioni amministrative, e a Singapore. A Trento il sindaco uscente Franco Ianeselli, sostenuto dal centrosinistra, è stato riconfermato con il 54,5% dei voti. A Bolzano invece si andrà al ballottaggio, sempre il 18 maggio, tra Claudio Corrarati (centrodestra) e Juri Andriollo (centrosinistra) con la posizione che probabilmente risulterà decisiva da parte dell’SVP, la terza forza cittadina, ovvero la Südtiroler Volkspartei (SVP) il partito che rappresenta gli interessi della popolazione di lingua tedesca e ladina della regione e che storicamente si è alleato sia con la destra che con la sinistra.
Infine, dicevamo, si è votato anche a Singapore e il Partito d’Azione Popolare ha vinto. Che questa non p esattamente una notizia visto che come racconta il Post questa cosa avviene da 60 anni, con il partito che governa la città-stato ininterrottamente dal 1965.
Veniamo a qualche notizia dal mondo degli altri animali. Dopo oltre trent’anni di mancata applicazione di una legge nazionale, il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia ha accolto il ricorso della LAC – Lega Abolizione Caccia – e ha imposto alla Regione la chiusura alla caccia di 475 valichi montani, luoghi cruciali per la migrazione degli uccelli. Secondo la sentenza, la Regione ha disatteso per decenni una disposizione statale che vieta esplicitamente l’attività venatoria lungo le rotte migratorie, un comportamento che i giudici hanno definito privo di giustificazione normativa.
Il pronunciamento ha un effetto immediato: ogni forma di caccia sarà vietata in un raggio di un chilometro dai valichi individuati dal commissario ad acta Piero Genovesi, direttore di ISPRA, in una relazione dello scorso ottobre. Si tratta di valichi distribuiti soprattutto tra le province di Brescia (188), Bergamo (143), Lecco (55) e Como (47), ma presenti anche a Sondrio, Varese, Pavia. Oltre 275 si trovano già in aree protette, mentre i restanti duecento no. In ogni caso, si tratta di passaggi fondamentali per milioni di uccelli migratori diretti verso sud in inverno e di ritorno in primavera.
È una decisione che ha fatto e sta facendo discutere. Da un lato c’è l’esultanza delle sigle ambientaliste, dall’altro le proteste del mondo dei cacciatori, tipo il CPA e Federcaccia. Entrambe le associazioni lamentano che, in un momento segnato dall’emergenza peste suina africana, vietare l’attività venatoria sia “paradossale e dannoso”, anche ai fini del contenimento della malattia.
Una critica che mi ha fatto riflettere, e allora ho approfondito un po’ la questione per capire meglio se la caccia è considerata uno strumento utile per il contenimento della peste suina africana. E in realtà pare di no. Nel senso che c’è una relazione del gruppo di esperti della Commissione Europea che mostra anzi un effetto contrario: in pratica la caccia, soprattutto non coordinata, può aumentare la mobilità dei cinghiali, favorendo la diffusione del virus in nuove aree. E quindi sono altre le strategie che andrebbero usate, dalla sterilizzazione alle misure di di contenimento geografico.
Ad ogni modo il punto qui non è nemmeno questo, cioé non è nemmeno se questa misura abbia senso oppure no. Il TAR è stato chiaro: la decisione non è politica, ma giuridica. In pratica l’individuazione dei valichi interessati dalle rotte migratorie da sottoporre a tutela assoluta non richiedeva discrezionalità politica, ma il raggiungimento di un obiettivo ben preciso: garantire il divieto di caccia”. In altre parole, la Regione non poteva decidere se applicare la norma, ma solo come farlo. E per non averlo fatto, dovrà ora pagare: oltre alla chiusura dei valichi, la Regione e il Consiglio regionale sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e del compenso del commissario incaricato.
Una sentenza che potrebbe diventare un precedente importante anche per altre Regioni e che riapre, ancora una volta, il dibattito mai risolto tra tutela ambientale, caccia e leggi disattese.
La seconda notizia invece è meno positiva. Fra due giorni, l’8 maggio, il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, voterà per rimuovere la protezione assicurata al lupo fin dal 1992. Se passa il sì lo status del lupo passerà da rigorosamente protetto a solo “protetto”, dunque cacciabile anche se con delle limitazioni.
Come scrive Lav, l’esito della votazione sembra essere scontato, considerato che nei mesi scorsi la quasi totalità degli Stati si è già espressa a favore della riduzione della protezione assicurata dalla Convenzione di Berna. Comunque ci e vi informeremo.
Ci tengo a ricordare che il fatto che lo status di protezione di una specie venga abbassato a livello europeo non impone agli stati membri di fare altrettanto. Semplicemente, se fino a oggi tutti gli stati Ue dovevano considerare il lupo come specie rigorosamente protetta, se passasse questo declassamento resterebbe l’obbligo a mantenere il lupo fra le specie protette ma non per forza rigorosamente. Ma se un paese vuole mantenere lo status doi protezione più elevato, nessuno lo vieterà. Anche se devo dire che nel caso dell’Italia, con l’attuale governo, questa ipotesi sembra più un miraggio essendo il nostro governo unpo dei principali fautori di questo passaggio.
Oggi, 6 maggio 2025, è il nostro Overshoot day nazionale. L’Italia ha ufficialmente esaurito il proprio budget ecologico per l’anno. In parole povere, se tutti vivessimo come gli italiani medi, da domani inizieremmo a consumare più risorse di quante il pianeta sia in grado di rigenerare in un anno. A certificarlo è il Country Overshoot Day, l’indicatore simbolico calcolato dal Global Footprint Network che segna il giorno in cui una nazione va in rosso con la natura.
Rispetto al 2024, quando l’Overshoot Day italiano era caduto il 19 maggio, quest’anno l’abbiamo anticipato di quasi due settimane, battendo un nuovo triste record. In pratica, in soli 126 giorni abbiamo consumato tutte le risorse che ci spetterebbero in dodici mesi. Come se avessimo quasi tre pianeti a disposizione.
L’indicatore si basa su due parametri: la biocapacità, ovvero quanto riescono a rigenerare gli ecosistemi in un anno, e l’impronta ecologica, cioè quanto consumiamo – cibo, energia, materiali, suolo edificato, ecc. Quando l’impronta supera la biocapacità, significa che stiamo prelevando risorse future o compromettendo la capacità rigenerativa della Terra. Ed è esattamente quello che stiamo facendo, sempre più in fretta.
Fra l’altro l’eccesso di consumo di risorse non è solo una questione ambientale, ma anche sociale. L’Overshoot Day, oltre a misurare la sostenibilità ecologica, ci racconta anche delle profonde disuguaglianze nell’accesso alle risorse e nella distribuzione della ricchezza. Il Qatar, ad esempio, ha finito le sue risorse il 6 febbraio. Gli Stati Uniti il 13 marzo. L’Unione Europea in media il 29 aprile. L’Italia, come detto, oggi. Mentre la Cina consumerà il suo budget il 14 maggio, l’India il 12 agosto e l’Uruguay il 17 dicembre. Alcuni Paesi africani, addirittura, non raggiungono mai l’overshoot day, perché vivono ben al di sotto dei limiti planetari.
Il punto è sempre lo stesso: stiamo vivendo come se non ci fossero limiti, come se la crescita economica potesse continuare all’infinito su un pianeta finito. Ma la realtà è che il disaccoppiamento totale fra crescita economica e impatto ambientale, secondo la maggior parte degli studi scientifici, è un’illusione. E dobbiamo iniziare a prenderne atto. Piutosto in fretta.
Comunque, per gli appassionati di OSD Il prossimo appuntamento è per il 5 giugno, quando verrà annunciata la data dell’Earth Overshoot Day 2025, l’overshoot day globale, in occasione della giornata mondiale dell’ambiente.
Chiudo ricordandovi che oggi è martedì ed esce la seconda puntata di CCC cerco casa e Comunità, il podcast sull’abitare collaborativo. Vi faccio vedere o ascoltare il reel con cui lo stiamo rilanciando sui vari social.
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