21 Giu 2017

Il “Mongol Rally” di Marco e Andrea, da Londra alla Siberia in Panda per beneficenza

Da Londra alla remota Siberia e ritorno, trentamila chilometri, un terzo del mondo a bordo di una vecchia Panda. Due giovani fiorentini, Marco Prayer e Andrea Zerbini, hanno deciso di partecipare al Mongol Rally, un viaggio di beneficenza ai limiti dell’inverosimile.

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Per qualcuno vacanza è sinonimo di mare, ombrellone e relax. Altri preferiscono la pace della montagna e l’aria fresca dei sentieri. C’è chi sceglie il viaggio solitario in luoghi poco battuti e chi si tuffa in fra la folla in cerca di serate mondane. E poi c’è chi per staccare dal lavoro decide comprare una vecchia Panda scassata del 1988 e farsi 30mila chilometri, ¾ della lunghezza dell’equatore, da Londra alla remota Siberia e ritorno.

 
Sto parlando di Marco Prayer e Andrea Zerbini, due ragazzi fiorentini amici di lunga data che vivono ai lati opposti del globo (uno a Sidney e l’altro a Oxford), che lavorano in ambiti molto diversi (uno è product manager di una startup, l’altro archeologo) e che hanno deciso di partecipare al Mongol Rally, un viaggio di beneficenza ai limiti dell’inverosimile in cui non conta vincere ma arrivare al traguardo. Vuole il fato che i due siano anche cari amici del sottoscritto, con cui hanno condiviso 5 anni di liceo e inoltre, nel caso di Marco, un annetto di convivenza a Roma in un appartamento scalcinato per studenti. Ma questa è decisamente un’altra storia.

 

Marco Prayer e Andrea Zerbini

Marco Prayer e Andrea Zerbini


Fatto sta che i due si avventureranno in questa esperienza che metterà a dura prova la loro capacità di adattarsi, il loro coraggio e la loro tenacia e li spingerà lungo sentieri poco battuti, alla scoperta di popoli e tradizioni lontani e semisconosciuti attraverso due continenti e decine di nazioni diverse.

 
Marco, raccontaci cos’è questo Mongol Rally
Il Mongol Rally è l’evento automobilistico più grande al mondo per dilettanti. Non è una gara di velocità, non conta vincere, l’importante è arrivare in fondo sani e salvi e godersi l’esperienza. Si parte tutti assieme da Londra il 16 luglio ma poi ogni team fa il suo percorso al ritmo che preferisce. L’obiettivo principale della gara è la raccolta di fondi per beneficenza. Il secondo è conoscere il mondo, confondersi con etnie e popolazioni diverse, alcune molto povere, conoscerne la cultura e apprezzarne l’ospitalità. Perché spesso chi meno ha più dà.

 
Ci sono delle regole?
Ci sono sostanzialmente tre regole. Primo, avere una macchina al di sotto di 1200 di cilindrata (ad esempio il nostro Pandino è 1000); secondo, raccogliere almeno 1000 pound in beneficenza per Cool Earth; terzo, cavartela da solo: sei completamente lasciato a te stesso, l’organizzazione non ti aiuta, non vogliono sapere niente di come condurrai questo viaggio. Ti dicono solo “ci vediamo prima del 10 settembre in Siberia”. Poi in realtà c’è una quarta regola non scritta ma altrettanto importante: la macchina deve essere il più vecchia e scassata possibile. Questo per restare fedeli allo spirito di chi ha creato il rally 30 anni fa: in quel primo mitico viaggio la macchina che si rompeva in continuazione diventava un involontario espediente per interagire e chiedere aiuto alle varie popolazioni locali.

 

 

Quindi siete tutti sulla stessa barc… ehm macchina
Tutti scelgono macchine da sfasciacarrozze, per un costo medio che si aggira attorno ai 300-400 pound. Noi abbiamo comprato un pandino bianco classe 1988 che un cacciatore livornese usava per andare a fagiani e lepri nelle campagne toscane. La prima volta che l’abbiamo visto non aveva nemmeno i sedili posteriori! Al loro posto ci aveva messo due gabbie per i bracchi. È stato amore a prima vista, l’abbiamo comprata, sistemata, la stiamo aggiustando grazie all’aiuto di amici e sponsor. Adesso la vogliamo dipingere come la gloriosa Lancia Delta Martini, storica macchina da rally italiana che ha vinto qualsiasi cosa. E poi riempire di loghi di sponsor e progetti che vogliamo promuovere, fra cui anche Italia che Cambia!

 
Parliamo dell’aspetto beneficenza: chi avete scelto come associazioni a cui donerete il ricavato?
The Adventurists, l’associazione che organizza il rally, chiede a tutti di devolvere almeno 1000 pound ad un progetto scelto da loro che si chiama “Cool earth” e si occupa di fermare la deforestazione in Amazzonia e in altri luoghi del mondo aiutando e promuovendo l’impegno delle tribù locali. La parte restante è a discrezione dei partecipanti: io e Andrea abbiamo scelto “Sustainable preservation initiative”, un’iniziativa che si impegna a creare opportunità di sviluppo sostenibile per alcune delle comunità più povere al mondo, tramite la creazione di piccole imprese le cui attività gravitano attorno ai siti archeologici e traggono profitto dal turismo da essi generato.

 
E se volessi contribuire?
Abbiamo aperto un crowdfunding con un obiettivo di 10mila dollari da dividere 50 e 50 fra le due associazioni.

 
E invece le spese del viaggio?
Stiamo cercando degli sponsor che ci aiutino a sostenere alcune delle spese, ma immagino che ci metteremo parecchio del nostro…

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Raccontaci dell’itinerario: lo avete già stabilito?
Come ti dicevo non c’è una rotta predefinita, si possono attraversare tutti i paesi che vogliamo, ci si può fermare in tutti i luoghi. Noi attraverseremo Turchia, Georgia, Azerbaijan, Armenia, Iran, e tutti i paesi che finiscono “Stan”: Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan. A quel punto in genere i partecipanti evitano la Cina e salgono in Kazakistan per arrivare infine in Mongolia. Ma a noi sembrava troppo semplice così, per cui attraverseremo tutta la Cina. A quanto ne sappiamo siamo solamente in due team, su oltre 400 partecipanti, a passare per la Cina questa estate!

 
Qual è il problema con la Cina?
Per guidare in Cina serve una targa cinese e una patente cinese. Per la targa si può trovare una soluzione, ma per la patente non c’è modo di ottenerne una senza prendersi in carico anche il suo proprietario. Per cui per tutta la traversata della Cina avremo con noi anche un terzo compagno di viaggio, un ragazzo cinese che, almeno in teoria, dovrebbe guidare senza cambi per otto ore al giorno per dodici giorni, passando attraverso il Deserto dei Gobi e vari altopiani. A quel punto saremo arrivati al confine nord-orientale alle porte della Mongolia, dove saluteremo il nostro nuovo amico e ripartiremo nuovamente in due. Quindi attraverseremo tutta la Mongolia, cosa anche quella non esattamente semplice visto che in Mongolia non ci sono strade…

 
Eh?
Eh già. Così almeno ci ha detto il funzionario del consolato quando chiamato per il visto. Non ci sono strade vere e proprie ma solo sentieri e vie poco battute. È impossibile orientarsi con le mappe e il navigatore non aiuta troppo. Poi, ammesso che sopravviviamo, raggiungeremo l’agognata Siberia.

 
A proposito, ma perché si chiama Mongol Rally se arriva in Siberia?
Domanda acuta, vedo che sei un attento osservatore. All’inizio arrivava in effetti in Mongolia, ma poi pare tutti i partecipanti abbandonassero la propria vettura mezza distrutta nel Paese per tornarsene in aereo, cosa non particolarmente gradita al governo e alla popolazione locale.

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Quindi adesso saranno contenti in Siberia…
No, adesso le cose sono cambiate: in pratica devi dichiarare da subito come hai intenzione di disporre della tua vettura. O dichiari che la riporti indietro oppure devi pagare mille euro per farla smantellare da una compagnia indicata da loro. Comunque non non abbandoneremo la nostra macchina: torneremo indietro con la Panda, facendo tutta la Russia, arrivando fino a Mosca e Sanpietroburgo. A quel punto probabilmente Andrea mi saluterà e volerà a Londra, visto che deve rientrare in ufficio, mentre io continuerò con repubbliche baltiche, il Belgio fino a Londra. Forse, se avrò ancora un po’ di energie, potrei addirittura allungarmi più al Nord, sui fiordi della Scandinavia, ma vediamo.

 
Cosa vi distingue dagli altri partecipanti?
Noi siamo un team abbastanza atipico. Non c’è quasi nessuno della nostra età (trentatre anni, ndr), tutti gli altri partecipanti sono o molto giovani o piuttosto anziani. In più, dato il nostro background, uno sviluppatore ed un archeologo, abbiamo dato un taglio più “storico” alla nostra avventura, al punto da chiamare il nostro team HerodotusExpress. La nostra idea è di provare a fare produzione di contenuti. Abbiamo un nostro canale Youtube attraverso il quale vogliamo narrare, grazie all’esperienza di Andrea, la storia dei luoghi che attraverseremo. Un formato innovativo, un prodotto scanzonato ma anche incentrato su delle storie di Storia, in maniera aneddotica, per coinvolgere l’ascoltatore su queste tematiche.
 

Come vi possiamo seguire?
Oltre al canale Youtube abbiamo una pagina Facebook HerodotusExpress su cui posteremo tutti gli aggiornamenti e il nostro sito www.mongolrally2017.com.

 
Anche noi li seguiremo a distanza e vi terremo aggiornati sulle evoluzioni del viaggio. Mentre un pezzo di Italia che Cambia viaggerà assieme a loro nella forma di un adesivo attaccato alla mitica Panda “Delta Martini”.

 
P.s. Nel trascrivere l’intervista, cercando gli opportuni riferimenti online sul sito di The Adventurists, l’organizzazione che promuove il Mongol Rally, mi sono imbattuto nella seguente frase. “Le possibilità di essere gravemente feriti o morire in seguito alla partecipazione sono alte. Alcune persone che hanno preso parte alle scorse edizioni sono rimaste sfigurate in maniera perenne, menomate o sono morte.” Ragazzi in bocca al lupo e, nel caso, è stato un piacere.

 

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