6 Set 2018

L'approccio transpersonale di fronte al conflitto

Con se stessi, con la famiglia, con la coppia. Nel corso della vita ognuno di noi si trova inevitabilmente ad affrontare delle situazioni di conflitto, che potremmo definire come risultato di tensioni opposte. Come possiamo lavorare dalla prospettiva transpersonale sul conflitto?

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Cosa intendiamo realmente per conflitto? Quando pensiamo al conflitto, quali parole emergono Che cosa evoca il termine conflitto? Forse disturbo, contraddizione, disagio, sfida, lotta, pressione, indecisione, impotenza…? Forse queste sensazioni rispondono ad una non accettazione della realtà del momento, o ad un bisogno di cambiamento che non affrontiamo, o anche ad una divergenza tra ciò che pensiamo e sentiamo. Potremmo dire, quindi, che il conflitto è il risultato di tensioni opposte.

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Il termine conflitto deriva dal verbo latino confligo, e il suo significato etimologico ha a che fare con visioni opposte, a volte incompatibili, che convergono. Come dire un incrocio sulla strada. Questo accade quando la vita ci dice che è necessario fare qualcosa di diverso per continuare ad andare avanti. In qualche modo il conflitto ha a che fare con la scelta tra diverse opzioni, tra percorsi divergenti.

Quali risposte di solito diamo al conflitto? Lotta, resistenza, rassegnazione, fuga, reazione? Evitiamo di guardarlo, fingiamo che non esista? Lo reprimiamo? Ci nascondiamo? Siamo paralizzati? Lo “proiettiamo”?

 

Accade spesso che proiettiamo il conflitto all’esterno: sul capo, su un amico o amica, sulla società, nella coppia… Ma la divergenza, disaccordo o rottura sono, in sostanza, di origine interna, anche se sembrano essere al di fuori di noi stessi. In realtà, il conflitto nasce a causa di qualche incoerenza, un contrasto tra ciò che pensiamo e ciò che sentiamo, tra quello che pensiamo dovremmo fare, e quello che sentiamo profondamente e veramente di voler fare.

 

Il fatto di resistere e non affrontare il conflitto genera contraddizione. Una volta superate queste resistenze, possiamo aprirci all’opportunità di apprendimento che tale situazione ci offre: opportunità di crescita, di espansione del nostro sguardo, opportunità anche di vedere e scoprire cosa c’è oltre l’apparente ostacolo.

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L’origine del conflitto

Da bambini, la ricerca dell’amore, dell'”essere visti” e il sentimento di appartenenza alla comunità, ci rende capaci di fare qualsiasi cosa per appartenere a quel sistema. In realtà alla nascita abbiamo una connessione molto chiara con i nostri bisogni psico-emozionali. Ma scopriamo presto che certi comportamenti ed emozioni non sono ben accolti da coloro che ci circondano e si prendono cura di noi, quelli dai quali dipende la nostra sopravvivenza. E in base a ciò vengono fatte le prime scelte: scegliamo quei comportamenti con cui sentiamo di appartenere e nascondiamo/reprimiamo quelli che ci fanno sentire respinti.

 

Il bisogno di appartenenza e di essere accettato è un parametro importante nel plasmare la nostra personalità e la nostra risposta al dilemma della scelta. Da adulti, ripetiamo questo schema di ricerca dell’appartenenza, lasciando la paura di essere esclusi latente nel nostro inconscio.

 

I conflitti e le crisi ci danno l’opportunità di scegliere e allo stesso tempo ci mettono ancora una volta di fronte al dilemma tra fare una scelta intima e inconsciamente legata alla fedeltà al sistema, o al trascendere il condizionamento, permettendo a quella scelta, vera e autentica, di emergere dal profondo. Se c’è un profondo ascolto interno e la capacità di rispettare i nostri bisogni, la risposta ai dilemmi vitali sarà allineata con ciò che pensiamo e sentiamo, e il flusso della vita procederà naturalmente. In questo modo possiamo andare oltre gli ostacoli apparenti, in un percorso di crescita. Raggiungere questo stato di profonda connessione è ciò che l’approccio transpersonale intende promuovere.

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Come viene affrontato il conflitto dal punto di vista transpersonale?
Il facilitatore transpersonale  affronta i conflitti umani da una visione integrata, sapendo che “tutto ciò che accade, appare per essere compreso”. Da questa prospettiva, il facilitatore accompagna la persona nell’espansione della sua visione, una visione solitamente condizionata da ricordi di dolore. Questa espansione ci porta a capire che gli ostacoli in cui ci siamo imbattuti, in realtà, ci conducono alla conoscenza di noi stessi, e ci permettono di trarre le lezioni necessarie per rompere dinamiche e tensioni emozionali limitanti.

 

Il facilitatore transpersonale chiede e ascolta da uno spazio di completa apertura che esclude qualsiasi forma di giudizio. Ogni domanda guida lo sguardo interiore della persona  dove c’è qualcosa di doloroso per svelare e comprendere. A poco a poco la persona che tiene lo sguardo nel conflitto supera la paura di tradire il suo sistema e il senso di colpa che nasce dal prestare attenzione al proprio autentico essere, per procedere a comprendere e accettare ciò che è dentro di sé, e le conseguenza che questo ha nelle sue azioni quotidiane. In seguito si finisce per dare un nuovo significato alle esperienze di dolore che si sono verificate, per capire finalmente che tutto ciò che è accaduto porta al momento presente, un momento in cui si percepisce di avere maggiori risorse e maturità per affrontare la vita.

 

In realtà, l’esito del conflitto non ha molto a che fare con la ricerca di una soluzione concreta, ma con l’accettazione. Tale accettazione – che non è rassegnazione – è possibile quando la persona si disidentifica da discorsi mentali tossici, espandendo il suo sguardo e permettendo alla risposta al conflitto di emergere dal silenzio interiore, piuttosto che dalla mente razionale. Possiamo dire che colui che impara a gestire gli alti e bassi della vita, con la sua conseguente quota di piacere e dolore, riduce considerevolmente la propria sofferenza. Quindi possiamo parlare di una risoluzione transpersonale del conflitto.

 

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