19 Lug 2021

Pierfilippo Spoto: “Vi racconto una Sicilia sconosciuta tra borghi e turismo esperienziale” – Io faccio così #329

Video realizzato da: Paolo Cignini

Pierfilippo Spoto, guida esperienziale di Val di Kam Sicani, accompagna i suoi ospiti tra le strade dei borghi dell'entroterra agrigentino alla ricerca di esperienze da vivere con gli abitanti del posto. Fornai, pecorai, gente comune: sono loro i protagonisti di questo modo diverso di fare turismo e cultura.

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Agrigento - Da Londra a S. Angelo Muxaro – un borgo di 1200 abitanti nell’entroterra agrigentino sicano – il passo è breve o quasi. Almeno per Pierfilippo Spoto, guida esperienziale di Val di Kam Sicani, che dopo aver lavorato nel settore bancario tra la City e la Sicilia ha deciso di ritornare nel suo luogo di origine per raccontare la sua terra con occhi diversi rispetto alle immagini cartolina che descrivono luoghi incantevoli, ma anche stereotipati.

Chi sceglie di venire in Sicilia infatti, sa di trovare tanta storia, archeologia, arte, cultura e paesaggi mozzafiato. Ma sull’Isola c’è anche altro. Incontrare delle persone e riuscire a emozionarsi conoscendo e vivendo dei luoghi più sconosciuti e lontani è stata l’intuizione di Pierfilippo mentre lavorava a Londra.

pierfilippo spoto 1
Pierfilippo Spoto

Un complice involontario per dare vita a quello che oggi è il suo lavoro è stato il padre: quando Pierfilippo aveva 7 anni lo vide intento a offrire gratuitamente accoglienza e ospitalità ad alcuni turisti arrivati a S. Angelo Muxaro. Quella visione impressa nella sua mente per tanti anni è diventata la sua quotidianità: «Noi puntiamo sul capitale umano, non più sull’archeologia o sul paesaggio», ci racconta Pierfilippo. «Ci siamo accorti negli anni che il focus di questo viaggio nella Sicilia interna non era tanto il luogo, quanto l’incontro con la gente del posto. Ho iniziato così, con il turismo degli incontri, portando gli ospiti al forno della signora che prepara il pane cunzato – condito – con pomodori, per arrivare al turismo esperienziale che sfocia appunto nell’esperienza del fare qualcosa: il pane condito o preparare la salsa di pomodoro».

«Il passo successivo – spiega Pierfilippo – sarà condurre i miei ospiti in esperienze non costruite, ma improvvisate. È fondamentale conoscere il territorio e i personaggi. Gli abitanti del borgo sono protagonisti di scene normalissime. Noi proponiamo incontri con i pastori, con la fornaia, con la gente del cortile, con lo sciamano sicano. Questa è la svolta per le aree interne, che hanno bisogno di un local insider che prenda per mano l’ospite. Il local insider ha le chiavi dei meccanismi, degli usi, dei costumi e delle strade. Il mio lavoro è la mia grande passione, non mi stanco mai».

Negli ultimi anni, per Pierfilippo Scoto è diventata anche una missione provare a trasmettere questa conoscenza, perché essa «può essere la svolta per giovani che dovrebbero prima acquisire i luoghi in cui sono nati per capire cosa arde sotto e poterlo raccontare». Già, perché quando lui ha intrapreso questo viaggio erano anni davvero bui e complicati, la mafia e la poca disponibilità della gente del posto non aiutavano alla realizzazione della sua visione. Pensare di “fare impresa era un’impresa” già di per sé, ma la scommessa oggi è più che vinta.

Nell’arco di questi vent’anni tante cose sono cambiate. All’inizio l’approccio con la gente del luogo non è stato idilliaco: alcuni abitanti del borgo alla vista di Pierfilippo e degli ospiti chiudevano la porta per paura di incontrare e interagire con qualcuno che era poco raccomandabile. Negli anni qualcuno di questi ha cominciato a lasciare la porta a vanedda – socchiusa –, così da non essere visti da fuori, ma poter controllare il passaggio, per poi aprire completamente le proprie case e cercare un dialogo con lo straniero.

«C’è stata un’evoluzione in questi anni e oggi abbiamo il privilegio di interagire con una comunità che ha capito l’importanza non solo economica, ma soprattutto culturale del passaggio di questo ospite. Sempre di più varchiamo la soglia di case normali per mettere in contatto la gente del luogo con i viaggiatori per offrire un bicchierino, del vino, delle pietanze che magari periodicamente si preparano. Se non faccio in tempo a bussare alla porta di qualcuno che ormai è abituato a essere coinvolto, questi ci rimane male e il giorno successivo mi chiede: “Come mai non sei passato?”. Vent’anni fa un pastore in un borgo come il nostro era lasciato ai margini. Oggi il picuraru, incontra tanta gente. Attraverso i suoi formaggi interagisce con il mondo, è interessato a capire da dove viene l’ospite e cosa sta succedendo in America, ad esempio».

Anche gli ospiti sono cambiati molto nell’arco di questi anni. Grandi manager americani hanno voglia di incontrare il siciliano, di trascorrere delle ore con la signora Maria del panificio – che parla l’inglese – e scambiarsi le foto dei nipoti o notizie di vita normale. Il vero lusso è poter vivere questi momenti in un tempo senza tempo. Da gruppi di americani e nord europei si è passati a una clientela individuale, piccoli gruppi, coppie e famiglie. Il covid ha permesso anche a molti italiani e siciliani delle province limitrofe di avvicinarsi a questo tipo di turismo in luoghi che prima non avrebbero mai considerato.

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Pierfilippo è una sorta di mediatore locale che racconta un po’ di tutto e di tutti. È riuscito a leggere la sua terra cercando di capire cosa leggono gli altri. Osservando i suoi ospiti mentre fotografano, ha colto inquadrature insolite. «Siamo cresciuti in una esagerata bellezza che non consideriamo più, farselo raccontare dagli altri probabilmente è il passaggio che dovremmo fare un po’ tutti. Dovremmo uscire dai nostri borghi, dalle nostre città per rientrarci con occhi diversi. “I robi stinnuti” – i panni stesi – ad esempio, è uno dei miei tour di punta. Gli ospiti preferiscono fotografare più che le rovine archeologiche, i panni stesi. Nei loro paesi non esiste questa usanza. I balconi tempestati di colore raccontano la comunità, raccontano le storie di quella famiglia».

La più grande soddisfazione per Pierfilippo Scoto è l’essere diventato libero grazie a questo lavoro, poter camminare a testa alta in una terra che continua ad avere i suoi problemi, ma accoglie nuovi esempi di impresa utili anche per le future generazioni. In vent’anni ha costruito un bagaglio che ha voglia di condividere: «Oggi è arrivato il momento in cui continuare da solo questo viaggio non mi appaga più. Bisognerebbe dare più voce ai territori marginali perché in essi oggi esiste l’essenza di quell’Italia che ancora non abbiamo saputo raccontare e potrebbe essere davvero la svolta da tutti i punti di vista: culturale, economico e sociale. Soprattutto per i giovani». E noi ce lo auguriamo.

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