5 Ago 2021

A Ventimiglia il viaggio dei migranti in attesa di nuova accoglienza

Scritto da: Lorena Di Maria

Nella città di Ventimiglia tre organizzazioni locali, la Caritas Intemelia, la Diaconia Valdese e WeWorld, hanno aperto temporaneamente una struttura dedicata a persone migranti per offrire loro accoglienza provvisoria e un aiuto durante il periodo di emergenza sanitaria. In mancanza di strutture permanenti, però, la situazione dei più fragili rimane ancora incerta e le organizzazioni di volontariato richiedono ancora una volta un maggior supporto delle istituzioni nella gestione delle migrazioni.

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Imperia - Parco Roya è un campo conosciuto a molti: aperto per anni a Ventimiglia, ospitava i migranti che giungevano in questa città come ultima tappa italiana prima di oltrepassare il confine e che, non senza paure e attese, aspettavano con speranza il momento di poter entrare in Francia. Dal 2016 il campo era gestito dalla Croce Rossa. Diciamo “era” proprio perché, con l’inizio dell’emergenza sanitaria, il centro è stato chiuso definitivamente a nuovi ingressi per garantire maggior sicurezza ed evitare la proliferazione dei contagi.  Una misura che è pesata molto in quanto, dopo essere stato messo in quarantena ben due volte, ad agosto le istituzioni hanno deciso di non rinnovare l’incarico alla Croce Rossa e il risultato è ricaduto direttamente su coloro che erano qui ospiti.

Molti sono stati trasferiti in altre strutture della provincia e, dalla sua chiusura, centinaia di persone sono finite in strada. Purtroppo è mancato un sistema di controllo capillare che tutelasse la salute delle persone e la prevenzione dei contagi.

In mancanza di questo importante presidio, è venuto meno l’unico dispositivo di accoglienza per migranti in transito sul territorio. Da novembre 2020, quindi, alcune organizzazioni come Caritas Intemelia, Diaconia Valdese (supportata dal DRC – Danish Refugee Council) e WeWorld hanno aperto a Ventimiglia una casa, messa a disposizione dalla Diocesi, per famiglie e donne sole in transito, dando loro ospitalità. Il progetto, durato sette mesi, è stato realizzato grazie a donazioni, sovvenzioni private e risorse interne e ha permesso di offrire un aiuto a quasi 600 persone migranti in viaggio verso altri paesi europei.

Ventimiglia
Foto tratta da Diocesi Ventimiglia

Come riportato in una nota stampa della Diocesi di Ventimiglia, in questo periodo hanno beneficiato dell’accoglienza 222 nuclei familiari in transito e provenienti da 28 paesi diversi. Il 44% degli ospiti sono state donne ed il 35% bambini e ragazzi minorenni (il più piccolo dei quali di soli dieci giorni di vita). Ma chi sono i migranti che giungono a Ventimiglia? Famiglie in fuga dalla Siria, dall’Afghanistan, da Iraq, Iran, Libia, Sudan, Marocco e Algeria. Le loro sono storie di guerre da cui scappare, di viaggi incerti che durano mesi, di mari attraversati e frontiere superate.

Alcuni hanno attraversato la rotta balcanica, altri sono sbarcati a Lampedusa. Poi ci sono coloro che non hanno più la protezione umanitaria o a cui è stato negato l’asilo politico dalla Commissione territoriale dopo un periodo di tempo in Italia, o ancora le persone definite “dublinate”, ovvero coloro che sono state intercettate in un altro Stato europeo e rimandate in Italia in quanto primo Paese in cui sono state identificate, secondo quanto stabilito dal Trattato di Dublino.

Il progetto di accoglienza è stato possibile anche grazie all’impegno di un gruppo di volontari (provenienti da esperienze lavorative e personali molto diversificate) che quotidianamente si sono messi a disposizione per offrire un aiuto nella gestione della casa. Presso la sede della Caritas Intemelia, oltre ai servizi attivi per le persone residenti in difficoltà, sono stati offerti: l’approvvigionamento di beni di prima necessità, la presenza di operatori sanitari volontari e la consulenza presso lo sportello legale, oltre che attività di informazione sul territorio organizzate da Diaconia Valdese e WeWorld.

Ventimiglia2
Foto di Nsei Benajah tratta da Unsplash

Le organizzazioni di settore, ora chiedono la riapertura di un centro di accoglienza che possa nuovamente dare ospitalità, offrire adeguati servizi igienici e aiuti. Come riportato dalla nota stampa, «esattamente 6 anni fa, l’11 giugno 2015, la Francia ha sospeso Schengen avviando controlli sistematici alle frontiere con le conseguenze per le persone migranti e per la città che tutti conosciamo. Riteniamo quindi che non si debba più parlare di “emergenza” e che questa situazione non possa essere gestita solo in termini di sicurezza; è indispensabile un impegno delle Istituzioni per una risposta umanitaria che non può essere demandata unicamente alle organizzazioni di volontariato, non governative e solidali, senza aiuti pubblici».

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