13 Ott 2021

OIA’: viaggi, storie e natura per crescere bambini consapevoli

Per inaugurare una serie di approfondimenti curati da loro, intervistiamo gli animatori di OIA', un'associazione che porta avanti un modello itinerante di educazione creativa, libera e consapevole, ideato dopo una esperienza decennale in giro per il mondo.

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OIA’ è la signora dei venti, protettrice del bene e della verità nella sua forma più pura, nuda, libera da ipocrisie e condizionamenti. E così è anche l’animo di bambine e bambini, ancora indenni dalle contaminazioni della società, terreno fertile in cui cui seminare consapevolezza, per fare sì che germoglino nuovi futuri.

Sono questi gli ingredienti di un progetto davvero particolare, che porta appunto il nome di questa divinità. L’idea nasce da Giuliano, Katia e Nino, da anni attivi nell’ideare e attuare modelli educativi incentrati sulla libertà, sulla valorizzazione dei talenti, sulla narrazione e sul viaggio, non solo come metafora ma come prassi, tant’è che i tre sono attualmente sulle strade dello Stivale, per portare in tutta Italia il loro approccio.

A questo viaggio, se lo vorrete, potrete partecipare anche voi: Giuliano, Katia e Nino ci manderanno nei prossimi tempi degli approfondimenti che pubblicheremo in una serie di articoli per conoscerli meglio e favorire la riflessione su esperienze pedagogiche consapevoli. Ma prima di partire, conosciamoli meglio!

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Presentatevi: qual è la vostra storia personale e professionale?

Catarina – nata in Brasile, a Sao Paulo, nel 1975 – e Julian – nato in Italia, a Genova, nel 1965 – sono gli ideatori e due dei fondatori dell’associazione socio/culturale no profit OIA’. Si potrebbe dire che la storia di questa associazione ebbe un suo inizio nel 2003, quando Julian, responsabile di un’associazione di volontariato Onlus genovese, giunse in Brasile per la realizzazione di progetti di sostegno a vantaggio dei bambini in condizioni di disagio sociale e di cooperazione internazionale tra la Provincia di Genova e la Provincia di Sao Paulo.

All’inizio di questo primo ciclo – che durò poi dieci anni – conobbe Catarina, che nella Onlus divenne responsabile dei laboratori creativi per l’infanzia. Dal loro matrimonio, nella vita oltre che nel lavoro, in Brasile – a Ilhabela – nacque nel 2008 Nino che, fin da subito, partecipò a tutti i loro progetti di volontariato. Nel 2013, al rientro in Italia, venne sciolta la Onlus, ma la loro famiglia continuò con i progetti solidali in forma privata, firmando queste iniziative con la sigla “Progetto OIA’”. Con lo sviluppo e l’incremento dei progetti realizzati in Italia, in Spagna e in Portogallo, i due ritennero utile fondare l’associazione no profit OIA’, per dare continuità alle attività in ogni territorio, nazionale e internazionale.

Potete presentare brevemente il progetto OIA’?

Come detto, nella mitologia Yoruba della cultura brasiliana OIA’ è la Dea del Vento, che possiede le medesime caratteristiche dei progetti associativi: il Vento è un viaggiante e un messaggero, Patrono delle Arti della Comunicazione. Da qui la scelta del nome. L’associazione OIA’ crea, realizza e produce progetti dedicati e/o basati sulle storie, di ogni natura e fattura, tratte dalla realtà o dalla fantasia, con finalità di comunicazione sociale, culturale e solidale, realizzati in modalità itinerante.

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Come mai avete deciso di creare un progetto itinerante? Come viene stabilito l’itinerario?

La decisione di creare un “progetto itinerante” è una naturale conseguenza del percorso della nostra stessa vita. Prima come associazione di volontariato e poi in forma privata, le attività, i laboratori e i progetti sono sempre stati “in movimento” e, pur avendo sede amministrativa in un luogo, mai furono realizzati in una singola e unica località, ma sempre durante viaggi oltre i confini e condivisi o a favore di altre entità, associazioni e amministrazioni pubbliche dei territori visitati. Per questo, nel momento della fondazione dell’associazione OIA’ si incluse questa modalità operativa nello statuto e nei programmi: il viaggio ininterrotto. Nel 2020 l’associazione OIA’ ha acquistato un autocaravan per permettere l’esecuzione dei progetti itineranti in maniera ottimale e ridurne i costi.

Nota curiosa: la nostra richiesta dell’utilizzo dell’acronimo Onlus – a nostro parere un diritto, per le modalità del nostro volontariato offerto alla comunità – non è stata accettata dall’ufficio preposto, perché “l’associazione si occupa di solidarietà immanente”, ossia un sostegno rivolto a chiunque, senza definire un “utente” di un unico genere. Questo evidentemente non è previsto dalle normative vigenti e non possiamo dichiararci “Onlus” né ottenere i conseguenti vantaggi, pur essendolo di fatto.

Quali sono principi educativi su cui si fonda OIA’?

L’associazione OIA’ ha come propria fondamenta la Comunicazione e per questo si serve delle Storie. I progetti di OIA’ dialogano positivamente con l’educazione, la conoscenza e la consapevolezza; però non si può affermare che siano propriamente appartenenti a queste tipologie, proprio perché il focus è volutamente e unicamente centrato sulla Comunicazione. I principi didattici impliciti nella realizzazione dei progetti OIA’ sono l’assenza di giudizio, il rispetto della persona e l’empatia, affinché si possa instaurare una relazione e creare insieme uno spazio per l’ascolto e per la parola.

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Qual è il valore della fiaba e della narrazione fantastica?

Catarina, autrice del progetto Ziriguibum, fiabe dal mondo, espone una propria riflessione, partendo da una frase di Gianni Rodari: La Fiaba è il luogo di tutte le ipotesi, essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo”. In base alla sua personale esperienza, vissuta in diversi Paesi, di racconta storie e raccoglitrice di fiabe, osserva che la Fiaba permette al bambino anche di creare il mondo. Inoltre chi racconta la Fiaba è inevitabilmente contaminato da essa: c’è sempre una trasformazione dinanzi al numen della Fiaba stessa.

Julian, autore del progetto Qateom Lifestories, espone una propria riflessione: nella sua personale esperienza, vissuta in diversi Paesi, di raccoglitore di storie e narratore di fiabe, ha notato che i frammenti delle storie di vita vissuta che gli hanno raccontato coloro che ha incontrato e ai quali è eternamente grato, sono tutti doni dal valore inestimabile, preziosi tanto quanto lo è la Vita stessa perché in essi vi è contenuta. Lì ha imparato a sviluppare molto di ciò che appartiene al suo essere, come l’osservazione e l’ascolto, la condivisione e la gratitudine, la compassione e la guarigione. Se si vuole, in un solo termine, l’amore.

L’atto dell’ascolto è centrale nel vostro lavoro: pensate che ascoltare sia una delle grandi carenze del modello educativo e, più in generale, sociale odierno?

Non è necessario insegnare l’ascolto. È un dono innato, per tutti. Ma riteniamo sia importante ricordare che questo dono è in noi. Naturalmente l’atto di ascoltare ha differenti modalità e molteplici livelli, nei quali può non essere indispensabile addentrarsi, ma per ciò che riguarda l’ascolto del prossimo, di chi ci sta dinanzi e di ciò che veramente ci vuole raccontare, è sufficiente ricordare che in noi vi è questa qualità meravigliosa, capace di magie sorprendenti.

Se esiste un particolare compito che svolgiamo come volontari di questa piccola associazione, potrebbe dirsi questo, raccontando fiabe e raccogliendo storie, sosteniamo il ricordo di chi siamo. E, attraverso le storie, questo cambia molte cose.

Qual è stato il riscontro che avete avuto da parte dei bambini e delle bambine con cui entrate in contatto e da parte delle istituzioni con cui collaborate?

Parola chiave per la relazione con i bambini è “accesso”. Ogni bambino ha in sé una differente porta d’accesso che invita al proprio mondo, attraverso la quale si può comunicare con lui. Le fiabe e le narrazioni sono anch’esse porte d’accesso a mondi sconosciuti e fertili e una volta che queste porte si rivelano, i bambini sono liberi di creare. Questo lo abbiamo visto e vissuto ed è avvenuto con bambini di ogni fascia sociale e culturale in tutti i luoghi che abbiamo conosciuto.

Le istituzioni che abbiamo incontrato ci hanno mostrato porte di accesso più complesse, che a volte esigevano compromessi che non coincidevano con il nostro percorso, ma una buona pratica che abbiamo appreso è stata la formazione di reti di entità, associazioni e/o gruppi di persone, tutti uniti per la migliore realizzazione dei progetti.

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