22 Apr 2022

Inquinamento marino: ecco cosa minaccia i nostri mari e di chi sono le responsabilità

L'ultima tappa del viaggio in Sicilia dei ragazzi e delle ragazze di The Climate Route ci porta nella parte occidentale dell'isola per riflettere sulla salute delle acque. Come spiegano Camilla Tuccillo e Stefano Cisternino, l'inquinamento marino è un problema grave e attuale che minaccia non solo la salute dell'ecosistema, ma anche le fonti di sostentamento delle comunità litoranee.

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Trapani - Le parole ecologia ed economia hanno la stessa etimologia: dal greco: οἶκος, oikos, “casa” o anche “famiglia”; e poi λόγος, logos, “studio” da una parte e νόμος, nomos, “legge” o anche “gestione” dall’altra. La terza e ultima tappa di The Climate Route APS in Sicilia parte proprio da qui: dal legame che c’è tra i nostri interessi umani e tutte le altre creature con cui condividiamo i luoghi, dal rispetto che garantisce la salvaguardia tanto del mondo naturale quanto delle nostre attività.

Gli ecosistemi marini sono complessi di per sé e complessi sono il loro studio e la loro gestione. Parlando con chi se ne occupa da anni, gli attivisti e le attiviste dell’associazione hanno provato a comprendere qual è, ad oggi, lo stato di salute del nostro mare, quali sono i punti deboli principali, quanto sono gravi le minacce portate dall’inquinamento marino e cosa si può fare per la sua tutela.

UNA NUOVA IDEA DI PORTO

La salute del mare, in senso ampio, in Sicilia è fortemente minacciata dall’eccessiva urbanizzazione e della conseguente erosione costiera. Abbiamo affrontato questo problema in un precedente articolo. La zona di San Vito Lo Capo, dove The Climate Route incontra il giornalista e subacqueo Ninni Ravazza, non ne è esente: «È chiaro che c’è stata una trasformazione del litorale il porto è insabbiato, fra un anno non potremo più entrare con le barche».

«L’alternativa – continua Ravazza – non è distruggere il porto, come vorrebbe qualcuno. Quello di San Vito è il porto più sicuro della Sicilia occidentale, sia per i diportisti che per i pescatori. Non si può distruggere. Si deve fare in modo che faccia meno danni possibile».  Il Comune si sta preparando a redigere il Piano regolatore del porto che determinerà una nuova struttura portuale più fruibile, più sicura e con più posti barca.

Si tratta di progetti laboriosi perché devono tener conto di molti fattori: se da un lato infatti si tratta di tutelare le attività economiche come pesca e turismo, dall’altro non bisogna stravolgere in maniera massiccia gli habitat naturali, dai quali in fin dei conti, tutto dipende. Letteralmente.

LA TONNARA SOSTENIBILE DI FAVIGNANA

La mattanza è un antico e tradizionale metodo di pesca del tonno rosso, sviluppatosi nelle tonnare proprio a Trapani in Sicilia e praticato grazie a un impianto di pesca specifico detto tonnara. Nonostante il lungo corso storico, l’attività delle tonnare sta scomparendo: cattiva gestione,  crescente inquinamento del mare, anche acustico, e pesca di tipo industriale – che «intercetta i banchi di tonni molto prima che questi si avvicinino alle zone costiere trapanesi», spiega Ravazza – stanno causando una diminuzione della popolazione ittica dei tonni.

La tonnara di Favignana – la cosiddetta “regina delle tonnare” – per esempio è in pausa dal 2007. Nel 2016 poi, dopo quasi dieci anni, il Comune ha chiesto alla direzione pesca del Ministero delle Risorse agricole di poter riavere parte delle quote tonno che erano state precedentemente perse.

La nuova tonnara sarà diversa dalla precedente, ha assicurato il direttore dell’Area marina protetta delle isole Egadi: «Abbiamo attivato un tavolo tecnico con tutti i soggetti istituzionali, con tutti gli enti di ricerca impegnati nel campo e con le maggiori associazioni ambientaliste. Il tavolo tecnico partorirà le linee guida che saranno un elemento di garanzia della sostenibilità del processo», aveva dichiarato durante un’intervista per LifeGate

I cambiamenti climatici generano cause ed effetti complessi; l’approccio risolutivo dunque non può che essere altrettanto complesso

La tonnara sostenibile non userà più i metodi della mattanza; si tratterà di una tonnara fissa, che permette di prendere solo i tonni adulti e che si sono già riprodotti e di evitare le catture accidentali, lasciando così liberi gli esemplari sotto taglia o le specie non bersaglio.

TROPPA PLASTICA NEI MARI SICILIANI

Oltre alla pesca intensiva, l’impatto antropico ha numerosi altri effetti sulla salute del mare. I principali riguardano l’inquinamento di questo ecosistema e quindi l’alterazione di cicli ed equilibri finemente regolati dall’ecologia dell’habitat e dalla biologia delle specie. Uno dei più evidenti è la massiccia presenza di plastica.

Il mar Mediterraneo è un bacino semi-chiuso, circondato da tre continenti e influenzato da intense attività umane, caratteristiche che lo rendono uno tra i mari più a rischio del mondo per l’inquinamento da plastica, che si accumula in grandi quantità e vi permane per lunghi periodi di tempo, sminuzzandosi in particelle sempre più piccole e insidiose – le cosiddette microplastiche.

Secondo il report del WWF del 2018 Mediterraneo in trappola, la plastica nel nostro mare rappresenta il 95% dei rifiuti rinvenuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge. «Con i rifiuti abbiamo “toccato il fondo”», è questo il commento dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e del Sistema per la protezione dell’Ambiente (Snpa) di fronte ai principali risultati emersi dal monitoraggio del 2019.

Più del 70% dei rifiuti marini è depositato nei fondali e le concentrazioni più alte sono state riscontrate nel mar Ligure, nel golfo di Napoli e in Sicilia. Il mare di Sicilia infatti, con 786 oggetti rinvenuti e un peso complessivo superiore ai 670 chilomgrammi, conferma la sua collocazione tra le discariche sottomarine più grandi del Paese.

L’inquinamento da plastica costituisce una grave minaccia per importanti settori economici del Mediterraneo, soprattutto la pesca e il turismo. La presenza di plastica determina minori catture e quindi minori entrate, danni alle imbarcazioni e agli attrezzi da pesca, riduzione della domanda da parte dei consumatori, preoccupati dalla presenza di plastica nelle carni del pesce, e costa al settore della pesca dell’Unione Europea circa 61,7 milioni di euro l’anno. Spiagge e porti sporchi e inquinati scoraggiano il turismo, determinando la perdita di posti di lavoro e ingenti costi di pulizia.

PERICOLI PER LA BIODIVERSITÀ

Oltre al problema della plastica in mare, la biodiversità marina è comunque sottoposta a numerose minacce. Tra le principali troviamo l’aumento delle temperature, lo scompenso dei cicli giovanili delle specie – come segnala alle telecamere di The Climate Route Salvatore Console Livreri , direttore Area protetta Isole Egadi –, la perdita quasi totale di specie autoctone e l’invasione da parte di aliene, tutte collegate tra loro e riconducibili al cambiamento climatico e all’intervento antropico.

La Pinna nobilis o nacchera del Mediterraneo, per esempio, è il più grande mollusco bivalve del nostro mare: presente sui fondali del nostro mare per circa 20 milioni di anni, recentemente è stato colpito da una catastrofica mortalità di massa. A partire dal 2016, eventi di mortalità di massa hanno causato il declino di questa specie dall’80 al 100% in alcune aree delle coste spagnole, italiane – soprattutto Siciliane – e corse.

mare sicilia the climate route

Questi eventi – si legge sul report Gli effetti del cambiamento climatico nel Mediterraneo del WWF – si sono rivelati essere soprattutto il risultato di un patogeno, Haplosporidium pinnae, che potrebbe essersi diffuso tramite le correnti marine estive. Il cambiamento climatico potrebbe essere la causa a monte: temperature più calde potrebbero infatti aver favorito lo sviluppo di H. pinnae in habitat prima non adatti alla sua fisiologia e biologia.

Oltre ai patogeni, numerose specie di pesci alieni nuotano ormai nelle acque siciliane: la loro rapida diffusione è legata in particolare all’aumento delle specie ittiche introdotte in acquariologia e acquacoltura, così come alla crescita del traffico marittimo attraverso gli oceani in quello che viene definito come un processo in atto di “globalizzazione della biodiversità marina su scala mondiale”.

Negli ultimi decenni a creare allarme è stato in particolare il pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus), una specie tropicale e altamente tossica al consumo entrata nel Mediterraneo attraversando il Canale di Suez. Nel 2016 poi, per la prima volta nella storia, un esemplare di pesce scorpione è stato fotografato all’interno della Riserva Naturale Orientata oasi faunistica di Vendicari. È dello scorso anno invece la notizia secondo cui l’invasione di questa specie possa essere contrastata dalla predazione da parte del polpo (Octopus vulgaris), specie autoctona del mar Mediterraneo.

PROTEGGERE UN ECOSISTEMA

«Non siamo a un punto di non ritorno», confida speranzoso Ninni Ravazza ai giovani e alle giovani di The Climate Route. «Decide l’inquinamento e quindi decidiamo noi». I cambiamenti climatici generano cause ed effetti complessi; l’approccio risolutivo dunque non può che essere altrettanto complesso e considerare tanto le specificità quanto la globalità dei problemi.

Nel caso dell’impatto sul mare, per esempio, va considerato il funzionamento dell’intero ecosistema, fatto di interazioni e cicli connessi: un ecosistema integro offre sicuramente meno possibilità di danno rispetto a un ecosistema degradato da attività antropiche. 

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