5 Mag 2022

Come si fa a fare la pace? Viaggio alla scoperta delle società pacifiche della storia

Scritto da: Elisa Elia

Mentre in Europa e in Occidente la guerra è protagonista di questa fase storica, riteniamo importante ribadire che questa non è l’unica strada percorribile: esistono società pacifiche che praticano solidarietà e mutuo aiuto e rifiutano la guerra. E che continuano a esistere tutt’oggi in alcune parti del globo. Vediamo quali sono.

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Le società pacifiche sono mera utopia? La guerra è una costante di qualsiasi società? La violenza è connaturata all’essere umano? Tutti ci siamo posti almeno una di queste tre domande nell’arco della nostra vita. E continuiamo a porcela. Nonostante in Europa in questi giorni soffino venti di guerra e dall’Occidente non arrivino notizie rassicuranti sulle spese militari, esistono parti di mondo in cui delle società pacifiche vivono e si relazionano basandosi su principi di cooperazione, solidarietà e cura.

Stiamo parlando delle società matriarcali o matrilineari come i Mosuo in Cina, i Minangkabau in Indonesia e i Khasi nell’India nord-orientale. L’elenco potrebbe continuare – come ci dice la filosofa Heide Goettner-Abendroth nel suo libro Le società matriarcali. Studi sulle culture indigene del mondo – ma per ora fermiamoci qui. E facciamo un passo indietro per rispondere alla domanda: cosa sono esattamente le società matriarcali?

Al contrario di ciò che si pensa comunemente, le società matriarcali o matrilineari non sono sistemi sociali in cui le donne comandano al posto degli uomini. Il termine matriarcato non è l’opposto di patriarcato, ma fa riferimento a delle società che ruotano attorno alla figura della donna e che hanno come valori fondanti quelli della solidarietà, della cura, del mutuo aiuto.

donne mosuo societa pacifiche
Donne Mosuo dello Yunnan

Si tratta di sistemi che hanno origine nel primo Neolitico e che subiscono nel tempo un lento processo di trasformazione, che porterà all’instaurarsi di gerarchia, dominio e violenza. Non tutti sono d’accordo sulle cause che hanno portato a questa “evoluzione”. L’antropologo Murray Bookchin nel suo libro L’ecologia della libertà afferma che «l’evoluzione verso la sicurezza materiale e la complessità sociale ha generato forze contrapposte che hanno dato luogo a un’insicurezza materiale e a un conflitto sociale propri alla “civiltà” in quanto tale».

Quale che sia il motivo, questo lungo viaggio ha portato a far predominare le società che conosciamo oggi, dove le guerre degli Stati sono una costante. Eppure, come un fiume sotterraneo, alcune società hanno continuato a sopravvivere ispirandosi proprio ai valori di quelle società matriarcali, mantenendo intatto il filo che originariamente le collegava alle loro antenate. Prendiamo ad esempio le tre sopracitate per approfondire un po’ l’argomento.

L'Ecologia della Libertà
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I Mosuo sono una popolazione che vive nelle province cinesi dello Sichuan e Yunnan, a sud-ovest del paese. Si parla di circa 50.000 persone, di cui molte provenienti da una migrazione dal Tibet risalente a 1000 anni fa. Sono per la maggior parte un popolo che segue un’organizzazione matrilineare, in cui la società si raggruppa attorno a famiglie di consanguinei che seguono la discendenza materna.

Più in generale, fra i Mosuo «la donna più capace viene eletta matriarca col titolo di “Dabu”. Organizza il lavoro agricolo e gestisce il cibo; gestisce la proprietà comune del clan […]. Non gode tuttavia di privilegi speciali perché ciò contravverrebbe al principio di uguaglianza che è alla base di questa società», spiega Heide Goettner-Abendroth. Non esistono forme di violenza strutturali e/o radicate a livello sociale e non perché ci siano controllo o punizione, ma perché la violenza è vista come qualcosa di cui vergognarsi, che va contro i principi di cooperazione e solidarietà della società.

In Indonesia ci sono poi i Minangkabau, un gruppo etnico che vive nell’isola di Sumatra. Anche loro, seguendo il modello matrilineare, hanno molti principi in comune con i Mosuo della Cina: alla base della società ci sono valori fondanti come la cura e la solidarietà, le assemblee sono la pratica attraverso cui piccoli nuclei si confrontano e l’organizzazione ruota attorno a clan matriarcali, fatti da case-comunità dove vivono dalle 40 alle 80 persone che discendono da tre generazioni di donne.

Alcune società hanno continuato a sopravvivere ispirandosi proprio ai valori di quelle società matriarcali

L’induah è la matriarca, la donna più anziana, che è custode delle proprietà del clan e ha molta influenza nella società, mentre l’adat fa riferimento proprio alla legge clanica matriarcale. Sono le donne a mantenere i legami sociali e a far sì che le relazioni fra clan siano stabili e improntate a principi di mutuo aiuto.

L’ultima delle società pacifiche a cui possiamo accennare è quella dei Khasi, che vivono nell’India nord-orientale, tra le montagne del Meghalaya, al confine col Bangladesh. In queste società è la figlia minore di ogni nucleo a diventare poi l’erede e la responsabile della comunità: non si tratta, neanche qui, di una posizione di privilegio, ma di responsabilità e cura nei confronti di un intero gruppo. L’ultimo-genita, una volta assunto il ruolo di ka khatduh, si occuperà della gestione delle risorse del clan e dei riti funerari della madre.

In tutte le società descritte la guerra non è un’opzione praticabile e praticata. Pare che vi siano almeno altre trenta società nel mondo organizzate in questo modo, fondate sul matriarcato e culturalmente estranee alla pratica della violenza. Perché non prendere ispirazione da questo modello?

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