3 Mar 2016

Donne e decrescita nelle società matriarcali

Prosegue l'intervista ai protagonisti del convegno internazionale "Culture indigene di pace". Insieme a loro scopriamo in che modo le società matriarcali ci insegnano a osservare i principi della decrescita da un punto di vista privilegiato, quello femminile.

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Prosegue la chiacchierata con Daniela Degan e Alberto Castagnola, relatori del convegno internazionale Culture indigene di pace: i sentieri della Terra, organizzato dall’associazione Laima che si terrà a Torino dal 18 al 20 marzo, di cui Italia Che Cambia è media partner ufficiale. Nella prima parte ci siamo concentrati sul ruolo della donna nelle culture native e sul rapporto armonioso con la natura. Vediamo adesso come esse coniugano questi aspetti con movimenti a noi vicini e conosciuti, unendo per esempio donne e decrescita.

 

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Quali elementi di interesse si possono trovare nelle società matriarcali rispetto ai temi della decrescita?

 

Daniela Degan: «Da molti anni sono impegnata nel Movimento per la Decrescita, nel 2006 ho co-fondato il laboratorio itinerante della decrescita di Roma con l’idea di portare sul territorio romano i temi della decrescita. Contemporaneamente all’impegno e alla ricerca sulle decrescite, ma in un certo senso, secondo il mio punto di vista, anche in strettissima unione con quella elaborazione, sto portando avanti uno studio sulle civiltà preistoriche e il ruolo delle donne di ieri, di oggi e di domani. Dopo la crisi di queste culture, tutta la storia successiva, e in maniera esponenziale la storia della modernità. può essere letta come la storia di una grande espansione: militare, geografica, tecnico-scientifica, soprattutto economica.

 

È la storia dello sviluppo economico, appunto, e ha raggiunto il suo culmine nel dopoguerra. Ma si sa ora che la ricetta dello sviluppo economico non può essere estesa a tutti, non c’è stata e non ci sarà quello che gli economisti hanno chiamato “l’effetto sgocciolamento” e che il panorama attuale presenta un conto salato: milioni di esclusi dal banchetto della società del consumo. Il Sogno occidentale di miglioramento per l’umanità intera sì è infranto. L’Economia occidentale e la sua religione comportano un sacrificio: i paesi e le popolazioni che non hanno niente più da offrire/fornire sull’altare dello Sviluppo e della Crescita e che per dirla con Latouche sono “buoni per la demolizione” e quindi inutili per il Mercato. Forse le antiche società matriarcali e le attuali ancora esistenti sul nostro pianeta, con i loro valori e le loro modalità, possono farci uscire da questo meccanismo che stritola le genti.

 

murales_donne

 

A livello politico, le società matriarcali sono definite “società egualitarie di consenso”. Si basano pertanto su una cultura di consenso, una metodologia partecipativa decisionale che già viene utilizzata nei contesti che possiamo definire decrescenti e comunque vicini a società alternative e solidali, dove si esalta il valore della circolarità contro la struttura gerarchica. Io penso che alcuni di questi modelli siano già in atto anche da noi e all’interno della cornice della decrescita e della economia solidale (G.A.S. – D.E.S. – Ecovillaggi). Nella mia esperienza politica-personale ho appreso nella Rete Lilliput questa metodologia, le decisioni nelle plenarie e nei nodi del territorio nazionale sono state prese secondo la metodologia del consenso. Quindi penso che è già in atto questa possibilità e che si tratta di una “utopia concreta” e perfettamente in armonia con i valori delle società matriarcali. Consenso è sinonimo di Pace, rappresenta l’aspetto concreto della Pace. Per quanto riguarda il livello sociale, le società matriarcali sono culture di pace, sostenibili, egualitarie e orizzontali. Rilevo che nel movimento della decrescita di cui faccio parte sostenere la dimensione dell’equità, della giustizia e della pace, sostenibilità sociale, economica e ambientale è ancora un enunciato, un principio da raggiungere. La società dominante si fonda sulla espansione: è incompatibile con la conservazione della pace, quindi sarà indispensabile ridistribuire al fine di garantire a tutti gli abitanti della terra l’accesso alle risorse naturali ed una equa distribuzione della ricchezza. Così facendo si promuove una nuova dimensione della equità, della giustizia e della pace, diciamo di sostenibilità sociale.

 

Trasformare i valori con i quali viene organizzata la nostra vita può avvicinarci alle società attuali matriarcali: altruismo che prevale sull’egoismo, la cooperazione sulla concorrenza, il piacere del tempo libero sulla ossessione del lavoro, la cura della vita sociale sul consumo illimitato ecc. Cosa tiene insieme tutti questi aspetti? Credo che l’aspetto fondamentale e fondativo di queste culture sia l’alta valenza della loro spiritualità. Una filosofia spirituale, non una religione, che forma ogni aspetto della vita. Tutto il mondo (i mondi) è considerato sacro e ha origine nel femminino che da vita e forma. Sono società a cultura sacra del divino femminile. Tutto questo ha un centro nella casa della madre, inserita in un villaggio e in un clan. Forse in questo le matrici della decrescita sono ancora carenti, ma sono d’accordo con Mauro Bonaiuti quando sostiene che la decrescita materiale sarà una crescita relazionale conviviale e spirituale o non sarà e pone l’accento sui “Beni relazionali” ossia servizi che corrispondono a una domanda di attenzione di cura, di conoscenze, di partecipazione, di nuovi spazi di libertà, di spiritualità».

 

albero

 

Che cosa propone questa edizione del convegno “Culture indigene di pace”?

 

Daniela Degan: «I sentieri della Terra, il titolo di questa edizione, vuole essere un omaggio al libro di Starhawk, nostra ospite nel 2013. Condividiamo il suo pensiero: la narrazione di una storia in cui le azioni delle donne e degli uomini sono straordinariamente creative, reattive e mutevoli. Le forme di vita che sopravvivono non sono quelle competitive o aggressive, ma quelle che collaborano, comunicano e trovano il modo migliore per condividere le risorse. Queste vie, questi sentieri ci permettono di nominare la Terra, secondo i principi della Quintessenza di Mary Daly. Nominandole ridiamo nuova vita e dignità. Non proponiamo una visione ecologica neutra, distaccata e antropocentrica, frutto della scissione tra Spirito e Materia, tra regni separati da barriere artificiali di  incomunicabilità.

 

Le società matriarcali viventi che da anni Culture indigene di Pace studia e porta nei convegni non hanno mai dimenticato di onorare la vita del suolo che ci nutre, la cura affinché questo strato sottile continui a rigenerarsi e a mantenere il suo equilibrio fertile, risultante dal lavoro di miliardi di cellule e di organismi. Le comunità fioriscono in pace dove i semi si conservano e l’interconnessione tra piante animali umani e batteri è tenuta in conto e assecondata. In questa edizione diamo voce a coloro che hanno stabilito relazioni assennate con la Terra e tutte le sue creature».

 

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