3 Nov 2022

Cascina Oschiena: la storia di Alice, coltivatrice di riso e biodiversità – Io Faccio Così #364

Scritto da: Lorena Di Maria

A Cascina Oschiena vive Alice Cerutti, che insieme alla sua famiglia porta avanti la sua rivoluzione sostenibile, coltivando con metodo naturale per favorire la biodiversità. Ad oggi ha restituito all’ambiente un quarto delle coltivazioni per realizzare un’oasi naturale dove ricreare un habitat per le specie animali e vegetali autoctone. Il suo motto? “Oggi non è più sufficiente conservare, è necessario restituire alla natura!”.

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Vercelli - Per arrivare a Cascina Oschiena bisogna percorrere una strada che si dirama lungo chilometri e chilometri di risaie sconfinate. Sono i campi del vercellese, una terra un tempo paludosa e poi bonificata dai monaci benedettini e cistercensi. Nei secoli la vita di questo territorio si è scandita al ritmo del lavoro nei campi: la preparazione del terreno, la sommersione degli appezzamenti, la semina, la mietitura e infine la raccolta.

Tutto girava intorno a questo cereale, di cui oggi si contano più di cento varietà. Dalle più tradizionali come l’Arborio e il Carnaroli, alle più particolari come il nero, il rosso, il tondo e il chicco lungo aromatico. A testimonianza della sua centralità, basti pensare che Vercelli è oggi Capitale Europea del riso e qui si trova la borsa merci, la cui quotazione che dai campi giunge in tutta Europa viene battuta tutti i martedì mattina.

DALLA CITTÀ ALLA CAMPAGNA: IL CAMBIO VITA DI ALICE ALL’INSEGNA DELLA LENTEZZA

A ottobre nel vercellese è tempo di raccolto. Proprio come nel Comune di Crova, dove si trova Cascina Oschiena: qui il riso si coltiva sin dal XVI secolo sotto la conduzione dei Monaci Benedettini. A guidarci in questo luogo bucolico e ricco di storia è Alice Cerutti, che da diversi anni ha ripreso in mano la cascina e che insieme alla sua famiglia sta creando un’oasi di biodiversità.

Alice oggi si considera una coltivatrice di riso e ambiente. Prima che la sua vita cambiasse, viveva in città, a Torino. «Quando lavoravo in azienda e venivo in cascina mi rendevo conto della grande fortuna che avevo nel poter coltivare la terra. Venivo con la mia famiglia i sabati e le domeniche: vedere il riso nascere è un’esperienza unica e in quelle occasioni mi sono resa conto del potenziale dell’agricoltura».

Per Alice il lavoro dell’agricoltore non è solo coltivare e massimizzare le produzioni. «Significa essere tutore e custode di un territorio. Sì, coltivare riso, ma anche dare tutto il nostro impegno per l’incremento delle biodiversità, per tornare a quel paesaggio rurale che ormai troviamo solo sulle vecchie mappe, dove tutti gli argini delle risaie erano filari di alberi». 

LA RINASCITA DELLA CASCINA

A Cascina Oschiena il riso si è sempre coltivato, ma nessuno della famiglia di Alice se n’era mai occupato. Per molto tempo infatti la cascina è stata affittata e i campi sono stati coltivati da terzi. «Quando mia mamma l’ha ripresa in mano c’è stato un periodo in cui era disabitata», racconta.

Alica ricorda ancora uno dei momenti più cruciali della sua scelta di cambiare vita: «Ero con mio marito in bicicletta, fuori dal nostro cancello, e sono passati alcuni signori del luogo che ci hanno detto: “Come si fa a far andar giù delle cascine così!” non sapendo, ovviamente, che i proprietari eravamo noi. In quel momento ci siamo guardati e abbiamo capito che responsabilità avessimo sulle spalle: la responsabilità di non far cadere giù un patrimonio storico del genere».

Presto sono iniziati i lavori di ristrutturazione in bioedilizia, con la promessa di rispettare la storia del luogo: gli intonaci in lolla di riso e calce naturale, i pavimenti realizzati con il recupero del legno dei tetti, l’attenzione agli aspetti energetici attraverso l’installazione di una pompa di calore e del fotovoltaico. «Il nostro trasferimento a Cascina Oschiena è diventato un progetto di vita che ci rende felici, un qualcosa di cui non potremmo più fare a meno». 

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LA COSTRUZIONE DELL’OASI PER RICREARE UN HABITAT

Intorno a Cascina Oschiena sono presenti 100 ettari di campi, dove Alice coltiva diverse varietà di cereali come il Carnaroli Classico e l’Arborio Classico, il riso Apollo, Venere, Selenio, Ermes e il farro. Parliamo di varietà antiche, storiche e autentiche, cresciute in un ambiente naturale e sano che sono vendute all’interno del punto vendita in cascina e poi direttamente a privati, gruppi di acquisto solidale e ristoranti.

Con questi 100 ettari Alice e la sua famiglia hanno fatto una scelta coraggiosa: restituirne un quarto alla natura per salvaguardare ambiente e paesaggio, oltre che per ricreare habitat naturali per le specie animali e vegetali autoctone. «Ad oggi abbiamo piantato oltre 5000 piante tra siepi e alberi ad alto fusto sugli argini di canali irrigui e nel 2019 abbiamo creato l’Oasi Naturale di Cascina Oschiena, restituendo all’ambiente 25 ettari da sempre destinati alla produzione di riso».

Quella di Alice è di certo una scelta audace, non solo per l’impegno verso un progetto di naturalizzazione che si è avvalso di collaborazioni con Università ed esperti che eseguono costanti studi e monitoraggi su suolo, ma soprattutto perché è una decisione per molti in controtendenza. Perché dedicarsi a rinaturalizzare un territorio quando quegli stessi campi si possono coltivare per trarne profitto?

In tanti parlano di conservazione dell’ambiente ma per noi non è non è più sufficiente, bisogna restituire alla natura per vivere meglio tutti

La risposta ce l’ha data Alice, fermamente convinta e fiera delle sue scelte: «Io vivo della coltivazione di riso e quindi per me è importante produrre. Però produrre non vuol dire per forza massimizzare le produzioni. Si può benissimo essere economicamente sostenibili, producendo in sinergia con la natura. Anche in periodi difficili come questo anno di siccità finisci per diventare più resiliente perché hai un approccio totalmente multifunzionale».

BIODIVERSITÀ È SINONIMO DI VARIETÀ

Biodiversità animale e vegetale, innanzitutto: con il progetto dell’Oasi Naturale, Alice e la sua famiglia hanno creato un’area umida per la sosta e la nidificazione di varie specie di uccelli acquatici migratori e per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di molte specie di anfibi, farfalle e libellule. Per la progettazione dell’oasi è stato fondamentale il contributo di esperti naturalisti e di avifauna, botanici, entomologi ed erpetologi.

«La cosa meravigliosa è che ci siamo resi conto che coltivando in modo diverso la natura risponde subito. Dai primi anni in cui non abbiamo più usato glifosati ed erbicidi, lasciando crescere l’erba spontanea, c’è stato un risultato immediato in termini di biodiversità». Oggi, tra le specie tutelate, ci sono la Pittima Reale – per la quale il sito di Cascina Oschiena è ad oggi l’ultimo sito censito in Italia –, il Cavaliere d’Italia e Pavoncella. Si tratta di specie messe sempre più a rischio dalle nuove tecniche di lavorazioni della risicoltura intensiva e che oggi vengono protette dall’estinzione.

Cascina Oschiena1
IL BOSCO PLANIZIALE

Il territorio della Cascina è inserito nella Zona di Protezione Speciale Risaie Vercellesi e nel 2012 ha aderito al progetto Europeo Life Natura 2000. Salvaguardare l’ambiente a Cascina Oschiena significa anche ricreare il paesaggio rurale antico: per questo sono stati rinaturalizzati due fontanili mediante l’ampliamento dell’occhio e il rimboschimento delle sponde.

Un altro programma virtuoso interessa poi il bosco: «È stato il nostro primo grande progetto, anche grazie all’idea di mia mamma; è un bosco planiziale di sei ettari, quindi di pianura». Nell’area sono state piantate solo specie autoctone: querce, ontani, carpini, frassini. «È meravigliosa, è diventata una garzaia bellissima».

Durante il periodo di migrazione si possono infatti avvistare aironi, tarabusi e tanti altri uccelli che qui nidificano. «Ovviamente quest’area dà anche un valore aggiunto al nostro riso. Grazie ai nostri impegni ambientali tutti i terreni sono stati riconosciuti oasi naturale a livello europeo. Per questo da noi è vietata la caccia e abbiamo delle restrizioni importanti proprio grazie a questo riconoscimento».

UNA COMUNITÀ CHE RINASCE

È molto affascinante poter chiudere per un attimo gli occhi e immaginarsi com’era la vita qua più di cent’anni fa. Alla Cascina Oschiena vivevano infatti più di 500 persone e in passato le cascine erano addirittura più importanti dei vari paesi, in quanto microcosmi completamente indipendenti. Al suo interno c’erano la chiesa, la scuola, la bottega con il suo margaro.

Non mancavano professionalità affascinanti come il fabbro e il cavallante, i cosiddetti sciavandè, ovvero uomini che vivevano e lavoravano in cascina tutto l’anno; le mondine che giungevano stagionalmente per la “monda”, ossia per rimuovere le erbacce dalla risaia o le trapiantine, che trapiantavano la singola pianticella di riso.

Cascina Oschiena2

«Queste storie sono delle memorie che penso debbano assolutamente essere tenute vive ed è anche per questo che quando vengono a trovarci le scuole raccontiamo lo spirito di comunità che un tempo viveva a Cascina Oschiena e speriamo possa essere di ispirazione in questo futuro incerto». 

In continuità con il passato, oggi il progetto di Cascina Oschiena vive all’insegna dell’inclusione: «Quello che per noi è importante è la trasparenza e condividere ciò che facciamo. Siamo fattoria didattica, i nostri cancelli sono sempre aperti e chiunque vuole venire e vedere come coltiviamo e lavoriamo può farlo». 

Grazie all’impegno di Alice e della sua famiglia, si sta ricreando una comunità allargata che sta facendo la differenza, riportando l’amore per l’ambiente in questo mondo che di impegno per l’ambiente ha tanto bisogno. «Per noi è fondamentale trasmettere questo messaggio: in tanti parlano di conservazione dell’ambiente ma per noi non è non è più sufficiente, bisogna restituire alla natura per vivere meglio tutti».

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