15 Dic 2022

Dalle Alpi ai villaggi berberi del Marocco, ma l’avventura di Cycling for Trees non è ancora finita

Scritto da: Benedetta Torsello

Ettore Campana è un viaggiatore appassionato. Ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita spostandosi da un continente all’altro senza mai fermarsi. Cycling for Trees è solo la più recente delle sue avventure in sella alla bicicletta, quella che l’ha portato da Brescia fino a Marrakech per tutelare le sponde del lago d’Iseo e il suo fragile ecosistema.

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A sentirne il racconto, quel suo ultimo viaggio in bicicletta, da Brescia a Marrakech, sembra quasi una passeggiata. Eppure sono circa quattromila i chilometri percorsi da Ettore Campana in trentasei giorni, alla scoperta di sei paesi diversi. Si dice che viaggiare sia come vivere due volte, ma chissà quante innumerevoli volte ha già vissuto Ettore, tra esplorazioni a piedi, itinerari a due ruote e un costante girovagare per decine di paesi diversi.

Avevamo parlato per la prima volta del suo progetto Cycling for Trees a poche ore dalla sua partenza per il Marocco. Mi aveva raccontato che avrebbe pedalato fino a Marrakech e che era il suo primo vero viaggio in bicicletta. Non un semplice itinerario in solitaria, ma una raccolta fondi per tutelare le sponde del lago d’Iseo e finanziare la piantumazione e cura di oltre duecento alberi.

Quando poi ci risentiamo, Ettore è ormai rientrato in Italia da qualche settimana. Mi invia alcune foto del viaggio e mi racconta delle immagini che ha ancora impresse negli occhi. La valle del Dades, la tenda montata su una spiaggia deserta, alcuni passanti che gli offrono ciò che hanno a disposizione: alla fine, presi dal racconto, è un po’ come ripartire insieme, anche se l’avventura di Cycling for Trees – ci spiega Ettore – non si è ancora conclusa.

Ciclying for Trees cover
Ci eravamo salutati il giorno prima della tua partenza, a fine settembre. Com’è andato il viaggio? 

Il viaggio è andato bene. È stata un’esperienza profonda che penso mi abbia arricchito molto. Oltre ad avermi dimostrato come determinazione e voglia di mettersi in gioco siano indispensabili per superare sfide e difficoltà.

Rispetto all’itinerario e ai tempi che avevi previsto, quanto sono stati stravolti i tuoi piani? 

Ho tenuto un ritmo di viaggio piuttosto sostenuto: ho pedalato una media di 128 chilometri al giorno, perché temevo di non arrivare in tempo alla meta. Invece il viaggio si è concluso prima del previsto e ho percorso più chilometri di quanto mi fossi prefissato. Nel corso dei giorni ho attraversato ben sei diversi paesi – Italia, Francia, Andorra, Spagna, Gibilterra e Marocco – e pedalato per un totale di 3850 chilometri.

Ho visto scenari e paesaggi mozzafiato, che mi hanno ripagato delle giornate a pedalare sotto una pioggia torrenziale o di altri piccoli incidenti di percorso. Sono passato dalle Alpi ai borghi medievali abbandonati della Provenza, dalle coste spagnole fino alle aride vette della Sierra Nevada, per arrivare sino al deserto in Marocco e all’ultima delle catene montuose che ho affrontato, quella dell’Atlante. Già prima di partire sognavo di superare in sella alla mia bici le Alpi, i Pirenei, la Sierra Nevada, le vette della regione del Rif e il Grande Atlante, con un dislivello totale di 4200 metri. Riuscirci è stata una bella sfida, che mi ha regalato fatiche, gioie e grandi soddisfazioni.

Ciclying for Trees 2
Chi hai incontrato lungo la strada? Quale di questi incontri ti è rimasto più impresso?

È stato un viaggio in solitaria, ma ogni volta che ho incrociato qualcuno, ho sempre ricevuto ospitalità e gentilezza. Mi hanno tutti aiutato per quanto era nelle loro possibilità. Diciamo che un viaggiatore in bicicletta, carico di borse e con i vestiti bagnati legati al manubrio, non passa mai troppo inosservato [sorride, ndr].

Ma quello che non dimenticherò mai è il tempo trascorso nei villaggi berberi, dove gli abitanti mi hanno accolto e offerto ciò che avevano: del pane sordo con l’olio, una mela, il tè alla menta e un letto dove dormire. E poi ho giocato a calcio con i bambini in un campo sperduto di sabbia e detriti, ho visto un contadino sventrare una capra appesa a testa in giù e mangiato la zuppa preparata dalle nonne del villaggio davanti al fuoco assieme a tutti gli altri abitanti. Abbiamo parlato poco e riso molto. Parlavano solo berbero, ma quei sorrisi e la loro genuina ospitalità mi sono rimasti nel cuore. Vivono in condizioni di estrema povertà, eppure la loro generosità non ha eguali.

Sei un viaggiatore in solitaria con una lunga esperienza. Ma ti è mai capitato durante uno dei tuoi viaggi di avere paura? Come la gestisci quanto ti trovi da solo, magari in un posto in cui non sei mai stato prima? 

In dieci anni di viaggi in giro per il mondo è inevitabile ritrovarsi a volte in situazioni spiacevoli. In generale cerco sempre di essere molto prudente. In Colombia per esempio, quando me ne andavo in giro la sera nelle grandi città, mi coprivo il volto con una bandana lasciando scoperti solo gli occhi, in modo che non si capisse immediatamente che non ero del posto.

Quello che non dimenticherò mai è il tempo trascorso nei villaggi berberi, in Marocco, dove gli abitanti mi hanno accolto e offerto ciò che avevano

Durante quest’ultimo viaggio si è più volte rotta la bicicletta, ma non mi sono mai perso d’animo e ho cercato di trovare subito una soluzione. Forse l’unica volta in cui ho avuto davvero paura in Marocco è stato una notte in cui mi ero accampato in aperta campagna, ma non lontano dalla strada. A un certo punto sono stato svegliato da un gruppo di cani randagi che si azzuffavano vicinissimi alla mia tenda. Non sapevo bene cosa fare, era buio pesto e temevo che qualsiasi iniziativa potesse peggiorare la situazione. Sì, in quel caso un po’ di paura l’ho avuta.

Cosa consiglieresti a chi resiste ancora alla tentazione di partire per un viaggio come il tuo?

Penso sia una delle esperienze più profonde e intense che si possano vivere. Incoraggio chiunque, almeno una volta, a farlo. Ciò che amo di più dei viaggi in solitaria è quella sensazione di estrema libertà che poi si trasforma in adrenalina. Siamo gli assoluti protagonisti delle nostre scelte e consapevoli che qualsiasi cosa dipenderà dalle nostre decisioni. A volte ci si sente un po’ soli, ma il bello di questo tipo di esperienza è anche questo.

Ciclying for Trees 3
Cycling for Trees non è soltanto un viaggio in solitaria, ma molto di più.  A che punto è il progetto di cui ci avevi parlato prima di partire?

Il crowdfunding sta andando molto bene. Con Cycling for Trees abbiamo superato i quattro mila euro raccolti: questo significa poter piantumare e prendersi cura di oltre duecento alberi. Chi volesse dare il proprio contributo, è in ancora in tempo per farlo. Il progetto, supportato da EU Climate Pact, raggiungerà un traguardo importante la prossima primavera, quando partirà la piantumazione degli alberi grazie al contributo di WOWnature.

E al prossimo viaggio, ci hai già pensato?

Riguardo al prossimo viaggio, ammetto di averci già pensato. L’esperienza in bicicletta fino in Marocco mi ha dato una maggiore consapevolezza delle mie capacità – e anche dei miei limiti – oltre ad aver accresciuto la mia sete di avventura. Di una cosa sono certo: vorrei continuare a viaggiare per il mondo per scoprirne le bellezze e cercare di sensibilizzare quante più persone è possibile a prendersene cura. Ho ancora tutto l’inverno per pianificare il prossimo viaggio: per adesso mi limito a sognare…

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