Arcipelago di La Maddalena: dalle Isole minori arriva un SOS
Riceviamo e pubblichiamo una lettera di denuncia anonima che segnala gravi criticità ambientali nelle isole minori dell’arcipelago della Maddalena.

In breve
Una denuncia anonima accende i riflettori sulla situazione insostenibile del turismo di massa nell’Arcipelago della Maddalena
- L’Arcipelago di La Maddalena, gioiello naturalistici del Mediterraneo, è al collasso ambientale principalmente a causa del turismo incontrollato e dell’inerzia istituzionale.
- Le poche restrizioni adottate – come il divieto di mangiare in spiaggia o dare cibo alla fauna – sono giudicate inadeguate e tardive, spesso percepite come operazioni di facciata più che vere misure di tutela.
- L’assenza di una guida stabile all’interno dell’Ente Parco e la mancanza di adeguati controlli avrebbero aggravato una situazione già critica: fondali danneggiati, sabbia erosa, rifiuti, ormeggi e campeggi abusivi, inquinamento acustico e ambientale.
- L’ultima commissaria Rosanna Giudice ha lanciato l’allarme: se non si interviene con urgenza, entro 10-15 anni “non rimarrà nulla di questa bellezza”.
Nel cuore dell’Arcipelago di La Maddalena, nella splendida cornice delle Bocche di Bonifacio, si trova un gruppo di piccole isole tra cui l’Isola di Santa Maria, Budelli e Razzoli che racchiudono un tratto di mare denominato Porto Madonna e l’isola di Spargi: luoghi di rara bellezza, oggi al centro di una profonda crisi ambientale.
Da decenni queste piccole isole e i loro mari subiscono un degrado progressivo, frutto di un “oblio programmato” da parte delle istituzioni deputate alla tutela del territorio. Il Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, il Comune, la Regione Sardegna, il Ministero dell’Ambiente, la Guardia Costiera: nessuno ha adottato misure sufficienti per arrestare lo sfruttamento turistico e proteggere l’ecosistema. Le uniche misure adottate negli anni – la chiusura della Spiaggia Rosa e della spiaggia del Cavaliere a Budelli e la delimitazione di una riserva integrale tra Santa Maria e Razzoli – hanno avuto un forte impatto simbolico, ma non sono bastate.
Cala Santa Maria e alcune rade dell’Isola di Spargi , non soggette ad alcun vincolo simile, hanno finito per diventare l’unico sbocco disponibile: solo cala Santa Maria oggi accoglie oltre 2500 visitatori al giorno durante i mesi estivi, a fronte di una capacità di carico stimata in appena 300 persone, secondo uno studio studio della Conservatoria delle Coste della Regione Sardegna, nell’ambito del progetto “Strategia integrata di comunicazione ed educazione ambientale per la diffusione dei principi della gestione integrata delle aree costiere – Linee guida per la gestione integrata delle spiagge” finanziato con fondi P.O.R. FESR Sardegna 2007-2013.

La Maddalena: il nuovo regolamento
Un regolamento recente ha autorizzato le imbarcazioni turistiche a scaricare i passeggeri e poi allontanarsi per attendere in rada il turno di recupero, in modo da dare maggiori possibilità di approdo ad altre imbarcazioni. Questo ha generato un continuo andirivieni che ha ulteriormente peggiorato le condizioni dei fondali e aumentato l’inquinamento acustico e atmosferico. A ciò si sommano i taxi boat – spesso abusivi – e l’assenza totale di servizi igienici: le spiagge, i sentieri e il mare stesso sono diventati in molti casi vere e proprie fogne a cielo aperto.
Le stime parlano chiaro: secondo la Conservatoria delle Coste, ogni bagnante rimuove fino a 100 grammi di sabbia. Riferendosi a Cala Santa Maria ad esempio, con 2500 presenze giornaliere si perdono circa 30 tonnellate di sabbia ogni estate. Altre amministrazioni della Sardegna sulla base di questi allarmanti evidenze hanno già introdotto divieti all’uso degli asciugamani e contingentamenti rigidi, ma nulla di simile è stato fatto per le Isole minori. Le regole del Parco, laddove esistono, vengono ignorate sistematicamente: ormeggi notturni abusivi, campeggio abusivo, rifiuti ovunque, divieti di fumo e diffusori acustici ignorati, mancanza di presidi antincendio, nessun controllo o sorveglianza.
Nel giro di 10-15 anni non rimarrà nulla di questa bellezza
Il Parco di La Maddalena è oggi privo di una presidenza stabile. L’ultima commissaria, Rosanna Giudice, prima di concludere il suo mandato, ha denunciato pubblicamente lo stato di emergenza, dichiarando che senza interventi decisi nel giro di 10-15 anni «non rimarrà nulla di questa bellezza». Ha chiesto un limite alle concessioni e un piano di contingentamento serio. Ma, ancora una volta, la politica ha risposto con il silenzio. Il 22 maggio 2025, l’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena ha ufficializzato un nuovo regolamento a suo dire volto a tutelare l’ecosistema dell’arcipelago, in risposta al crescente impatto del turismo.
Principali novità del provvedimento? Divieto di consumare cibo sulle spiagge – questa misura mira a ridurre l’abbandono di rifiuti e a contenere la presenza di cinghiali, sempre più numerosi e problematici nella zona –, obbligo di utilizzare teli mare – per proteggere le dune e prevenire l’erosione, è richiesto l’uso di teli da mare per chi si sdraia sulla sabbia –, divieto di alimentare la fauna selvatica – è vietato dare da mangiare agli animali selvatici, con sanzioni previste per i trasgressori – e controlli intensificati – sono previsti controlli più rigorosi, anche con l’ausilio di droni e guardie ambientali, per garantire il rispetto delle nuove regole.

“Fumo negli occhi”
Premesso che non vi è alcun cenno a provvedimenti mirati a ridurre l’impatto antropico, il provvedimento merita alcuni commenti: giusto il divieto di dare cibo ad animali, ma sino a che non c’è stato l’episodio dei cinghiali nessuno cercava di impedire che da centinaia di barche in estate venisse dato da mangiare a pesci e uccelli; vedremo se adesso verrà fatto rispettare il divieto o è solo una trovata per evitare altri pasticci con i turisti – si ricordi l’episodio del bambino morso dal cinghiale in spiaggia l’estate scorsa.
L’obbligo di uso di teli mare è paradossale e in altre località i teli sono stati addirittura vietati in quanto i principali responsabili della deplezione di sabbia dalle spiagge, mentre avrebbero dovuto essere imposte le stuoie. In merito al rigore dei controlli: sarà da vedere, visto che per anni è stato detto che ci sarebbe stato un giro di vite che non è mai accaduto. Insomma, l’impressione è che si tratti di un provvedimento che serve a buttare un po’ di fumo negli occhi, ma che di fatto non pone alcun tipo di regole atte regimentare e ridurre l’impatto ambientale sull’arcipelago di La Maddalena.
Ci chiediamo allora: perché sacrificare un bene che appartiene all’umanità intera per difendere economie locali prive di visione a lungo termine? Perché non adottare le stesse strategie virtuose già in atto in altre aree protette, italiane e internazionali? Perché non intervenire subito con un piano di contingentamento, campi boe ecologici, accessi controllati, guide autorizzate e una sorveglianza attiva e quotidiana? Perchè il Ministero dell’ambiente continua a fare il gioco delle politiche locali e non interviene a nominare un presidente stabile che dia al Parco la possibilità di lavorare seriamente? Certamente gli interessi economici e politici in ballo sono enormi, ma ciò che sta accadendo, come molti hanno urlato ai quattro venti, è un processo irreversibile e presto non rimarrà nulla.
La redazione resta disponibile a raccogliere risposte, precisazioni o proposte concrete da parte di enti, istituzioni, cittadini e cittadine, affinché questa denuncia possa diventare l’inizio di un confronto costruttivo e di un cambiamento reale. In Sardegna segnaliamo inoltre il prezioso lavoro di monitoraggio ambientale svolto da associazioni come il Gruppo di Intervento Giuridico e Italia Nostra Sardegna, che consigliamo di seguire per approfondimenti e aggiornamenti.
Commenta l'articolo
Per commentare gli articoli registrati a Italia che Cambia oppure accedi
RegistratiSei già registrato?
Accedi