7 Luglio 2025 | Tempo lettura: 6 minuti

Camminare a piedi nudi nella natura fa bene. Ecco perché

Camminare a piedi nudi in natura può aiutare a riscoprire il nostro contatto con l’ambiente e con il selvatico dentro e fuori di noi in modo leggero e consapevole.

Autore: Chiara Grasso
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camminare a piedi nudi

In un mondo iperprotetto, iperconnesso e spesso scollegato dal corpo e dal paesaggio, togliersi le scarpe in un prato, su un sentiero di bosco o lungo una riva, è un atto di ribellione dolce, una dichiarazione d’intenti: voglio sentire, voglio tornare a essere parte della natura facendo attenzione, facendo silenzio, andando piano. Ecco perché in ogni mia escursione e ogni mia passeggiata educativa, che sia con adulti o che sia con piccole persone, io invito a togliersi le scarpe e camminare a piedi nudi.

Incredibilmente e improvvisamente, la bocca si chiude e gli occhi si aprono. Si accendono i sensi e la paura di pestare qualcosa che non si conosce attiva l’olfatto e l’udito e questo ci riconnette all’animalità perduta, quella che fa da ponte per tornare a rispettare gli altri animali. Togliere le scarpe significa rinunciare alle barriere che ci isolano dall’ambiente e ci invita a percepire il mondo come lo percepiscono gli altri animali, attraverso i sensi, il contatto, la vulnerabilità.

È un’esperienza che risveglia empatia e consapevolezza: sentire la terra sotto i piedi ci fa riflettere su quanto sia prezioso e delicato ogni suolo, ogni prato, ogni habitat e su quanto sia importante camminare nel mondo con rispetto e leggerezza, come fanno gli altri esseri viventi. Dal punto di vista etologico e psicologico infatti “abbassarsi” al suolo, esporsi, diventare vulnerabili, ci mette in una condizione di umiltà: non siamo più “sopra” la natura, ma parte di essa. E proprio questa vulnerabilità diventa il terreno fertile per uno sguardo nuovo, meno antropocentrico e più relazionale.

camminare a piedi nudi

I benefici di camminare a piedi nudi

Nel nostro quotidiano urbano, i piedi sono spesso costretti in scarpe rigide, chiusi, anestetizzati. Eppure sono un portale sensoriale potentissimo: ospitano oltre 200.000 terminazioni nervose e dialogano costantemente con il cervello, regolando postura, equilibrio e percezione dell’ambiente. Togliersi le scarpe nella natura significa riattivare questo dialogo perduto: la freschezza dell’erba, il calore del legno, il pizzicore delle foglie secche, l’umidità del muschio, la durezza dei sassi… ogni superficie racconta qualcosa e invita all’ascolto.

Numerosi studi hanno confermato che camminare a piedi scalzi – in inglese barefooting – può avere benefici tanto fisici quanto psicologici. Secondo la letteratura scientifica, questa pratica migliora la postura, l’equilibrio e la propriocezione, rafforza la muscolatura del piede e stimola la circolazione, coinvolgendo muscoli spesso inattivi con l’uso prolungato delle calzature (Lieberman et al., Nature, 2010; Robbins & Hanna, Journal of Sports Medicine and Physical Fitness, 1987). I medici dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù sottolineano l’importanza del camminare scalzi nei bambini per lo sviluppo neuromotorio, l’equilibrio e la formazione della volta plantare.

Camminare scalzi in natura può inizialmente generare disagio o paura: timore di farsi male, sporcarsi o incontrare insetti. Ma è proprio questo contatto con le nostre paure che attiva un processo trasformativo. Quando ci rendiamo conto di poter camminare su un terreno irregolare senza farci male, di poterci sporcare o bagnare senza conseguenze, stiamo agendo una piccola rivoluzione interiore. Stiamo mettendo in discussione i nostri limiti autoimposti, imparando a fidarci del nostro corpo e a riscoprire una forma di libertà.

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Inoltre molte ricerche confermano che il contatto diretto con il suolo, noto come earthing o grounding, può produrre effetti fisiologici significativi: riduzione dello stress, miglioramento del sonno, modulazione del sistema nervoso autonomo e riduzione dei marker infiammatori (Chevalier et al., Journal of Environmental and Public Health, 2012; Ghaly & Teplitz, 2004). Al di là dei dati però l’esperienza di camminare a piedi nudi ci riporta al corpo e, attraverso il corpo, alla natura – ristabilendo un legame essenziale spesso dimenticato nella vita moderna.

Come sottolinea Richard Louv, autore del celebre Last Child in the Woods, il contatto diretto con la natura non è un lusso, ma un bisogno fisiologico e psicologico. Louv parla di deficit di natura per descrivere le conseguenze della crescente disconnessione dai mondi naturali nei bambini e non solo: aumento di ansia, obesità, deficit di attenzione e una ridotta empatia verso altri esseri viventi.

Ritrovare il contatto con il selvatico

In questo contesto, camminare a piedi nudi diventa un gesto simbolico e pratico: è un modo per ristabilire un contatto autentico e sensoriale con l’ambiente, per abbattere la barriera artificiale tra noi e la terra. Louv evidenzia come le esperienze tattili, dirette, fisiche nella natura contribuiscano a sviluppare cura, rispetto e connessione emotiva, fondamentali per formare cittadini più sensibili alla crisi ecologica.

C’è una teoria secondo la quale camminare con le scarpe è come obbligarci a vivere tutta la vita con i guanti alle mani e i tappi alle orecchie: chi lo farebbe? Ecco che allora toglierci le scarpe ci permette di relazionarci in modo più autentico con il nostro corpo, scoprendone forze e debolezze e allo stesso tempo, rapportandoci alla natura senza supremazia e in totale connessione. Non si protegge ciò che non si conosce e non si rispetta ciò che non si sente. Camminare a piedi nudi è un allenamento alla sensibilità, all’attenzione. Insegna a osservare dove si mettono i piedi, a procedere con rispetto, a essere presenti.

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Questa stessa attitudine può e dovrebbe estendersi al nostro rapporto con la fauna selvatica. Troppo spesso infatti anche l’avvistamento degli animali diventa una forma di consumo visivo: il selfie con il cervo, la foto ravvicinata al gufo, il rospo toccato per “far vedere ai bambini”. Ma la natura non è un parco giochi: è casa di altri esseri viventi, con diritti e sensibilità proprie.

Per fortuna esiste un modo etico e non invasivo per osservare la fauna selvatica ed è oggi supportato da strumenti digitali straordinari. App come iNaturalist permettono di fotografare piante e animali, caricando le osservazioni in un database scientifico collaborativo, utile alla ricerca e alla conservazione. O Merlin Bird ID, che consente di identificare gli uccelli attraverso il canto o una semplice fotografia, aiutando anche chi è alle prime armi a riconoscere la straordinaria varietà dell’avifauna. Entrambe queste app insegnano a osservare senza toccare, a identificare senza interferire, a conoscere senza possedere. È un’educazione silenziosa ma potentissima: quella dell’etica ecologica.

Camminare a piedi nudi può essere il primo passo, anche in senso letterale, verso una nuova relazione con il mondo selvatico, che insieme alla tecnologia ci permetta di fare escursioni immersive senza bisogno di interagire con gli animali selvatici, raccogliere fiori o andare fuori sentiero. Sono gesti piccoli ma carichi di significato e profondamente educativi, soprattutto per i bambini: li aiutano a sviluppare equilibrio, consapevolezza, rispetto. E insegnano che non serve conquistare la natura, ma saperci stare dentro.

Informazioni chiave

Ritornare animali

Camminare a piedi nudi e rinunciare alle barriere che ci isolano dall’ambiente ci aiuta a percepire il mondo come lo percepiscono gli altri animali, attraverso i sensi.

Liberare i piedi è importante

I nostri piedi sono un portale sensoriale potentissimo: ospitano oltre 200.000 terminazioni nervose e dialogano costantemente con il cervello.

I benefici del barefooting

Numerosi studi hanno confermato che camminare a piedi scalzi – in inglese barefooting – può avere benefici tanto fisici quanto psicologici.

Un gesto dalla duplice valenza

Camminare a piedi nudi diventa un gesto simbolico e pratico: è un modo per ristabilire un contatto autentico e sensoriale con l’ambiente.