Settimana corta lavorativa: e se diventasse realtà anche in Sardegna?
In questo articolo Alessandro Manno affronta il tema della settimana corta, un’organizzazione del lavoro fattibile e già testata anche nell’Isola.
Di settimana corta si parla ciclicamente ormai da un paio di anni, sia nel settore pubblico che in quello privato. Quando parliamo di questo tipo di organizzazione del lavoro, si intende una settimana lavorativa che non viene più strutturata nei canonici cinque giorni di lavoro, bensì quattro a parità di contribuzione. Un progetto che varie aziende in Europa e in Italia hanno provato a sperimentare, ottenendo risultati interessanti che potrebbero portare questo modello ad essere applicato in modo più esteso nei prossimi anni. Ma da dove nasce questa esigenza?
Cultura, società ma soprattutto tecnologia
I motivi sono svariati e si potrebbero riassumere in un mix di mutamenti socio-culturali e tecnologici. La settimana lavorativa di 40 ore infatti è una prospettiva di lavoro che nel corso degli ultimi 70 anni – perlomeno in Italia – si è radicata sempre di più a fronte anche di cambiamenti importanti dal punto di vista tecnologico che hanno accorciato notevolmente i tempi di lavoro. Basti pensare all’uso ormai obbligato del computer ovunque, delle stampanti digitali in ogni ufficio pubblico, delle PEC che hanno sostituito in tanti casi le raccomandate. Insomma, tutte innovazioni che ci può sembrare quasi ridicolo elencare ma che sono state degli acceleratori importanti di numerosi processi lavorativi.

Ma oltre questo aspetto ci sono anche dei mutamenti culturali e sociali significativi alcuni dei quali però hanno reso questo modello meno sostenibile. C’è stato l’aumento del lavoro femminile ad esempio, che ha cambiato una società nella quale a loro veniva appaltata l’intera gestione della cura di casa e figli. Un compito esclusivo imposto alle donne da vecchi ruoli sociali che anche col loro ingresso sempre maggiore nel mondo del lavoro ha portato a una maggiore consapevolezza sul sovraccarico domestico. Ma poi è arrivata anche la domanda: ho un po’ di tempo per me?
Tempo libero e organizzazione
Un aspetto, quello del tempo libero, che ovviamente non riguarda soltanto le famiglie ma anche singole persone, che in questi anni hanno maturato sempre di più l’esigenza di ritagliarsi del tempo per loro stesse, per il riposo, per la cura della persona e delle relazioni. Una coscienza che fino a neanche vent’anni fa era quasi totalmente assente.
Come riportato anche da SkyTg24, in Italia infatti le ore di lavoro settimanali mediamente sono di 47 ore per gli autonomi e di 36,6 per i dipendenti, weekend compresi. Questo lascia poco spazio a un sacco di commissioni, impegni e restrizioni del tempo libero rispetto a un intero giorno all’interno della settimana da poter dedicare a queste attività. Ma quindi parliamo solo di “aria fritta” o ci sono davvero dei casi concreti? La settimana corta è davvero un modello attuabile?
L’Isola ha avuto un esperimento recente di settimana corta in una falegnameria di Guasila
A dire il vero, c‘è una serie di esperimenti e di pratiche ormai consolidate in varie aziende che, partendo dall’esperienza dell’estero dove questo modello è molto più usato, hanno provato a ridurre l’orario settimanale. Ad esempio, nel 2023 Intesa San Paolo ha proposto ai dipendenti in modo volontario un modello a settimana corta che, secondo quanto riportato da La Stampa nel 2024, è stato utilizzato dal 46% di chi ne aveva fatto richiesta tra il personale che ne poteva usufruire. Ma poi anche aziende del gruppo EssilorLuxottica e Lamborghini, hanno provato a sperimentare la settimana corta.
E la settimana corta in Sardegna?
L’Isola ha avuto un esperimento recente – raccontato da Saverino Sirigu sull’Unione Sarda – in una falegnameria di Guasila, paese della Trexenta, dove durante la stagione estiva si è sperimentato l’utilizzo della settimana corta. Il titolare, Marcello Cara, ha infatti deciso nel periodo estivo di proporre ai suoi due dipendenti di concentrare in modo più strutturato il lavoro in modo da avere un giorno di riposo in più nel corso della settimana. Un’esperimento che ha dato risultati positivi e concreti durante il periodo estivo e che viene utilizzato anche da grandi aziende come la Lavazza, che prevedono un periodo di settimana corta da maggio a settembre.
Modello di settimana corta che invece è stato applicato da un’altra azienda del gruppo Prossima isola, di cui fa parte anche la società algherese Mentefredda, che si occupa di servizi digitali e marketing per il turismo, come raccontato da Serena Lullia su La Nuova Sardegna. Una prova che ha dato ottimi risultati sul benessere di dipendenti e sulla qualità del lavoro condotto a riprova del fatto che non è vero che “lavorando di meno” si arriva a un risultato di minor qualità o addirittura a minor lavoro compiuto.

Cosa manca? Probabilmente la politica
Una modello che dunque sta superando numerose ritrosie soprattutto da parte dei datori di lavoro, ma che sino ad ora viene snobbato dalla politica. Quello che manca infatti è un quadro normativo chiaro che regoli la settimana corta e dia alle imprese e ai dipendenti dei confini chiari. Attualmente esiste una proposta di legge in Parlamento, presentata da Partito Democratico, Alleanza Verdi-Sinistra e Movimento 5 Stelle, che però è ferma in Commissione Lavoro alla Camera.
Nell’Isola, la proposta di una legge regionale in materia era stata avanzata dalla CGIL nella persona del segretario Fausto Durante e rivolta alla presidente di Regione Alessandra Todde, che però non ha visto una risposta dal punto di vista legislativo né di inserimento nel dibattito politico. Eppure gli esperimenti ci sono, anche organizzazioni strutturali sono presenti e i benefici da quanto emerge anche in altri Paesi europei e nelle aziende che hanno scelto di applicarla sono evidenti. A quando allora un prova definitiva che si adatti a un mondo del lavoro che richiede sempre di più flessibilità e bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa?










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